Francesco ai giornalisti: "oggi si scartano le persone"
I gesti mi hanno commosso. Erano gesti sentiti e gesti dal cuore, la fede, l’amore, la famiglia, le illusioni, il futuro
Proponiamo una sintesi del dialogo - conversazione del Santo Padre con i giornalisti durante il viaggio di ritorno da Manila.
Kara David, componente dal gruppo filippino chiede al Santo Padre se c'è qualcosa in particolare che ha appreso dall’ incontro il popolo Filippino.
Risponde: I gesti! I gesti mi hanno commosso. Erano gesti sentiti e gesti dal cuore, la fede, l’amore, la famiglia, le illusioni, il futuro. Quel gesto dei papà, quando alzavano i bambini, perché il Papa li benedicesse, è un gesto originale, ma nato dal cuore. Il secondo gesto che mi ha colpito tanto è un entusiasmo non finto, la gioia, l’allegria, capaci di fare festa anche sotto l’acqua. Altro gesto, le mamme che portavano i figli ammalati, tanti bambini disabili, con disabilità che fanno un po’ impressione. Non nascondevano il bambino, lo portavano dal Papa perché lo benedicesse. Un popolo che sa soffrire, e che è capace di alzarsi e andare avanti. Ieri, nel colloquio che ho avuto con il papà di Crystal, la ragazza volontaria che è morta a Tacloban, cercava parole per conformarsi, per accettare questo. Un popolo che sa soffrire, è questo che ho visto.
La seconda domanda, dal gruppo francese: dalla Repubblica Centrafricana, alla Nigeria, all’Uganda, molti fedeli che soffrono della povertà, della guerra, del fondamentalismo islamico sperano la sua visita quest’anno. Allora volevo chiedere quando e dove pensa di andarci? Il Papa Francesco dice che pensa di andare in queste terre durante quest’anno. È un po’ in ritardo questo viaggio perché c’è stato il problema dell’Ebola. È una responsabilità grande, fare grandi riunioni per il contagio, no? Ma in questi Paesi c’è il problema. Questi due paesi sono in ipotesi per quest’anno.
Terza domanda, Salvatore Izzo dell’Agi, Agenzia Italiana di Informazione, per il gruppo italiano: Santo Padre, a Manila eravamo in un albergo molto bello, tutti erano molto gentili e si mangiava molto bene. Però, appena si usciva da questo albergo si veniva aggrediti moralmente dalla povertà. Perché é è tanto difficile seguire quell’esempio anche per i Cardinali? L’altra cosa che volevo chiederle invece riguarda lo Sri Lanka. Lì abbiamo visto tutte queste favelas andando verso l’aeroporto. Sono delle baracche appoggiate agli alberi e vivono praticamente sotto gli alberi. La maggioranza sono Tamil e sono discriminati. Lei, dopo la strage di Parigi, il giorno dopo, forse a caldo, ha detto “C’è un terrorismo isolato e un terrorismo di Stato”. Ma cosa voleva dire con quel “terrorismo di Stato”? Il Papa Francesco risponde, quando una di voi mi domandato qual era il messaggio che io portavo nelle Filippine, io ho detto: i poveri. E’ il messaggio che la Chiesa oggi dà. Anche quello che lei dice dello Sri Lanka, i Tamil, la discriminazione, no? I poveri, le vittime di questa cultura dello scarto. Questo è vero. Oggi non si scarta la carta, quello che avanza, soltanto. Si scartano le persone. E la discriminazione è una maniera di scarto, no? Si scarta questa gente. E come mi viene un po’ in mente l’immagine delle caste, no? Questo non può andare. E anche, oggi sembra normale lo scarto. E lei parlava dell’albergo lussuoso e poi la baracca. Ma, nella mia diocesi di Buenos Aires c’era tutta la zona nuova che si chiama Puerto Madero, fino alla stazione ferroviaria, e poi incomincia la “Villa Miseria”, i poveri, uno dietro l’altro. Da questa parte ci sono 36 ristoranti di lusso, che se tu vai a mangiare lì ti tagliano la testa; di qua c’è la fame. A noi consacrati, vescovi, preti, suore, laici che credono davvero, il peccato più grave, la minaccia più grave è la mondanità. Quello scandalo che lei ha detto è vero, sì, tante volte noi scandalizziamo i cristiani, scandalizziamo: siamo preti o laici, no? Ma lei mi ha fatto pensare con quello del terrorismo dello Stato. Non so cosa dirle, davvero. Ma non sono carezze quelle, è come dire: no, tu no, tu fuori.
Quarta domanda, Jan-Christoph Kitzler della Ard, la radio tedesca. Durante l’incontro con le famiglia ha parlato della “colonizzazione ideologica”. Ci potrebbe spiegare un po’ meglio il concetto?
