Non buonismo ma bontà
Buonismo è un eufemismo che nasconde l’incapacità di reagire dinanzi al male, all’offesa, alla prevaricazione. Bisogna avere il coraggio di fermarsi, di interrogare la propria coscienza dinanzi a Colui che ci ha salvati e vuole salvare tutti e optare, con difficoltà ma certi dell’aiuto dello Spirito, per una risposta gravida di bontà, di oblio dell’offesa, di ricerca di tessere legami positivi, è l’unica strada per sgominare il Nemico e fermare la distruzione che grava su tutti noi.
La realtà quotidiana in cui respiriamo violenza, attacchi terroristici, aggressioni che provocano morti e feriti, dissemina un sentore di guerra e sollecita ognuno ed ognuna a porsi interrogativi profondi che sembrano insolubili. Quale il discrimine fra violenza e legittima difesa?
Non si tratta di teorie o di astrazioni ma della vita nostra personale, di quella delle nostre famiglie e della nostra nazione che, con la devastazione delle guerre, ha già pagato un notevole tributo.
Non solo la globalizzazione ma la certezza che ormai l’Europa deve considerarsi nella sua totalità ed ogni nazione interdipendente dall’altra, ci pone su di un piano in cui le opzioni devono chiarirsi.
Come accettare le parole del cardinale Pietro Parolin:
“La Santa Sede non ha un atteggiamento di buonismo ma di bontà ed è la virtù che il Signore ci chiede”.
Buonismo è un eufemismo, giustamente prescelto, che nasconde una realtà molto più grave: l’incapacità di reagire dinanzi al male, all’offesa, alla prevaricazione, in nome di una presunta tranquillità, di un vivere da struzzi con il capo sotto la sabbia.Una sorta di cretinismo opportunista che guarda al solo proprio benessere, alla propria convenienza immediata senza uno sguardo a largo raggio.
Come atteggiamento umano è deleterio, disfattista e distruttore della coscienza integra della persona matura.
Se il buonismo (cretinismo che si piega a tutti pur di sopravvivere) non è la scelta di chi crede nel Vangelo e in Gesù Cristo, quale è la via da seguire?
Si potrebbe parlare di una nuova antropologia che si declina secondo i parametri delle urgenze attuali. La proposizione regge ma, in concreto, che cosa significa? Come opera?
Ce lo dice, nei fatti, la storia della Chiesa in cui i santi canonizzati e quelli sconosciuti ma non per questo meno santi o non santi, si sono giocati in prima persona, correndo il rischio di perdere i beni, mettere a repentaglio la famiglia e perfino perdere la vita.
Asserisce il cardinale delineando l’opzione che si deve fare propria nell’agire: “quello che il Signore ci dice sempre: vincere il male con il bene”.
Le persone comuni senza particolare voce politica, istituzionale o economica, valgono tanto quanto i grandi politici, statisti o economisti quando vengono messe alla prova.
Si tratta di riconoscere il male per quello che è, male (e così si esce dal cretinismo istituzionalizzato) che avvinghia, corrode, avvelena. Dandogli il nome preciso, ritagliando i contorni di azioni nefande e turpi ma non soggiacendo alla logica perversa che risponde con la stessa moneta.
Violenza a violenza è la risposta del Nemico per eccellenza, del Satan in ebraico che in greco diventa Diabolos, colui che divide.
Non nego che sarebbe la prima, istintiva risposta di chi subisce un torto grave, un’offesa gratuita o un’aggressione premeditata e costruita perversamente, quella di scattare e rispondere con le stesse armi. Questa però è la grande trappola in cui cade il “mondo” nell’accezione del Vangelo di Giovanni: chi non accetta la Luce del Salvatore e si chiude nelle tenebre.
La storia delle civiltà ampiamente dimostra che il volto del Nemico muta ma non la sua proposta che ci avvinghia in una spirale in cui dal male nasce male.
Avere il coraggio di fermarsi, di interrogare la propria coscienza dinanzi a Colui che ci ha salvati e vuole salvare tutti e optare, con difficoltà ma certi dell’aiuto dello Spirito, per una risposta gravida di bontà, di oblio dell’offesa, di ricerca di tessere legami positivi, è l’unica strada per sgominare il Nemico e fermare la distruzione che grava su tutti noi.
Si potrebbe anche esprimere con due parole che, forse, abbiamo sentito spesso e su di cui, ancora forse, abbiamo posato un sorrisino: il buon esempio.
Passaggio faticoso dalla spirale alla Luce che richiede dispendio di energie ed è costoso.
Richiede una grande intelligenza sapienziale che è esattamente il contrario del cretinismo che usa la forza e si traveste da buonismo.
Non si passa attraverso questa strettoia, oppressi in un cunicolo, se non si intravvede dentro di sé la luce che vibra in ogni persona umana e la Luce che il Verbo fatto carne ci dona.
Non è un passaggio scontato, richiede lunga preparazione orante, ascolto della Parola strutturato nella mente e nel cuore, e deve dare vita ad una bontà nei in gesti e nelle azioni buone. Solo queste possono disintegrare il cretinismo istituzionale, morbo da cui molti sembrano appestati. Non la Chiesa che annuncia il Vangelo, malgrado alcuni suoi membri privi di Luce.
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