Il messaggio per la canonizzazione del beato Angelo
La figura del frate cappuccino, la sua vita ed attualità a pochi giorni dalla canonizzazione.
MESSAGGIO
DELL’ARCIVESCOVO DI COSENZA
MONS. FRANCESCO NOLÈ
E DI
Fr. PIETRO AMMENDOLA
MINISTRO PROVINCIALE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI DI CALABRIA
ai presbiteri, ai diaconi, ai membri della vita consacrata
e ai fedeli laici dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano
PER LA CANONIZZAZIONE
DEL BEATO ANGELO D’ACRI
Carissimi fratelli e sorelle,
il Signore vi dia pace!
La nostra Chiesa di Cosenza-Bisignano e i Frati Minori Cappuccini della Calabria gioiscono per la canonizzazione del Beato Angelo d’Acri, che sarà proclamato Santo il prossimo 15 ottobre, in S. Pietro a Roma, dal Santo Padre Papa Francesco. Vogliamo invitare tutti voi a lodare, ringraziare e benedire con noi il Signore perché non ci fa mancare mai i segni della sua potenza e del suo amore, donandoci santi testimoni della fede che hanno trasmesso, con la loro vita e la loro fedeltà al Vangelo e alla vocazione specifica, la bellezza di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa.
Sacerdote e cappuccino, ha nobilitato con la sua vita santa la sua Acri, la Diocesi, la grande famiglia Cappuccina, la bella e generosa gente di Calabria.
L’attualità del suo messaggio sta nell’ardore per Cristo, nella passione di annunciarne il Vangelo e nella costante indicazione della strada da seguire.
Uomo di carità e di virtù evangeliche, nell’iconografia è presentato spesso nell’atto di indicare la Croce come via di salvezza e scala per il Cielo.
Proprio alla sequela del poverello d’Assisi Egli ha imparato e predicato, sin da giovane, che solo guardando a Lui e partecipando alla sua Passione si contribuisce all’avanzamento del Regno di Dio e si sale la scala della santità e della conformazione a Cristo fino a portarne impressa nella propria vita l’immagine di Gesù amorevole e misericordioso, che accoglie e abbraccia tutti con il suo sguardo di misericordia.
1. Luca Antonio Falcone nasce ad Acri il 19 ottobre 1669 da Francesco e Diana Errico, ed è battezzato il giorno successivo. Cresce in una famiglia semplice e cristiana; rimanendo presto orfano del padre, sarà guidato nell’infanzia dalla figura della madre. A vent’anni fa un’esperienza mistica nel Santuario di Santa Maria delle Armi a Cassano per poi bussare al convento dei cappuccini del suo stesso paese. Non mancano le prove e i travagli interiori e dopo una forte esperienza mistica e l’incontro con alcuni santi uomini dell’Ordine cappuccino dirà il suo “si” a Cristo nell’Ordine di San Francesco il 12 novembre 1690 assumendo il nome di “Angelo”. Sarà ordinato diacono il 18 dicembre del 1694 nella Cattedrale di Cosenza e sacerdote il 10 aprile del 1700 nella Cattedrale di Cassano all’Jonio. Dopo un anno sarà autorizzato a predicare. Da allora il suo ministero proseguirà, ininterrottamente in tutta la Calabria, come predicatore di missioni popolari, quaresimali, esercizi spirituali e novene, con una grande passione che infervorava le folle e non poche volte questi momenti di grazia erano accompagnati da segni prodigiosi. Il 14 maggio del 1717 fu eletto anche provinciale dell’Ordine, dopo aver ricoperto anche altri incarichi all’interno delle fraternità. Fu lui a sostenere la nascita di un monastero femminile ad Acri, dove morì santamente il 30 ottobre del 1739. Dopo pochi anni furono avviate le inchieste canoniche per la beatificazione e il 9 dicembre del 1825 papa Leone XII lo iscrisse nell’albo dei Beati, presiedendo lui stesso il rito di beatificazione il 18 dicembre successivo in san Pietro. La devozione mai interrotta dei fedeli e dei suoi confratelli cappuccini, la venerazione della Chiesa cosentino-bisignanese per questo testimone, il cui corpo riposa nella basilica di Acri, ci porta oggi a godere di questo ulteriore dono che la Provvidenza fa alla nostra diocesi e alla Calabria: vedere un suo figlio elevato alla gloria degli altari.
