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La Santa Spina di Scigliano e la tomba perduta del Pelemonio

Agli inizi del ‘900 giunse a Scigliano don Rocco Gaetani, alla ricerca delle tracce del vescovo di Martirano Giovan Giacomo Palamolla, e da una sua pubblicazione del 1914 si ricavano interessanti notizie sulla reliquia della Sacra Spina e sulla tomba del presule.

La Santa Spina di Scigliano e la tomba perduta del Pelemonio

Qualche tempo prima del 1914 si aggirava per il territorio dell’antica diocesi di Martirano un sacerdote proveniente da Torraca, nell’antica diocesi di Policastro. Era don Rocco Gaetani, dottore in teologia e storico, che dopo varie ricerche giunse in Calabria sulle tracce di un suo illustre compaesano: Giovan Giacomo Palamolla, detto il Palemonio, vescovo della diocesi di Martirano dal 1667 al 1692.

L'attuale altrare che custodisce la Sacra Spina

Per l’attivismo che lo contraddistinse il Palemonio legò il suo nome alla storia della diocesi da lui retta, ristrutturando la cattedrale egli altri edifici di culto martiranensi, ma soprattutto facendo di Scigliano, nel versante cosentino della diocesi, una vera e propria cittadella vescovile.
A Scigliano il Palemonio trasferì la sua residenza, giudicando Martirano poco sicura per la sua posizione e a causa degli attacchi dei banditi. Nella sua nuova residenza risistemò dunque le principali chiese, le dotò di vari arredi, edificò un palazzo nel rione Diano, uno nel rione Lupia, e impiantò perfino una tipografia che diede alla luce diverse opere, molte composte da lui stesso (PdV 26/02/2015).
Le ricerche di Rocco Gaetani su mons. Palamolla riguardavano le sue origini, la sua famiglia, parenti illustri, le sue opere, ma anche la sua attività pastorale nel corso degli anni di episcopato calabrese. Il materiale raccolto venne pubblicato nell’opera “Giovan Giacomo Palamolla detto il Palemonio”, stampata a Roma nel 1914 dalla Tipografia del Senato, una cui copia è conservata anche a Parigi presso la Bibliothèque nationale de France.
Sulle tracce di mons. Palamolla don Rocco Gaetani visita Martirano, dove della cattedrale era possibile vedere soltanto i ruderi visto che era stata distrutta dal terremoto del 1905. Di questo suo passaggio a Martirano scrive: “Chi gli avrebbe detto che un suo concittadino, trascorsi circa due secoli e mezzo, doveva aggirarsi tra le immani rovine di quel tempio scosso e rovesciato dalle fondamenta”.
Gaetani si dirige dunque a Scigliano, il cui vasto territorio ai tempi del Palemonio contava nove parrocchie. Una delle cose su cui si sofferma è la cappella della Santa Spina, nella chiesa di Diano. A Scigliano è infatti conservata una reliquia che apparterrebbe alla corona di spine che cinse il capo di Cristo: “Osservai la ricca cappella della Sacra Spina e la teca a forma di ostensorio e mi furono spiegate innanzi dal giovane e solerte viceparroco don Eugenio Gualtieri un fascio di pergamene”. Il sacerdote campano fornisce anche alcuni particolari sul legame tra la reliquia e mons. Palemonio, ed in particolare sulla sua attività di autore di opere sacre, scrivendo che la Cappella e la custodia della Sacra Spina “ispirarono al pietoso Vescovo l’aureo libro dei motivi sopra la Passione”. Il Gaetani scrive inoltre che “L’opera più insigne lodatagli da Roma è la Cappella della Santa Spina, per la quale Giovan Giacomo spiegò tutte le sue forze” e riporta quanto indicato dallo stesso vescovo in una relazione ad limina del 1684: “Ego intentus perficiundae et ornandae dictae Ecclesiae et cultui Divino augendo anni retro elapsis, sacellum sub titulo Sanctae Spinae erigendum et annuis proventibus cumulandum curavi”.
