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Il tumulo richiama le altiche strutture create in Europa settentrionale e orientale e ispirate all’ideologia orfica

La collinetta di Cozzo Rotondo

Il reperto archeologico è stato realizzato in scavo attraverso il modellamento parziale di un versante naturale

La collinetta di Cozzo Rotondo

La Valle del Crati in Calabria è nota per essere la via di comunicazione naturale che, storicamente, connetteva il nord e il sud Italia. Fu abitata dalla popolazione bruzia e dai popoli rivieraschi delle colonie greche, stanziati lungo le coste. Quest’area pianeggiante e collinare ha una storia millenaria costellata, tra le altre cose, da tanti enigmi. Uno di questi riguarda la misteriosa collinetta ubicata nel comune di Bisignano e nota come “Cozzo Rotondo”. Distante circa 1 km dall’attuale corso del fiume Crati, quest’altura presenta una morfologia fisica inusuale ed ha una natura antropica, frutto dell’intervento dell’uomo. La Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria fu allertata dell’esistenza di questa singolare collinetta verso la metà del novecento. Le indagini iniziarono a Gennaio del 1986, dopo le segnalazioni fatte da un geologo-ricercatore CNR alle Autorità Locali. I primi risultati raggiunti stabilirono che questo reperto, risalente al periodo compreso tra il VII secolo a.C. e il VII secolo d.C., era il più vasto tra gli esemplari rinvenuti in Italia e che venne costruito, con molta probabilità, a scopo funerario per seppellire personaggi illustri. L’usanza di edificare strutture simili, atte ad assolvere questa funzione rituale, era ben consolidata in vari paesi dell’Europa settentrionale e orientale. In particolare, i primi popoli barbarici (Sciti, Traci, Macedoni ed Epiroti), costituitisi nella seconda metà del I millennio a.C., conducevano intense attività politiche, economiche e culturali, credevano, come nel Sud Italia, all’ideologia dell’orfismo che proclamava l’immortalità dell’anima, e coltivavano pratiche rituali e filosofiche legate alla nascita della madre terra. Erano esperti nel costruire tumuli votivi, mostrando una grande abilità nel lavorare il suolo e una certa perizia architettonica. Da qui la necessità di associare un corpo naturale (la collina) al simulacro eretto a memoria di un insigne personaggio defunto, la cui anima destinata all’immortalità saliva in cielo. Il tumulo, dominante sull’ambiente, era tanto più elevato quanto più grande era la devozione verso il morto. Il Comune di Bisignano finanziò le prime indagini di superficie che rilevarono la presenza, all’interno della montagnola, di sequenze sedimentarie naturali di origine marina e di sabbia omogenea. Sono stati scoperti anche frammenti di ceramica protostorica (cocci) alla base del suolo, risalenti ad una frequentazione umana poi scomparsa ma di poco antecedente allo scavo stesso, e oggetti funerari di epoca ellenistica. Questi rinvenimenti fanno pensare ad un “cenotafio”, un monumento sepolcrale privo di resti mortali al suo interno e costruito, esclusivamente, come simbolo di un mausoleo molto importante presente nelle vicinanze. Gli studi hanno rilevato, inoltre, che la collinetta bisignanese di forma ovale fu realizzata totalmente in scavo, per modellamento parziale di un versante naturale. È particolarmente significata la sua ubicazione in una località di campagna, la cui denominazione “Grifone” rimanda alla tradizione mitologica minoico/micenea e greca. Il “grifone”, infatti, era una creatura leggendaria ibrida con il corpo di leone e la testa d’aquila, che simboleggiava custodia e vigilanza. Presso le popolazioni traciche, euroasiatiche e greche compariva come elemento di decoro sulle tombe dei grandi re, mentre durante il periodo della cristianità medievale questa figura araldica chimerica veniva scelta per rappresentare la doppia natura umana e divina di Cristo, per il semplice fatto che univa in sé l’animale dominante sulla terra (il leone) e quello dominante in cielo (l’aquila). Sono state avanzate varie ipotesi sull’identità dei personaggi storici, che hanno solcato la terra calabra e per i quali questo manufatto potrebbe essere stato eretto. Tra questi vi sono il re dei Visigoti Alarico, vissuto tra il 370 circa e il 410 d.C., e il re dell’Epiro Alessandro il Molosso vissuto tra il 362 e il 330 a.C. Dopo il sacco di Roma, Re Alarico, insieme al suo esercito, si mosse verso il sud Italia con l’obiettivo di attraversare lo stretto e spingersi verso l’Africa, ma morì alle porte di Cosenza per malaria. Secondo lo studioso Velizar Velkov, il re dell’Epiro, invece, venne prima colto di sorpresa dal maltempo in Calabria, che causò il rigonfiamento dei torrenti del fiume Crati, poi fu ucciso in ritirata dai Lucani e dai Bruzi nella battaglia di Pandosia. Questo condottiero visse in epoca ellenistica quando venivano eretti mausolei di forma conica al centro delle vallate verdi, come questo costruito a Bisignano. Le indagini su Cozzo Rotondo sono momentaneamente bloccate, a causa della mancanza di fondi per la ricerca e per disinteresse da parte delle istituzioni locali, ma una ripresa degli studi con l’uso delle moderne tecnologie non invasive potrebbe risolvere l’enigma. “Non si può non rimanere colpiti dalla sua bellezza e dal suo fascino, che irradia tutta la piccola valle del Grifone dove esso domina … Un ritrovamento che si presta a ricordare, ci auguriamo con un’opera museale, la cultura funeraria “a tumuli” dell’Europa antica” hanno scritto Vincenzo Rizzo, già ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche-IRPI di Cosenza, l’archeologa bulgara Diana Gergova e Mario Panizza del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche all’Università di Modena e Reggio Emilia, nel loro articolo scientifico “Un antico tumulo/cenotafio a Bisignano? Un monumento unico, tra ipotesi storiche e mancata valorizzazione” sul numero 32 del 2018 della rivista online “Territorio della Cultura” a cura del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello.

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