2. Oggi più che mai queste figure di santità possono richiamarci alla fedeltà al Vangelo e alla nostra vocazione battesimale ricevuta e maturata in famiglia. La sua famiglia semplice e cristiana è stata la culla per pronunciare e rinnovare il suo “si” a Cristo. L’incontro con sacerdoti e frati di santa vita, Antonio da Olivadi e Bernardo da Corleone, è stato il richiamo costante a seguire Cristo umile e crocifisso. La capacità di vedere e sentire il dolore di tanti fratelli lo ha preparato ad essere anche un uomo di carità e di condivisione nei confronti di quanti bussavano alla porta del suo convento. La sua contemplazione del Crocifisso ed il suo costante ascolto della Parola lo faranno un grande annunciatore della buona notizia evangelica. Solo dopo essere stati discepoli, alla scuola del Maestro, si può essere ardenti apostoli della sua Parola. Da instancabile predicatore seppe additare il mistero della Passione come via di perfezione e non di mortificazione. Ancora oggi è forte ed attuale la centralità della Croce in un mondo che sembra rifuggirla, in una cultura che ritiene il benessere e le comodità la via della realizzazione piena e della felicità.
3. Nella sua spiritualità emerge un forte amore per l’Eucarestia, di cui era ministro, e per la Vergine Maria Addolorata, nel suo stare silenzioso e fecondo presso la Croce. Al primato della Parola Angelo coniugava fortemente la vita sacramentale, che indicava come “privilegiata” per la vita cristiana. La sua forza come pacificatore ed illuminatore di coscienze la trovava nel mirabile sacramento che lo apriva alla missione e alla carità. Tante volte, come emerge anche nel processo canonico, richiamando alla virtù della carità, distingueva il necessario dal superfluo. Egli diceva soprattutto a ricchi e benestanti che dopo aver tolto il necessario per le loro famiglie “tutto il resto era dovuto ai poveri per giustizia e non per elemosina”. In queste emerge il taglio sociale della sua predicazione in tutta la Calabria. Ogni suo servizio, ogni predicazione, ogni evento piccolo o grande della vita, il santo frate calabrese affidava a Maria che invocava come “Madre dei bisogni”, l’icona della Vergine Addolorata capace di accogliere nel cuore il dolore profetizzato dal santo Simeone ma anche di estendere così la sua maternità a tutti dolori del mondo.
4. Amava profondamente il suo Ordine ed il suo essere francescano, figlio spirituale del poverello d’Assisi. “È una grande grazia e una grande gloria essere cappuccini e veri figli di Francesco - diceva - ma bisogna conoscere e portare sempre con noi cinque gemme preziose: austerità, semplicità, esatta osservanza delle Costituzioni e della Serafica Regola, innocenza di vita e carità inesauribile”. In queste parole c’è il suo programma di vita che Egli ha incarnato concretamente nel convento di Acri e da Ministro provinciale, nella freschezza giovanile e negli acciacchi degli ultimi anni di vita. La sua delicata attenzione ai poveri e agli ultimi la si coglie nella particolare definizione che ne dava. Se nelle predicazioni innalzava “croci e calvari” come monito e ricordo della vita cristiana, visitando i tuguri dei poveri egli diceva: “quante croci coperte ci sono nella nostra terra”. Più volte, è testimoniato, egli criticava apertamente lo sfarzo della corte del principe di Bisignano dove venivano saziati anche i cani, mentre c’erano nei paesi tante persone, soprattutto tanti bambini affamati. Sapeva entrare nei palazzi del potere senza per questo perdere di vista il suo cammino, né attutire la franchezza apostolica del suo ministero.
