Banchetto di comunione fraterna
«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui». Gv 6,56
Vangelo di Domenica 18 agosto 2024 (XX Domenica del Tempo Ordinario)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Commento al Vangelo a cura di Padre Francesco Patton (Custode di Terra Santa)
Continuiamo anche questa domenica le riflessioni eucaristiche suggeriteci dal capitolo sesto del vangelo di Giovanni. Eravamo partiti dalla condivisione, siamo passati attraverso l’educazione alla fede e alla gratuità, abbiamo scorto la portata esistenziale dell’Eucarestia e approdiamo oggi al suo significato di comunione fraterna.
Il termine comunione è così pregnante e pertinente, che perfino i bambini, conoscono l’espressione «fare la comunione». Ma che significa appunto «fare la comunione»? L’evangelista Giovanni non usa direttamente questa espressione ma termini quali «dimorare», oppure frasi articolate che sottolineano la comunione come un «vivere per», «essere per»: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (Gv 6,57). L’Eucarestia è pertanto la via che ci viene offerta per entrare in comunione con Gesù Cristo e, per mezzo di Lui con il Padre stesso nello Spirito. L’Eucarestia è il cibo che ci introduce nella vita di Dio, ci fa partecipare al rapporto di amore che unisce il Padre, il Figlio nello Spirito Santo. L’Eucarestia ci educa a «vivere per», ad «essere per», ci educa all’apertura, all’incontro, alla relazione, all’amore oblativo. Ci educa a ciascuna di queste dimensioni e ci introduce in ciascuna di esse. È segno e strumento di accesso a queste dimensioni.
Ma la comunione alla quale l’Eucarestia ci apre non è solo comunione personale con Dio. Vale la pena recuperare il contesto comunitario nel quale è avvenuta la moltiplicazione dei pani e nel quale Gesù sta parlando. La comunione è essenzialmente legata all’immagine del banchetto (nella prima lettura è presentato il banchetto imbandito dalla Sapienza, che il Nuovo Testamento identifica solitamente col Cristo stesso). L’altro volto della comunione è allora la fraternità. La comunione con Dio produce fraternità tra gli uomini. Da sempre chi è alla ricerca dell’autentica comunione con Dio si impegna altrettanto alacremente a far crescere in modo reale la fraternità tra gli uomini.
Il Vaticano II ha indicato nell’Eucarestia la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana, e ha auspicato la piena partecipazione di tutti i cristiani e di tutte le genti a questo banchetto imbandito da Cristo, perché ogni uomo possa entrare nella comunione della Trinità. La liturgia ci educa a pregare: “Rinnova, Signore, con la luce del Vangelo la tua Chiesa. Rafforza il vincolo di unità tra i fedeli e i pastori del tuo popolo, in unione con il nostro papa, il nostro vescovo e tutto l’ordine episcopale, perché il tuo popolo, in un mondo lacerato da lotte e discordie, risplenda come segno profetico di unità e di concordia” (Messale, Preghiera Eucaristica: La Chiesa in cammino verso l’unità).
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