Papa Francesco: La colonizzazione ideologica: dirò soltanto un esempio, che ho visto io. Venti anni fa, nel 1995, una Ministro dell’Istruzione Pubblica aveva chiesto un prestito forte per fare la costruzione di scuole per i poveri. Le hanno dato il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro per i bambini di un certo livello. Questa donna aveva bisogno dei soldi del prestito, ma quella era la condizione. Furba, ha detto di sì e ha fatto fare un altro libro e ha dato i due libri e così è riuscita. Questa è la colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che niente ha da fare col popolo; sì, con gruppi del popolo, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura. Perché dico “colonizzazione ideologica”? Perché prendono, prendono proprio il bisogno di un popolo o l’opportunità di entrare e farsi forti, per mezzo dei bambini. Ma non è una novità questa. Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. I popoli non devono perdere la libertà. Il popolo ha la sua cultura, la sua storia; ogni popolo ha la sua cultura.
Quinta domanda, Valentina Alazraki per il gruppo spagnolo: Santità, nel viaggio, quando andavamo verso lo Sri Lanka, lei ha avuto quell’immagine e anche quel gesto verso il nostro povero Gasbarri, che nel caso avesse insultato sua mamma si sarebbe meritato un pugno. Questa frase ha creato un pochino di confusione e non è stata capita bene da tutti, nel mondo, perché era come se dicesse che forse giustificava un pochino, davanti a una provocazione, una reazione violenta. Ci potrebbe spiegare un pochino meglio quello che voleva dire?
Papa Francesco: In teoria, possiamo dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una provocazione, in teoria sì, non è una cosa buona, non si deve fare. Possiamo dire quello che il Vangelo dice, che dobbiamo dare l’altra guancia. Io non posso insultare, provocare una persona continuamente, perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta. Per questo dico che la libertà di espressione deve tenere conto della realtà umana e perciò deve essere prudente. Prudente: la prudenza è la virtù umana che regola i nostri rapporti. Ma nella pratica fermiamoci un po’, perché siamo umani e rischiamo di provocare gli altri e per questo la libertà deve essere accompagnata dalla prudenza.
Sesta domanda, Nicole Winfield dell’Associated Press degli Stati Uniti per il gruppo inglese: Santo Padre ci ha detto già che era previsto il viaggio in America, con la canonizzazione di Serra ci domandiamo se forse era prevista anche una tappa in California oppure alle frontiere del Messico. E poi in Sudamerica lei ha detto alla nostra collega Elisabetta (Piqué) che erano previsti tre viaggi o un viaggio in tre Paesi del Sudamerica. Quali sono?
Papa Francesco: Sì, le tre città sono quelle: Philadelphia, per l’Incontro delle Famiglie, New York che ho la data già, ma non la ricordo e Washington. Andare in California mi piacerebbe, per fare la canonizzazione di Junipero Serra, ma c’è il problema del tempo. Entrare negli Stati Uniti dalla frontiera del Messico: sarebbe una cosa bella, come segno di fratellanza e aiuto per gli emigranti.
Settima domanda, Carla Lim per il gruppo filippino: Cosa può fare la vostra Santità per combattere la corruzione , non solo nel governo, ma forse in Chiesa?
Papa Francesco: Forte questa, eh? La corruzione oggi nel mondo è all’ordine del giorno e l’atteggiamento corrotto trova subito facilmente nido nelle istituzioni. La corruzione è togliere al popolo. E’ un problema mondiale, la corruzione. E adesso, la corruzione nelle istituzioni ecclesiali. Quando io parlo di Chiesa a me piace parlare dei fedeli, dei battezzati, tutta la Chiesa, no? E li è meglio parlare di peccatori. Tutti siamo peccatori, no? Ma quando parliamo di corruzione, parliamo o di persone corrotte o di istituzioni della Chiesa che cadono nella corruzione, e ci sono casi, si, ci sono. La corruzione è facile farla. Ma ricordiamo questo: peccatori si, corrotti no! Corrotti mai! Dobbiamo chiedere perdono per quei cattolici, quei cristiani, che scandalizzano con la loro corruzione. È una piaga nella Chiesa; ma ci sono tanti santi, e santi peccatori, ma non corrotti. Guardiamo all’altra parte, anche, nella Chiesa santa.
Ottava domanda, Anaïs Feuga di “Radio France” per il gruppo francese: stiamo sorvolando la Cina. Andando in Corea lei ci ha detto che era pronto ad andare in Cina già da domani. Alla luce di queste dichiarazioni, ci può spiegare perché non ha ricevuto il Dalai Lama che era a Roma poco tempo fa, e a che punto stanno andando le relazioni con la Cina?
Papa Francesco: Grazie perché è abitudine per il Protocollo della Segreteria di Stato di non ricevere capi di Stato o gente di quel livello quando sono in una riunione internazionale qui a Roma. Per esempio, per la Fao non ho ricevuto nessuno, è per questo che non è stato ricevuto. Sì, noi siamo aperti e vogliamo la pace con tutti. E come vanno i rapporti? Mah, il Governo Cinese è educato. Anche noi siamo educati e facciamo le cose passo passo, come si fanno le cose nella Storia, no? Ancora non si sa, ma loro sanno che io sono disposto a ricevere o andare.
