La Via Crucis una storia che parla
Il testo integrale della riflessione finale della Via Crucis cittadina
La via crucis è affollata di persone, di situazioni di vita, di contingenze che ci vengono messe sotto il naso. E sentiamo che tutte queste realtà ci parlano, ci agganciano, ci coinvolgono nel profondo a tal punto da farci chiedere come mai una storia di duemila anni fa possa provocare così tanto. La verità è che questa storia parla di me, di te, di noi tutti e delle nostre storie passate o recenti e che non possiamo far finta di nulla. Abbiamo bisogno di fermarci un attimo e di sentire cosa ci dicono, così come ci hanno già parlato stasera grazie ai testi di tante canzoni contemporanee.
Questa storia mi fa capire che anch’io non sono differente da Pietro: pronto a seguire il Maestro fino a dare la mia vita, ma con una spada nascosta sotto i vestiti, non si sa mai… Perché Gesù le tue parole sono belle, ma sono difficili da seguire. E così anch’io mi sono defilato davanti alle situazioni della mia storia personale o comunitaria che richiedevano la mia parola, la mia presa di posizione. Non l’ho fatto, anzi con un linguaggio di cui sono diventato esperto ho anche saputo giustificare la mia mancanza di parola, l’ho chiamata prudenza, cautela, lungimiranza…
Questa storia mi mette dentro alle situazioni in cui il potere ha l’ultima parola. Anna che giudica Gesù non ne avrebbe neanche l’autorità perché è solo parente del Sommo Sacerdote. Quanti poveri Cristi sono giudicati da chi gode solo per il fatto di giudicare. Quanti uomini e quante donne restano impigliati nelle maglie della macchina del fango, di chi calunnia e perseguita solo per il piacere di distruggere e di sentirsi potente.
Il potere si mostra ancora per quello che è, vile come Pilato che non cerca la verità perché l’ha già trovata nella sua identità, nel suo posto di privilegiato, di uomo potente. Tutto il resto non conta nulla. Non importano dati oggettivi, numeri inequivocabili quando la verità è trovare il modo di salvaguardare la propria posizione, il proprio potere.
Ma questa storia mi parla anche di persone che nel silenzio e nel nascondimento hanno fatto della propria vita un dono d’amore per gli altri, come te. Mi narra di Maria, tua e nostra Madre che ti segue, accanto alle donne che fanno lamento e cordoglio su di te. Mi insegna la prossimità e la cura di chi si preoccupa se stai bene, se hai mangiato, se le cose vanno bene. Accanto a tua madre, Veronica mi insegna l’attenzione alle piccole cose, come asciugarti il volto pieno di sangue e di sputi, segno di delicatezza e d’amore, senza proferire neanche una parola.
Questa storia mi parla con la scelta di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo di prendere posizione, di mostrare, finalmente, da che parte stanno. Entrambi coinvolti e incastrati dalla macchina del potere che uccide, sanno dire la loro appartenenza a te, che hai conquistato i loro cuori. Hanno chiesto (con coraggio ci dice il Vangelo) di poter seppellire il tuo corpo. Hanno anticipato tanti testimoni del Vangelo che hanno saputo dire con la vita la loro appartenenza a te e a nessuna altra logica se non quella del vangelo. Perché non si può essere neutrali “di fronte al male da qualunque parte venga: ogni tuo seguace sa che la sua via non è la neutralità, ma la profezia; cioè il parlare in nome di Dio, la parola di Dio”.
Ma soprattutto questa storia Signore mi parla di te che ti consegni in pienezza per amore a me, a noi, a tutti. E ci insegni che ogni vita realizzata è vita consegnata per amore, e lo dici a noi così preoccupati di salvaguardare i nostri privilegi, le nostre tradizioni, gli spazi che abbiamo occupato con le nostre buone azioni. Insegnami a cercarti mentre mi vieni incontro perché quando c'è buio nel cuore, tu non mi hai lasciato, sei solo più avanti, oltre la curva, dietro la collina, fuori della tempesta dove la mia vista ora non arriva. E oltre la curva troverò un fiore, dietro la collina una casa, dopo la tempesta la primavera, dopo il buio la pace, dopo la morte la resurrezione. AMEN.
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