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Papa Francesco: la pastorale familiare è fatta di volti, incarnare il Vangelo

Papa Francesco ha aperto il convegno della diocesi di Roma dedicato all'Amoris Laetitia. L'invito a non chiudere e ghettizzare la famiglia: sognare insieme davanti al Signore

Papa Francesco: la pastorale familiare è fatta di volti, incarnare il Vangelo

Verso le famiglie serve “un clima di rispetto capace di aiutarci ad ascoltare quello che Dio ci sta dicendo all’interno delle nostre situazioni”: “non un rispetto diplomatico o politicamente corretto, ma un rispetto carico di preoccupazioni e domande oneste che miravano alla cura delle vite che siamo chiamati a pascere”. Lo ha detto il Papa, aprendo questa sera nella basilica di S. Giovanni in Laterano il Convegno della diocesi di Roma, in corso oggi e domani sul tema: “La letizia dell’amore: il cammino delle famiglie a Roma”. Al centro dei lavori dell’assise della sua diocesi, l’esortazione apostolica post sinodale “Amoris Laetitia”, che ha concluso il cammino biennale del Sinodo sulla famiglia. E proprio dall’esperienza del Sinodo Francesco è partito, per recuperarne “alcune idee/tensioni-chiave” che “ci possono aiutare a comprendere meglio lo spirito che si riflette nell’esortazione”. Tre le immagini bibliche che hanno scandito il discorso del Papa, che citando – come prima immagine – l’invito a Mosé davanti al roveto ardente ha fatto notare come “il terreno da attraversare, i temi da affrontare nel Sinodo, avevano bisogno di un determinato atteggiamento”. “Non si trattava di analizzare un argomento qualsiasi; non stavamo di fronte a una situazione qualsiasi”, ha puntualizzato: “Avevamo davanti i volti concreti di tante famiglie. Ho saputo che, in alcuni gruppi, prima di iniziare i lavori, i padri sinodali hanno condiviso la propria realtà familiare”. “Come aiuta dare volto ai temi!”, ha esclamato Francesco: “Come aiuta accorgersi che dietro la carta c’è molto!”, ha aggiunto a braccio. “Ci libera – ha proseguito – dall’affrettarci per ottenere conclusioni ben formulate ma molte volte carenti di vita; ci libera dal parlare in astratto, per poterci avvicinare e impegnarci con persone concrete. Ci protegge dall’ideologizzare la fede mediante sistemi ben architettati ma che ignorano la grazia”. “Tante volte diventiamo pelagiani!”, ha esclamato a braccio. “E questo – ha spiegato –  si può fare soltanto in un clima di fede. È la fede che ci spinge a non stancarci di cercare la presenza di Dio nei cambiamenti della storia”. Prima di leggere il suo discorso, il Papa  ha scherzato a braccio: “Cinque navate piene! Si vede che c’è voglia di lavorare”.

“Uscire dalle dichiarazioni di principio per addentrarci nel cuore palpitante dei quartieri romani e, come artigiani, metterci a plasmare in questa realtà il sogno di Dio, cosa che possono fare solo le persone di fede, quelle che non chiudono il passaggio all’azione dello Spirito, e che si sporcano le mani”. Questa, in sintesi, la ricetta del Papa per la sua diocesi, riunita questa sera nella basilica di San Giovanni in Laterano per l’appuntamento pastorale annuale. “Riflettere sulla vita delle nostre famiglie, così come sono e così come si trovano, ci chiede di toglierci le scarpe per scoprire la presenza di Dio”, ha ammonito Francesco sulla scorta dell’Esodo: “ognuno di noi ha avuto un’esperienza di famiglia. In alcuni casi sgorga il rendimento di grazie con maggior facilità che in altri, ma tutti abbiamo vissuto questa esperienza”. Questo, per il Papa, “ci ricorda che le nostre famiglie, le famiglie nelle nostre parrocchie con i loro volti, le loro storie, con tutte le loro complicazioni non sono un problema, sono una opportunità che Dio ci mette davanti” e che “ci sfida a suscitare una creatività missionaria capace di abbracciare tutte le situazioni concrete, nel nostro caso, delle famiglie romane”. “Non solo di quelle che vengono o si trovano nelle parrocchie, ma poter arrivare alle famiglie dei nostri quartieri, quelle che non vengono”, l’invito di Francesco, secondo il quale “questo incontro ci sfida a non dare niente e nessuno per perduto, ma a cercare, a rinnovare la speranza di sapere che Dio continua ad agire all’interno delle nostre famiglie. Ci sfida a non abbandonare nessuno perché non è all’altezza di quanto si chiede da lui”. Ci impone, infine, di “uscire dalle dichiarazioni di principio per addentrarci nel cuore palpitante dei quartieri romani”.