Nona domanda, Marco Ansaldo della “Repubblica”, per il gruppo italiano: Padre Santo, lei ha fatto un viaggio entusiasmante, molto ricco, pieno di cose qui, nelle Filippine, ma io vorrei fare un passo indietro, anche perché il terrorismo colpisce la cristianità, i cattolici, in molte zone del mondo. Citiamo i casi dell’Isis o anche di “Charlie Hebdo ecco, io non so se lei in questo mese e mezzo ha avuto il modo di riflettere e pensare a come andare oltre il suo invito che non è stato accolto e che pure era importante, questo è un problema che continuerà ad interrogarci.
Papa Francesco: Anche quell’appello l’ho ripetuto il giorno stesso della partenza per lo Sri Lanka, al Corpo Diplomatico, alla mattina. Io credo che bisogna dare un po’ di tempo perché per loro la situazione non è facile. Io ho speranza perché c’è tanta gente buona fra loro, tanta gente buona, tanti leader buoni, che sono sicuro che si arriverà. Ma volevo dire e sottolineare che lo stesso l’ho ripetuto il giorno della partenza.
Decima domanda, Cristoph Schmidt per il gruppo tedesco: Santo Padre, prima di tutto vorrei dire mille grazie per tutti i momenti così impressionanti di questa settimana. È la prima volta che l’accompagno e vorrei dire mille grazie. Lei ha parlato dei tanti bambini nelle Filippine, della sua gioia che ci sono così tanti bambini, ma secondo sondaggi, la maggioranza dei filippini pensa che la crescita enorme della popolazione filippina è una delle ragioni più importanti per la povertà enorme del Paese. La sua posizione cattolica nei riguardi della contraccezione sembra essere una delle poche questioni su cui un grande numero della gente nelle Filippine non stia d’accordo con la Chiesa. Che cosa ne pensa?
Papa Francesco: Io credo il numero di tre figli per famiglia che lei menziona, credo che è quello che dicono i tecnici: che è importante per mantenere la popolazione. Quell’esempio che ho menzionato poco fa, di quella donna che aspettava l’ottavo e ne aveva sette nati col cesareo: ma questa è una irresponsabilità. “No, io confido in Dio”. “Ma guarda, Dio ti da i mezzi, sii responsabile”. Alcuni credono che – scusatemi la parola, eh? – per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no? No. Paternità responsabile. Questo è chiaro e per questo nella Chiesa ci sono i gruppi matrimoniali, ci sono gli esperti in questo, ci sono i pastori, e si cerca. Per la gente più povera un figlio è un tesoro. È vero, si deve essere anche qui prudenti. Ma per loro un figlio è un tesoro. Dio sa come aiutarli. Forse alcuni non sono prudenti in questo, è vero. Paternità responsabile. Ma guardare anche la generosità di quel papà e di quella mamma che vede in ogni figlio un tesoro.
Undicesima domanda, Elisabetta Piqué per il gruppo spagnolo: È stato un viaggio commovente per tutti, abbiamo visto piangere tutto il tempo a Tacloban, noi stessi giornalisti abbiamo pianto, lei ieri ha detto che il mondo ha bisogno di piangere. Volevamo chiedere qual è stato per lei il momento più forte? Poi, la seconda: ieri lei ha fatto Storia, ha superato il record di Giovanni Paolo II nello stesso posto: c’erano 6/7 milioni di persone. Come vive questo?
Papa Francesco: La prima: il momento più forte, quello di Tacloban, la Messa, per me è stato forte, molto forte: vedere tutto il popolo di Dio fermo là, pregando, dopo questa catastrofe, pensare ai miei peccati e a quella gente. Nel momento della Messa mi sono sentito come annientato, quasi non mi veniva la voce. Non so cosa mi è successo, forse sia l’emozione, non so, ma non ho sentito altra cosa. Io ho pensato, ma io che ho tante pretese, che voglio questo, che voglio quello… mi ha fatto bene quello, no? Momenti forti. Quello era il popolo di Dio e il Signore era lì. È la gioia della presenza di Dio che dice a noi: pensate bene che voi siete servitori di questi. Poi l’altra è il pianto. Ma, una delle cose che si perde quando c’è troppo benessere, o i valori non si capiscono bene, o siamo abituati all’ingiustizia, a questa cultura dello scarto, è la capacità di piangere, no?. È una grazia che dobbiamo chiedere. C’è una bella preghiera nel Messale antico, per piangere. Diceva così, più o meno: “O Signore, tu che hai fatto che Mosè col suo bastone facesse uscire acqua dalla roccia, fai che dalla roccia del mio cuore esca l’acqua del pianto”. Bellissima quella preghiera! Noi cristiani dobbiamo chiedere la grazia di piangere, soprattutto i cristiani benestanti, e piangere sulle ingiustizie e piangere sui peccati. Perché il piangere ti apre a capire nuove realtà o nuove dimensioni della realtà. Quando io dico che è importante che le donne siano più tenute in conto nella Chiesa, non è soltanto per darle una funzione di segretaria di un dicastero ma perché loro ci dicano come sentono e guardano la realtà, perché le donne guardano da una ricchezza differente, più grande.
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