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L'omelia di mons. Nolé nella festa della Madonna del Pilerio

Le parole pronunciate dall'Arcivescovo di Cosenza nella solennità della Patrona dell'Arcidiocesi di Cosenza - Bisignano, Regina della famiglia.

foto Lorenzo Coscarella

Abbiamo camminato per la città senza predicare, pregando, facendoci e gustandoci fratelli e sorelle.

È stata una manifestazione di fede, stavamo sì facendo un atto di culto a Maria ma soprattutto stavamo dicendo la gioia di camminare per le nostre strade con la gioia del cuore, la gioia della fede. Quella gioia che ci viene dal sentirci fratelli, le nostre strade, le nostre piazze finalmente riempite non di macchine, ma di persone. Questo ci dice come è importante per noi riappropriarci di quelle relazioni umane, interpersonali, che fanno la differenza. Anche se spesso prevale la nostra debolezza, prevale ciò che ci divide, ma non dobbiamo scoraggiarci, perché la nostra vita quotidiana è questa. L’importante è farlo con la gioia del cuore e con la consapevolezza che stiamo servendo il Signore e i fratelli.

Oggi vogliamo dire una parola sulla festa della mamma, Maria, per ringraziarla e per venerarla, per dirle il nostro affetto e la nostra devozione. Ma tutto questo non basta. Vogliamo dire anche la nostra gioia di averla come mamma e come tale vogliamo contemplarla nel sacro tempio domestico, regina della famiglia, come l’abbiamo pregata e meditata nei giorni del settenario.

Regina perché madre del Re, Cristo Gesù, che regna dalla croce, mentre lei regna nella casa di Nazaret, come ogni moglie e ogni mamma, tra pentole e cucina, pulizia e servizio ai figli. Il re ha come corona le spine, Maria il dolore atroce di assistere alla morte innocente del figlio.

Ambedue continuano a regnare così, nel servizio e nella sofferenza, in ogni uomo e in ogni donna che nel mondo è nell’angoscia e nel dolore, per dare un significato salvifico al loro soffrire.

Contemplare il mistero di Maria è contemplare e riflettere sul mistero grande dell’amore sponsale, immagine e icona di Dio Trinità, che affida la sua prima vera immagine di amore sulla terra a due giovani innamorati e credenti, il giusto Giuseppe e la Vergine, Maria.

I vangeli sono quattro, ma solo due narrano dell’annunciazione. Luca riporta l’annunciazione direttamente a Maria, Marco l’annunciazione a Giuseppe, ma nel sonno. Ambedue ricevono l’annunzio della nascita. E perché Giuseppe nel sonno? Forse perché ambedue gli eventi, come il primo, la creazione di Eva, Adamo che dormiva… Perché Dio vuol dire che ambedue gli eventi creativi contengono una parte di mistero che appartiene solo a lui, una parte di sacro, o forse perché nel sonno siamo più veri, senza resistenze e capaci di superare le debolezze umane!

Infatti, se pensiamo, Maria è Immacolata, e può ricevere questa grande notizia perché è senza peccato, Giuseppe no, ha ancora il peccato originale. E Dio gli viene incontro nel sonno quasi riportandolo all’origine, quando l’amore vero e puro regnava sulla terra! Ecco il sogno di Dio: vedere riflesso il suo amore trinitario nell’amore di due creature che si aprono a Dio e dunque all’amore, quello vero, quello senza malizia e senza concupiscenza, l’amore che non è solo il nome, ma anche l’essenza di Dio.