“Una delle tentazioni alla quale siamo continuamente esposti è avere una logica separatista, per difenderci” - il grido d’allarme del Papa. “Crediamo di guadagnare in identità e in sicurezza ogni volta che ci differenziamo o ci isoliamo dagli altri, specialmente da quelli che stanno vivendo in una situazione diversa”, l’atteggiamento stigmatizzato dal Papa. “L’identità non si fa nella separazione, si fa nell’appartenenza”, ha aggiunto a braccio, esortando la sua diocesi a “fare un passo importante” e “necessario”: “Non possiamo analizzare, riflettere e ancor meno pregare sulla realtà come se noi fossimo su sponde o sentieri diversi, come se fossimo fuori dalla storia”, ha puntualizzato. “Tutti abbiamo bisogno di convertirci, tutti abbiamo bisogno di porci davanti al Signore e rinnovare ogni volta l’alleanza con Lui e dire insieme al pubblicano: Dio mio, abbi pietà di me che sono un peccatore!”, ha esclamato.

“Guardare le nostre famiglie con la delicatezza con cui le guarda Dio ci aiuta a porre le nostre coscienze nella sua stessa direzione”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso pronunciato questa sera nella basilica di S. Giovanni in Laterano, per l’apertura del convegno diocesano, ha spiegato come “l’accento posto sulla misericordia ci mette di fronte alla realtà in modo realistico, non però con un realismo qualsiasi, ma con il realismo di Dio”. “Le nostre analisi sono importanti e necessarie e ci aiuteranno ad avere un sano realismo”, ha precisato: “Ma nulla è paragonabile al realismo evangelico, che non si ferma alla descrizione delle situazioni, delle problematiche – meno ancora del peccato – ma che va sempre oltre e riesce a vedere dietro ogni volto, ogni storia, ogni situazione, un’opportunità, una possibilità”. “Il realismo evangelico – ha proseguito Francesco entrando nel dettaglio – si impegna con l’altro, con gli altri e non fa degli ideali e del ‘dover essere’ un ostacolo per incontrarsi con gli altri nelle situazioni in cui si trovano”. “Non si tratta di non proporre l’ideale evangelico, al contrario, ci invita a viverlo all’interno della storia, con tutto ciò che comporta”, l’ammonimento: “Questo non significa non essere chiari nella dottrina, ma evitare di cadere in giudizi e atteggiamenti che non assumono la complessità della vita”. Per Francesco, “il realismo evangelico si sporca le mani perché sa che grano e zizzania crescono assieme, e il miglior grano – in questa vita – sarà sempre mescolato con un po’ di zizzania”. “Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione”, ha detto il Papa citando l’Amoris Laetitia: “ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada. Una Chiesa capace di assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti”. E’ il Vangelo stesso, infatti, che “ci richiede di non giudicare e di non condannare”.

“La vita di ogni persona, la vita di ogni famiglia dev’essere trattata con molto rispetto e molta cura. Specialmente quando riflettiamo su queste cose; guardiamoci dal mettere in campo una pastorale di ghetti e per dei ghetti; diamo spazio agli anziani perché tornino a sognare”. Con queste parole il Papa ha riassunto il suo discorso al Convegno della diocesi di Roma. Le tre immagini bibliche attorno a cui si sono articolate le sue parole ci ricordano che “la fede non ci toglie dal mondo, ma ci inserisce più profondamente in esso”, come si legge nell’Amoris Laetitia. “Non come quei perfetti e immacolati che credono di sapere tutto, ma come persone che hanno conosciuto l’amore che Dio ha per noi”, ha spiegato il Papa facendo eco al Vangelo di Giovanni. “E in tale fiducia, con tale certezza, con molta umiltà e rispetto, vogliamo avvicinarci a tutti i nostri fratelli per vivere la gioia dell’amore nella famiglia”, ha assicurato. “Con tale fiducia – ha proseguito citando ancora una volta l’esortazione apostolica post-sinodale – rinunciamo ai recinti che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza”. “Questo ci impone di sviluppare una pastorale familiare capace di accogliere, accompagnare, discernere e integrare”, la consegna finale alla sua diocesi, all’insegna dei quattro verbi che scandiscono l’Amoris Laetitia: “ Una pastorale che permetta e renda possibile l’impalcatura adatta perché la vita a noi affidata trovi il sostegno di cui ha bisogno per svilupparsi secondo il sogno di Dio”.

Fonte: Sir
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