Governo e sindacati tornano ad ascoltarsi
I sindacati si sono presentati al tavolo di discussione (un tavolo reale, non metaforico) in pochi e con idee chiare: più flessibilità per la previdenza italiana; più confronti su alcune tematiche come gli ammortizzatori sociali, l’abuso dei voucher, la contrattazione decentrata, i lavori usuranti. Il governo s’è fatto giustamente rappresentare dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: a ciascuno il suo.
C’eravamo tanto schiaffeggiati, che non si pensava ormai più ad una riconciliazione. Invece la storia tra il governo Renzi e i sindacati è in qualche modo ripresa con un incontro (presenti i leader delle maggiori formazioni sindacali, assente comunque il presidente del Consiglio: sarebbe stato troppo) in cui si è iniziato a discutere di previdenza e mercato del lavoro. Insomma di temi che ai sindacati stanno cari, ma che non costituivano oggetto di dialogo con l’attuale esecutivo. La soddisfazione è soprattutto da parte sindacale. Finora le decisioni governative le apprendevano il giorno dopo, aprendo i giornali. Di concertazione, di dialogo, di confronto nemmeno a parlarne. Renzi non ama le cosiddette “organizzazioni intermedie”, le considera un elemento di conservazione dell’esistente, di freno ad ogni cambiamento. Ai sindacati, in particolare, ha contestato di fare più politica che sindacato. Un’invasione di campo considerata intollerabile. Ha le sue ragioni.
Ma si vede che l’arietta elettorale che tira – amministrative prima, soprattutto il decisivo referendum elettorale ad ottobre – consiglia di deporre l’ascia di guerra e di smettere di farsi troppi nemici attorno. Magari no, magari c’è dietro un ripensamento sul valore dei corpi intermedi, eccetera… Ma a pensare male qualche volta s’indovina. Sia come sia, il passo avanti l’hanno fatto tutti. I sindacati si sono presentati al tavolo di discussione (un tavolo reale, non metaforico) in pochi e con idee chiare: più flessibilità per la previdenza italiana; più confronti su alcune tematiche come gli ammortizzatori sociali, l’abuso dei voucher, la contrattazione decentrata, i lavori usuranti. Il governo s’è fatto giustamente rappresentare dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: a ciascuno il suo. Poletti ha appunto spiegato che il tema dell’incontro era… il tavolo, cioè il cambiamento di metodo per trovarne uno condiviso dalle parti. Significa mettere in soffitta le lunghe liturgie concertative che hanno fatto il loro tempo, ma anche dichiarare che il governo apre le orecchie alle istanze di organizzazioni che contano milioni di iscritti. Ma il risultato migliore è che le parti hanno dato per scontato che si ragionerà sulle cose. Sembra normale, però in Italia non è scontato: il ruolo politico del sindacato, nei decenni passati, è stato enorme. Ha messo in crisi governi, ha condizionato certe forze partitiche, ha influenzato fortemente le politiche stesse. Quest’ultima cosa deve rimanere: sono le politiche che trasformano la realtà e c’è bisogno del contributo di chi vive e conosce il mondo del lavoro. Ma sono i politici che hanno la responsabilità delle scelte.
Ecco, l’unico timore riguarda proprio i fatti. Si raccomanda grande attenzione al tema del lavoro, almeno quanto a quello delle pensioni. Perché i sindacati sono anzitutto un attore fondamentale del mondo dell’occupazione, più che i paladini di chi riceve o riceverà un assegno dall’Inps. Va bene la tutela dei pensionati, basta che non lasci sguarnito il mondo delle fabbriche, degli uffici e soprattutto dei nuovi lavori.
E quanto al Governo: se ragionasse di occupazione giovanile un decimo di quanto si sta impegnando sul tema previdenziale, sarebbe già un progresso. Il problema dei problemi è creare nuova occupazione. Senza quella, addio pensioni per chi le ha e per chi le avrà.
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