Video in diretta. Arriva la tv fai da te
La società che gestisce "Twitter" ha presentato "Periscope": permetterà di diventare brodcaster in diretta di tutti i momenti più emozionanti della propria vita. Dai tramonti ai compleanni, dalle feste di laurea ai matrimoni. Enormi i campi di applicazione, dalla vita privata alle grandi produzioni, dallo sport al porno. Tanti interrogativi sul futuro del giornalismo televisivo professionale. E non solo…
Scordatevi Youtube. La nuova televisione sarà “social” in un modo completamente nuovo. Con Youtube gli utenti potevano caricare sul web e condividere i video fatti in casa. Con alcune nuove applicazioni che si stanno affacciando sul mercato invece, le persone che vorranno, potranno diventare veri e propri broadcaster. Si potranno mandare in onda, in diretta, i video delle esperienze che si stanno vivendo in quel momento. Le immagini, rigorosamente “live”, potranno essere condivise con tutti o solo con alcuni amici. Si tratta di una frontiera inedita della televisione. Ci avevano già provato in parecchi ma la tecnologia non era ancora pronta. Adesso però il mercato è cambiato. La connettività ultraveloce anche in mobilità ha fatto passi da gigante con il “4G” e gli smartphone sono ormai diventati un “must” per gli utenti di tutte le età. La società che gestisce “Twitter” ha così presentato un’applicazione che si chiama “Periscope”. Permetterà di diventare brodcaster in diretta di tutti i momenti più emozionanti della propria vita. Dai tramonti ai compleanni, dalle feste di laurea ai matrimoni. L'applicazione è stata sviluppata da una startup che è stata acquisita da Twitter a gennaio.
"Periscope” consente di trasmettere video in diretta. “Andando in diretta, in tempo reale, i follower possono commentare, condividere con altri e inviare apprezzamenti”, hanno spiegato i responsabili di Twitter. Quando finiscono le trasmissioni i video possono essere messi a disposizione per i “replay” fino a 24 ore, e possono essere salvati nel “rullino fotografico” dello smartphone dell’autore-broadcaster. Ci sarà anche la possibilità di avvisare con un tweet i propri follower dell’inizio di una nuova trasmissione in diretta. “Periscope” potrà essere utilizzato anche per le trasmissioni private. “Se si desidera trasmettere a persone specifiche, si preme l’icona del lucchetto prima di andare in diretta e si sceglie in questo modo chi si vuole invitare alla trasmissione”, spiegano. Sono inediti gli scenari che si aprono con questa applicazione. Potrà essere usato anche da persone famose che, in questo modo, potranno avere accesso direttamente al loro pubblico senza passare dagli editori o dai broadcaster. Hanno già cominciato a farlo in parecchi ma al di là degli aspetti “ludici” sono molte le preoccupazioni che l’applicazione sta facendo sorgere fra gli addetti ai lavori. Gli spettatori di una partita di calcio, per esempio, potranno condividere in diretta gol o momenti emozionanti, infischiandosene dei diritti miliardari di sfruttamento che le società sportive ogni anno vendono alle televisioni di tutto il mondo, un mercato miliardario che potrebbe uscire stravolto dall’uso “disinvolto” di “Periscope”. Il giornalismo televisivo, inoltre, invecchierebbe istantaneamente. La diretta televisiva senza filtri e senza il rispetto delle regole della deontologia potrebbe rivoluzionare senza rimedio il comparto delle news in tv. Per essere preoccupati, basterebbe pensare al cinismo dell’Isis su Youtube; dove potrebbero spingersi andando in “diretta” in tutto il mondo?
C’è infine il mondo del porno. La frontiera aperta da “Periscope” avrà conseguenze che saranno inevitabilmente molto inquietanti. Resta da domandarsi: Cui prodest? Perché c’è tutta questa attenzione per la televisione “autoprodotta” dagli utenti? La verità è che la tv tradizionale non è in grado di “intercettare” i gusti e le abitudini dei consumatori. Gli spettatori a casa sono ancora “coach potato”, sacchi di patate immobili e passivi di fronte all’offerta del broadcaster. Con i social come “Periscope” invece tradiscono gusti, aspettative e abitudini che vanno così a finire nei “big data” che alimentano le scelte di marketing e di comunicazione pubblicitaria delle grandi aziende dei beni di consumo.
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