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L’arte incorona la Vergine

Due sono le opere significative: quelle di Gentile da Fabriano e Beato Angelico.

Maggio è il mese dedicato alla Madonna, una devozione cristiana legata al rinascere e rifiorire della natura con quei fiori bellissimi che riverberano il giardino celeste di cui Maria è il più puro. Se volessimo legare al mese mariano un tema artistico, un’immagine, tratta da quell’ampissimo repertorio che è l’arte nei secoli, è senza dubbio la più pertinente: l’Incoronazione della Vergine. Il soggetto è fortemente sentito nel mondo cattolico poiché rinsalda il ruolo di Maria “regina del cielo”. L’iconografia tradizionale ci tramanda una composizione molto articolata, ovvero una solenne liturgia celeste officiata congiuntamente dal Padre e dal Figlio che sorreggono la corona collocata sulla testa di Maria alla presenza dello Spirito Santo.
Nel vasto campo delle arti figurative ci soffermeremo su due opere, particolarmente suggestive e distanti cronologicamente l’una dall’altra di appena dieci anni. Le due opere presentano esiti completamente opposti e gli autori furono tra i maggiori artisti del Quattrocento italiano: Gentile da Fabriano e Beato Angelico. L’Incoronazione della Vergine (Los Angeles, The J. Paul Getty Museum) di Gentile da Fabriano fu eseguita intorno al 1420. Gentile, nel realizzare l’opera, scelse un impianto compositivo di semplice e immediata lettura, con le sole figure della Vergine e del Cristo, e un piccolo gruppo di sei angeli (tre per lato). L’impatto visivo è d’altro canto maestoso, con il raggiante bagliore del fondo oro, che prosegue nel tripudio dei raffinati tessuti con ricami, broccati ed eleganti motivi decorativi. Si ha come l’impressione che una massa di luce riesca ad avvolgere l’intera composizione. Un enorme drappo di colore blu, vivacizzato da variegati motivi floreali fa da sfondo al Cristo e alla Madonna. Il medesimo tessuto blu si ripete nel manto leggiadro della Vergine, anch’esso riccamente decorato con corone gigliate vivacizzate da petali bianchi e rossi, con il monogramma di Maria. Così come risalta il tessuto che avvolge il Salvatore, ruggente nel colore rosso vinaccia, a cui fa eco il verde del risvolto, dove compaiono le lumeggiature che creano sottili effetti di chiaroscuro. A stento si intravedono i delicati tratti del viso della Vergine e quello forte e regale del Cristo.
Completamente diversa è l’Incoronazione della Vergine realizzata intorno al 1340 a Firenze, nel convento domenicano di San Marco, dal Beato Angelico. In quest’affresco non c’è oro, tantomeno sontuosi e ricchi tessuti. Domina un solo colore tanto puro quanto neutro, il bianco. I corpi di Gesù e di Maria sono avvolti da un semplicissimo abito bianco che si disperde in pieghe morbide e leggere. L’effetto complessivo dell’opera dà l’idea di una pittura a monocromo. L’Angelico sceglie una trama compositiva scarna, senza alcun apparato decorativo, per esaltare il ruolo della Vergine che ha il capo lievemente reclinato e il viso dolce e materno, e il Cristo austero e dignitoso, con la sua lenta gestualità. Le figure sembrano materializzarsi per via di puri rapporti di luce, una luce bianca che è colma di grazia. Domina un’atmosfera fortemente contemplativa e mistica, con i sei santi posti in orazione in una disposizione a conca, che crea una sorta di spaziosità tridimensionale. Se Gentile da Fabriano fu il maestro del gotico fiorito e cortese, stagione che stava dolcemente terminando, Beato Angelico fu un’artista del primo Rinascimento e tradusse in preghiera figurativa la gloria celeste di Maria.

Fonte: Sir
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