La figura della mamma in Maria si presenta come donna aperta al mistero e obbediente alla Parola; la figura del papà, in Giuseppe come uomo giusto e timorato di Dio, che nel Vangelo non parla mai, non abbiamo una parola riportata di Giuseppe, ma è sempre presente, perché è il custode e la realizzazione della promessa fatta da Dio al suo Popolo. E così dovrebbe essere la figura del padre nella famiglia. Custode delle promesse, dei valori, della tradizione, della sicurezza, della famiglia. Poche parole e molte testimonianze. La mamma ha bisogno di dire tante parole perché ha bisogno di comunicare col figlio tutto quello che ha dentro di sé, per vocazione, perché essere mamma è una vocazione vera, è una chiamata di Dio, è partecipare all’amore di Dio per le creature. Ma entrambi sono sorpresi, timorosi e pieni di gioia e se ne comprende facilmente il perché. Davanti a una vocazione così grande e impegnativa che va oltre ogni aspettativa umana, fosse anche la più ardita aspettativa, non si può rimanere indifferenti. Si è sorpresi e timorosi ma anche nella gioia, perché quando Dio chiama ci dona sempre la capacità e la serenità e la forza interiore per accogliere la sua chiamata e portarla a compimento. Allora la sorpresa si trasforma in stupore, il timore in grata adesione alla sua volontà, la gioia in amicizia vera e creativa come succede quando siamo colti dall’amore di Dio o di una persona che improvvisamente sconvolge i nostri progetti e i nostri sogni privati e personali e li trasforma in sogni e progetti al plurale, condivisi, finalizzati a compiere il miracolo di trasformare i due in una sola carne, in un solo spirito di amore, creativo, unico, fedele, per sempre. Questo è il matrimonio cristiano voluto da Dio. E questa è una scoperta che dobbiamo fare ogni giorno, e siccome viene da Dio ogni giorno è una sorpresa, e l’invito agli sposi è: lasciatevi sorprendere da Dio e lui farà in voi grandi cose. Dio non ha parlato solo a Maria ma alla coppia di futuri sposi. Spesso, quasi sempre, ci siamo soffermati sull’annuncio a Maria, quello che conosciamo di più, trascurando Giuseppe, ma Dio li ha voluti ambedue depositari del suo amore: la famiglia. Quasi a dire che egli non entra nella vita della coppia per annullarla o dividerla, per annullare i loro progetti e i loro sogni, ma per renderli pieni con sua presenza, pieni di significato e di infinito, e quando entra nella famiglia non lo fa per creare disordine come può succedere quando entra un altro uomo o un’altra donna, ma entra per donare armonia e felicità autentica, anche nella sofferenza, anche nella prova, qualche volta anche nel tradimento. Ma è proprio nel superare questo momento che si diventa capaci di dire sì a Dio.

Ed io posso assicurarvi che ancora oggi, qui a Cosenza e nella nostra diocesi, ho incontrato uomini e donne che conoscono la gioia vera di essere una cosa sola in Dio, e superano le loro immancabili difficoltà e fragilità di coppia e di famiglia fidandosi e affidandosi a colui che li ha chiamati per una missione grande e unica: aprirsi all’infinito per respirare l’infinito amore di Dio.

Da qui la nostra speranza, da qui la gioia che il Signore è ancora con noi, da qui un nuovo progetto di vita e di pastorale che ci deve vedere tutti uniti non solo a difendere il dono prezioso della famiglie, ma a valorizzare le immense potenzialità che in essa ha posto il Signore della vita, a cominciare dalla diocesi e dal Vescovo, dalla parrocchia e dai presbiteri, per dire anche al mondo, e al mondo di oggi che il progetto di amore che Dio ha pensato per noi è possibile, è realizzabile e passa attraverso la nostra buona volontà e la nostra capacità di essere non solo credenti, ma credibili.

Ed ora voglio leggervi una intensa poesia che giovedì scorso un vostro compaesano, Giancarlo Cauteruccio, ha composto e declamato qui in Cattedrale, in dialetto cosentino. Io ne ho fatto una libera traduzione italiana.

 

 

PREGHIERA – RIFLESSIONE – INVOCAZIONE (di Gianfranco Cauteruccio)

La nostra Madonna è proprio antica, dev’essere arrivata da lontano…

È straniera? Forse, ma noi tutti siamo stranieri.

Lei è venuta e ci ha trovati, ci ha guardati, ci ha salvati, ci ha allattati e ci ha baciati con l’amore di una mamma, perché lei è la mamma!

Ci ha portato il latte sano, latte pieno e vita vera.

Nella nostra città si è trovata a vedere cose che per noi non erano rose.

Che miracolo che ha fatto: ha visto fame, ha viste guerre, terremoti, rovine e pianto, facce sporche e facce disperate… vite piene di malattie e lei con i suoi dolci occhi ci hai salvati.

E noi ora la veneriamo, ci inginocchiamo e la preghiamo, ma questo basta?

No, non basta, non ci può bastare, non ci deve bastare!

Siamo qui per imparare ancora una volta a camminare.

Ora che abbiamo perso la testa, in questo tempo malandrino, accoglici ancora vicino a te, come alla tavola apparecchiata in una famiglia che sa accettare, che sa ospitare, che sa aiutare.

Ci devi insegnare un’altra volta ad ascoltare, a guardare con il cuore, fuori di noi, a quest’altra gente che viene a cercarci per bisogno.

È gente stanca, martoriata, violentata!

Insegna un’altra volta a dividere il pane con chi viene da terre lontane.

Insegnaci ad abbattere muri e barriere e a fabbricare ponti, insegnaci l’amore.

Come le mamme che allattano e danno vita nuova,

tu allattaci e dacci vita nuova, Madonna nuova,

spalanca la tua porta a tutti noi umani, colonna e pilastro del mondo intero,

oggi e sempre.

Amen

* Arcivescovo di Cosenza - Bisignano

L'omelia di mons. Nolé nella festa della Madonna del Pilerio
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