Libano: il “sogno di Chami” e dei giovani disabili del “Sesobel”
Continua il viaggio del gruppo dei giornalisti della Fisc in Libano dove oggi si festeggia l'Indipendenza. Con le dimissioni del premier Saad Hariri, il Paese dei Cedri, già segnato da una lunga guerra civile e da forti tensioni politiche, rischia di diventare un nuovo terreno di scontro tra l’Arabia Saudita sunnita e l’Iran sciita. Ma dal Libano arrivano anche messaggi di unità e di pace: a lanciarli i giovani disabili del Sesobel, associazione nata all'inizio della guerra civile per assistere persone diversamente abili e le loro famiglie: "Insieme si può costruire un Paese migliore". Il loro incontro con il gruppo della Fisc.
Credere, amare, accompagnare, riunire e testimoniare: in queste 5 parole è raccolto tutto il sogno di “Sesobel, Service social pour le bien-etre de l’enfant – Liban”, che si occupa di minori e adulti diversamente abili e delle loro famiglie. L’associazione nasce nel 1976, poco dopo l’inizio della guerra civile libanese durata circa 20 anni, per volontà di Yvonne Chami, un’infermiera. Dopo sei anni trascorsi in Viet Nam, Chami ritorna a Beirut dove trova impiego nella Pediatria dell’ospedale ortodosso di “Saint-Georges”. Qui si trova ad affrontare la realtà della disabilità davanti alla quale i bambini vengono nascosti, le famiglie si disgregano, lasciate sole dallo Stato che destina le proprie risorse per finanziare la guerra. È in questo clima che, grazie anche al sostegno della comunità cristiana locale, nasce il sogno di Chami: “Aiutare la vita dei bambini con disabilità, dalla nascita alla morte, per consentire loro di condurre una vita dignitosa e di diventare, a loro volta, testimoni e portatori di un messaggio per gli altri”. Oggi, dopo oltre 40 anni, le tensioni e le guerre nel Paese e nella Regione continuano: il Libano, con le dimissioni del premier, il sunnita Saad Hariri, rischia di diventare terreno di scontro tra due attori regionali, l’Arabia Saudita e l’Iran. L’eco della guerra in Siria e in Iraq rimbomba nel Paese dei Cedri che accoglie, secondo stime ufficiali almeno 1,2 milioni di rifugiati siriani, 1,8 stando a fonti locali. Oggi 22 novembre, festa dell’Indipendenza, alla parata militare assiste un Libano diviso, nonostante i manifesti con la faccia sorridente del premier dimissionario sparsi un po’ ovunque recanti lo slogan “siamo tutti con te”.
Ma il sogno di Chami resiste. Nel corso di questi anni sono migliaia i piccoli disabili e le loro famiglie cui Sesobel ha fornito assistenza medica, sociale, educativa, riabilitativa, lavorativa e scolastica attraverso un programma integrato offerto da personale specializzato, con l’ausilio di 250 operatori tra cui anche 21 giovani disabili che lavorano all’interno della struttura che si trova ad Aintoura-Kesrouan, a pochi chilometri da Beirut. Nell’ultimo anno (2016/2017) 1.486 bambini e giovani disabili, provenienti da 1.356 famiglie, hanno ricevuto cure da Sesobel, 1.172 i beneficiari di interventi esterni, 250 quelli assistiti nella sede di Aintoura. Sono stati proprio questi ultimi ad accogliere il 21 novembre il gruppo di giornalisti di testate diocesane appartenenti alla Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), in questi giorni in Libano per visitare progetti e interventi realizzati dalla Cei nel Paese dei Cedri grazie ai fondi dell’8xmille.
foto SIR/Marco Calvarese
È stata una grande festa, fatta di musica e sorrisi. “Oggi è la festa della gioia” le parole del canto che ha accolto il gruppo dei giornalisti guidato dal presidente della Fisc, don Adriano Bianchi, e da don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, l’ufficio della Cei cui Sesobel ha inoltrato una richiesta di sostegno finanziario per la costruzione del primo piano del nuovo Centro per bambini affetti da autismo. La speranza, non taciuta, dalla direttrice generale di Sesobel, Fadia Safi, è che anche la Cei possa abbracciare il sogno di Chami. Come 40 anni fa, “la situazione oggi non è facile – ha dichiarato la direttrice – sopravviviamo con le donazioni esterne, con partenariati nati sui progetti, con le attività di autofinanziamento promosse dai nostri amici e volontari. Lo Stato finanzia solo il 14% delle nostre attività, un impegno rimasto fermo a diversi anni fa e che dovrebbe essere indicizzato alla situazione sociale attuale così da rispondere al meglio alle tante richieste”. Molte di queste vengono anche da non libanesi, siriani, in particolare. “Il 4% dei nostri assistiti sono rifugiati siriani. Le nostre porte sono aperte a tutti – ha sottolineato Safi – e cerchiamo in tutti i modi di offrire il meglio a questi bambini e ragazzi e alle loro famiglie. Non facciamo distinzioni politiche, sociali, religiose o etniche. Dal 1976 moltissimi disabili sono stati accolti e curati, le loro famiglie aiutate. Nell’ultimo anno sono state 56. Il nostro ‘credo’ ribadisce che ogni persona disabile è un essere umano, un figlio di Dio, che ha bisogno di vivere nella dignità e nell’amore e che tutto ciò che abbiamo ricevuto come dono va messo al servizio dell’altro. Le difficoltà fanno parte della vita. Sta a noi uscirne vincitori”. Sul tavolo vengono portati, da alcuni giovani disabili, dei vassoi di dolci. Sono il frutto del lavoro nella pasticceria allestita nel centro. Ce ne sono altri impegnati in una falegnameria e in diversi laboratori di avviamento al lavoro. “Sono loro i protagonisti del nostro sogno che è anche la storia di un miracolo.
La Provvidenza ci accompagna dall’inizio della nostra missione e non ci ha mai abbandonato. Sarà così anche per il futuro. Credere, amare, accompagnare, riunire e testimoniare, è il nostro messaggio per il Libano. Tutti insieme possiamo costruire un Paese migliore”. Dal cuore pulsante dei giovani disabili del centro di Aintoura non poteva giungere un augurio più bello per la festa dell’Indipendenza del Libano.
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