Papa Francesco: abolito il segreto pontificio per gli abusi
Con un rescritto diffuso il 17 dicembre, il Papa abolisce il segreto pontificio per gli abusi commessi da membri del clero a danno di minori. Mons. Scicluna: "Scelta epocale". D'ora in poi gli atti si potranno trasmettere alle autorità civili
D’ora in poi, gli abusi sessuali commessi da membri del clero su minori non sono più coperti da segreto pontificio. Rimane, invece, il segreto d’ufficio per garantire “la sicurezza, l’integrità e la riservatezza” delle varie fasi del processo e “tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte”. È la novità principale contenuta nel rescritto del Papa con cui si promulga l’Istruzione “Sulla riservatezza delle cause”, emanata oggi. Il rescritto del Santo Padre riguarda i delitti contro il sesto comandamento del Decalogo, che – come si legge nell’articolo 1 del Motu proprio “Vos estis lux mundi”, emanato dal Papa il 7 maggio 2019 – consistono: “nel costringere qualcuno, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, a compiere o subire atti sessuali; nel compiere atti sessuali con un minore o con una persona vulnerabile; nella produzione, nell’esibizione, nella detenzione o nella distribuzione, anche per via telematica, di materiale pedopornografico, nonché nel reclutamento o nell’induzione di un minore o di una persona vulnerabile a partecipare ad esibizioni pornografiche”. Sono punibili, inoltre, stabilisce il Motu Proprio del maggio scorso, anche le “azioni od omissioni dirette a interferire o ad eludere le indagini civili o le indagini canoniche, amministrative o penali, nei confronti di un chierico o di un religioso”. Per quanto riguarda le cause e i processi, l’Istruzione – diffusa oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede ma firmata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il 6 dicembre scorso – stabilisce che “le informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza, al fine di tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte”. “Il segreto d’ufficio – si precisa però nel rescritto del Papa – non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili”. “A chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa”, si dispone infine nel rescritto.
“Una scelta epocale”.
Così l’arcivescovo di Malta Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della fede, definisce il rescritto. In un’intervista rilasciata a Radio Vaticana-Vatican news, ricorda che nel summit convocato in Vaticano dal Papa sulla pedofilia, nel febbraio 2019, “c’è stata una giornata intera dedicata alla trasparenza”. Poi, con la nuova legge “Vos estis lux mundi” del maggio scorso, il Santo Padre ha cominciato anche a implementare le decisioni prese a febbraio. Durante il summit in Vaticano si era parlato da più parti di segreto pontificio come ostacolo al diritto ad una giusta informazione dovuta alla vittima e alla comunità. Con la decisione di oggi, tutto il materiale conservato negli archivi dei Dicasteri vaticani e delle diocesi relativi ai casi di abuso – denunce, testimonianze, carte processuali – finora sottoposti al segreto pontificio possono essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi, tramite rogatoria internazionale (nel caso dei dicasteri pontifici) o richiesta diretta al vescovo competente (nel caso delle diocesi).
Trasparenza e collaborazione: sono le due parole d’ordine del nuovo documento papale, che abolendo il segreto pontificio sugli atti e le testimonianze nei procedimenti per abusi non interferisce in nessun modo con il segreto della confessione, il quale rimane intatto in quanto sigillo sacramentale. Dopo la storica decisione odierna, spiega Scicluna, cessano alcuni impedimenti: prima, infatti, “la vittima non aveva l’opportunità di conoscere la sentenza che faceva seguito alla sua denuncia, perché c’era il segreto pontificio. Anche altre comunicazioni venivano ostacolate, perché il segreto pontificio è un segreto di altissimo livello nel sistema di confidenzialità nel Diritto canonico. Adesso viene facilitata anche la possibilità di salvaguardare la comunità e di dire l’esito di una sentenza”. Con l’abolizione del segreto pontificio, precisa il vescovo, i documenti “non sono di dominio pubblico ma, per esempio, viene facilitata la possibilità di una collaborazione più concreta con lo Stato, nel senso che la diocesi che ha una documentazione ormai non è più legata al segreto pontificio e può decidere – come deve – di collaborare bene, trasmettendo copia
della documentazione anche alle autorità civili”.
I “delitti più gravi”. Sempre oggi è stato diffuso un altro rescritto del Papa, con cui si introducono alcune modifiche alle “Normae de gravioribus delictis”, che fanno riferimento al Motu Proprio “Sacramentorum Sancitatis tutela” emanato da Giovanni Paolo II il 30 aprile 2001. Tra i “delitti più gravi” contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede, rientra anche “l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche dei minori di diciotto anni” – la novità del testo di oggi – e non di quattordici, come era finora. Altra modifica di rilievo presente nel rescritto odierno, quella di consentire anche ad un laico di esercitare la funzione di avvocato e procuratore.
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