Il Gaetani chiese anche delle foto della cappella e della custodia che poi pubblicò nel suo libro, foto che il cappuccino padre Angelo da Saracena fece eseguire dal “valente artista” Giulio Torchia. Dalla foto è possibile vedere che la cappella della Sacra Spina era quella all’interno della cappella di San Giuseppe, dove è posto il bel ciborio del 1618 in marmi bianchi e neri. La foto che ritrae la custodia della Santa Spina mostra un reliquiario a forma di ostensorio, probabilmente settecentesco in argento, esposto davanti ad un tabernacolo che non è però quello della cappella dell’altra foto. La Sacra Spina è giunta fino a noi e, conservata in un diverso reliquiario, è custodita in un altare nella navatella sinistra, sormontato dai simulacri del Crocefisso tra l’Addolorata e San Giovanni.
Uno degli obiettivi della visita di don Rocco Gaetani a Scigliano era visitare la tomba del Palemonio, visto che il vescovo era morto a Scigliano ed era stato seppellito nella chiesa dell’Assunta del rione Lupia. Vi era giunto di mattino: “da Calvisi, l’aria leggiera sotto cielo azzurro, tra prospettive vivaci, accompagnato da vispo ed arguto calabresetto, giunsi di buon mattino a Lupia, meta dell’impaziente mio desiderio”. Lo accoglieva il suono della campana fatta fondere proprio dal Palemonio nel 1691. Gaetani era stato fortunato a trovare ancora la tomba, ma non era proprio come se l’era immaginata: “mi aspettava di trovare all’ombra misteriosa del tempio, avanti l’altare del Dio vivente, il simulacro del buon Prelato, dormente il sonno della pace, in abiti pontificali, le mani a forma di croce sul petto, gli occhi dolcemente chiusi, il capo stanco sul guanciale. Vano mio sogno! La tomba è in una chiesetta di campagna, allora col capitolo collegiato, ora con un buon parroco”.
Continua poi a descrivere la sepoltura, che doveva trovarsi al livello del pavimento di fronte l’altare maggiore: “Una pietra quadrata di marmo locale, incastonata tra quattro tavolette marmorine, copre le reliquie, che non mi si permise di vedere, del Vescovo Giovan Giacomo Palamolla”. Si leggeva ancora l’iscrizione sepolcrale, un “distico latino di sapore damasiano” che recitava: “HIC PIUS ANTISTES, SAPIENS HIC OSSA PALAEMON/ MARMOREA HAC PATRIAE CONDIDIT URNA PATRIS/ DIE XIX NOVEMBRIS MDCXCII”.
Da quanto si dice, i resti del vescovo, che non si permise di vedere al sacerdote giunto appositamente da Torraca, andarono poi dispersi per grave incuria in tempi recenti nel corso di alcuni lavori di rifacimento della chiesa. Chissà cosa ne avrebbe pensato don Gaetani, che per vedere la tomba era venuto fino a Scigliano. Nel libro di Gaetani però si trova una rara quanto interessante foto dell’interno della chiesa di Lupia, in cui è possibile vedere la posizione delle sepolture sul pavimento. Chissà che un giorno non si riesca a capire qualcosa di più al riguardo.
Il visitatore ricorda anche che “ultimo ricordo del grande estinto è il suo cappello verde, appeso come insegna sacra in mezzo all’arco della chiesa, che ne corona la santa memoria”. Anche del cappello ora non c’è più traccia, ma dovette colpire molto il sacerdote giunto da Torraca, tanto che scrive ancora: “Qui nella chiesetta campestre, ridente tra il verdeggiare dei campi e degli orti, simbolo della speranza, che dal sepolcro ritorna alla vita, veggo il cappello di seta verde con cordoni e fiocchi dello stesso colore, che gli servì nella prima sacra visita episcopale, e che gli fu posto avanti il feretro nei solenni funerali, starsi appeso sul sepolcro in mezzo all’arco della chiesa”.
Rocco Gaetani sperava che si fosse eseguito a Scigliano anche un altro lavoro: la raccolta delle varie pergamene e bolle, anche a stampa, presenti negli archivi delle varie parrocchie, e ne cita diverse nelle chiese di Diano, Calvisi e Lupia. Anche di queste non sembra esserci traccia. A ricordo della presenza della tomba del vescovo Palemonio resta nella chiesa di Lupia una recente iscrizione con stemma, mentre nella chiesa di Diano la reliquia della Sacra Spina ricorda ancora i fasti che Scigliano visse nel XVII secolo.

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