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L'Immacolata Concezione dipinta da Luca Giordano

Luca Giordano all’età di 31 compiuti ricevette in Napoli, il 17 novembre 1665, ducati 50 «in conto d’un quadro dell’Immacolata per i Cappuccini di Cosenza».  Il grandioso dipinto dell’Immacolata  (m. 3 x m. 2) è ricco di significato allegorico, ma anche di sentimento religioso, reso familiare e vivo dalla luce dorata dell’arte

L'Immacolata Concezione dipinta da Luca Giordano

Luca Giordano (Napoli 1634-1705), artista di risonanza europea, fu uno degli esponenti più prestigiosi del tardo Barocco. Soprannominato «Luca fa presto», per l’impeto e la rapidità nel dipingere, assimilò lo stile dei grandi come Raffaello o Tiziano, che sapeva così bene imitare da ingannare l’esperto più raffinato. Si formò a Napoli sotto l’influsso dello Spagnoletto. De Dominici, nelle Vite, lo descrive come fecondo pittore «di volto magro e alquanto pallido, con naso eccedente ond’è che un poco cresceva e rialzava la bocca». Oltre i lunghi e operosi soggiorni a Napoli, sono da ricordare i suoi viaggi a Roma, dove divenne aiuto di Pietro da Cortona, a Firenze, a Venezia, a Madrid, sempre onusto di committenze e onori. Vastissima la sua produzione. Le sue prime opere, (1650-1654) quali S. Onofrio (Napoli, San Francesco di Paola) e il Buon Samaritano (Museo di Rouen), riflettono la lezione luministica di Caravaggio. Molte sue opere si conservano nel Museo di capodimonte in Napoli. Tornato nella sua Napoli nel 1703, vi dipinse fino alla morte, riconfermando, come osserva Ortolani, negli affreschi di San martino, «la più luminosa e dorata delle sue fantasie».

Luca Giordano all’età di 31 compiuti ricevette in Napoli, il 17 novembre 1665, ducati 50 «in conto d’un quadro dell’Immacolata per i Cappuccini di Cosenza».  Il grandioso dipinto dell’Immacolata  (m. 3 x m. 2) è ricco di significato allegorico, ma anche di sentimento religioso, reso familiare e vivo dalla luce dorata dell’arte. In alto il Padre Eterno, con le braccia aperte a figurare il mistero del Golgota, si mostra in scorcio, con i piedi coperti da nuvole. Ha capelli e barba bianchi. La mano destra indica il crocifisso fatto di palma di dattero, che è simbolo di vittoria, la sinistra è sospesa sul capo della Vergine, docilmente piegato, in segno protettivo.

Maria ha un viso pieno di dolcezza, che si allea con il fresco colorito, che la rende più bella dell’argentea luna, simbolo dello svolgimento del tempo, su cui poggia i piedi, che sembrano di carne viva. La Vergine, umile in tanta gloria, ha la veste rossa, indicante il sangue che dà la vita, e stringe tra le mani un lungo velo. Le spalle sono coperte dal manto di colore blu, simbolo di armonia e della calma interiore. Dalle profondità marine esce il drago dalle sette teste, con bocche di fuoco e ampie ali spiegate, che tenta, con forza mostruosa e demoniaca, di spezzare le catene e di opporsi al disegno divino. Cori di angeli, raccolti su nubi dorate, cantano, accompagnati da strumenti musicali, le lodi della Vergine, specchio senza macchia e giglio di candore. Divinità e umanità, mistero e verità, cielo terra e mare si fondono, per le fluide e taglienti pennellate, con le immagini sensibili del bene e del male, nella solennità del quadro, che suggerisce emozioni insolite e suscita forte devozione: ad excitandum devotionis affectum. La bellezza cromatica si tempera nella piacevolezza del racconto, che rivela maturità espressiva, al punto che valenti critici si sono ingannati ed hanno azzardato la data dell’opera «al trapasso tra l’ottavo e il nono decennio del Seicento su committenza dei Sambiase». L’opera fu, invece, ordinata direttamente dai Cappuccini nel novembre del 1665 (ASBN, Banco di San Giacomo, m. 303, 1665).  I Cappuccini furono così soddisfatti dell’opera, che passarono parola e i Cappuccini di Monteleone (ora Vibo Valentia) ordinarono un quadro alto sei palmi e due dita, largo cinque, raffigurante la Madonna con il Bambino e Santi Anna e Felice da Cantalice. La bellezza cromatica del quadro si tempera nella piacevolezza del racconto, che rivela la maturità espressiva raggiunta da Luca Giordano. L’atto notarile fu rogato per il signor Giuseppe de Nicastro da Monteleone.

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