5. Negli ultimi anni della vita, soprattutto dopo una terribile caduta tra Dipignano e Tessano, nell’Epifania del 1723, fu costretto a camminare appoggiandosi ad un bastone. Si preparò gradualmente all’incontro con il Signore pregando e facendo penitenza, offrendo la sua vita per la Chiesa, il suo Ordine e la sua amata cittadina di Acri. In una delle sue ultime apparizioni in pubblico, ai fedeli di Acri, raccomandò: “ricordatevi di me; conservate nel vostro cuore l’amore del SS Sacramento, che è Dio rimasto con noi, dopo essere morto per noi”; raccomando pure alcune devozioni, fra le quali “l’Orologio della Passione” come esperienza di contemplazione della Passione di Cristo. Morì, assetato d’amore per il Signore, pronunciando per molti giorni l’invocazione “Veni bone Jesu” il 30 ottobre 1739, dopo aver superato anche la tentazione di un sacerdote che gli chiedeva, vedendolo soffrire, dove fosse il suo Gesù. Egli rispose semplicemente “C’è”, con la certezza di chi lo contempla e che lo chiamava “il suo Gesù Cristo”. Se al momento della morte, la sua fama di santità si manifestò attraverso una folla inarrestabile che visitava la chiesa dei Cappuccini di Acri, possiamo dire che questo fiume di devozione ed affetto non si è mai arrestato in questi secoli, anzi, crescendo, ci dimostra, anche a distanza di anni, che Egli si è fatto strumento, a tanti, per ritrovare la fede, tornare al Signore, confidare nella sua Provvidenza.
Oggi ci ritroviamo, dopo alcuni secoli dalla sua testimonianza, a veder brillare l’ardore del suo amore per Cristo e per i fratelli, come esempio da imitare per la Chiesa universale. È una fiamma inarrestabile, attinta a quel Roveto che brucia e non si consuma, perché nella vita del Beato Angelo si è manifestata la potenza di Dio a servizio dei fratelli. E, parafrasando il Profeta Michea, anche noi vogliamo ripetere: e tu, Acri, non sarai la più piccola delle città della Calabria, perché in te il Signore ha compiuto meraviglie, suscitando anime generose e sante che rendono testimonianza all’amore di Dio per gli uomini: Padre Angelo, al secolo Luca Antonio Falcone, Mons. Francesco Maria Greco, Suor Maria Teresa de Vincenti, Suor Mariangela del Crocifisso…
E Speriamo anche ciascuno di noi !
Con grande gioia invitiamo tutti voi a partecipare al Rito di Canonizzazione presieduto da Papa Francesco in piazza San Pietro, il 15 ottobre, o a seguirlo attraverso i media, così come a prendere parte anche agli altri due eventi che celebreremo ad Acri come momenti di preghiera e rendimento di grazie al Signore: la Celebrazione di Ringraziamento ad Acri il 21 ottobre, presieduta dall’Arcivescovo e la Celebrazione Eucaristica nella Festa liturgica di S. Angelo, il 30 dello stesso mese, presieduta dal Ministro Generale dell’Ordine Cappuccino.
L’augurio che ci formuliamo a vicenda è di attingere anche noi a quel fuoco dell’Amore di Dio che ha infiammato il nostro Santo, avendo cura che non si spenga mai, anzi illumini il nostro cammino mentre andiamo incontro al Signore che viene, insieme a tutti fratelli, circondati e confortati da un così grande nugolo di testimoni, amici e potenti intercessori che il nostro Signore Gesù ci ha donato.
Invocando su tutti voi la benedizione del Signore per l’intercessione del novello Santo, vi auguriamo ogni bene e tanta serenità spirituale.
Cosenza, 4 Ottobre 2017
Festa di San Francesco d’Assisi
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