Commento al Vangelo
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Segni di un mondo nuovo

«Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?» Gc 2,5

Segni di un mondo nuovo

Vangelo di Domenica 8 Settembre 2024 (XXIII Domenica del Tempo Ordinario)

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Commento al Vangelo a cura di Padre Francesco Patton (Custode di Terra Santa)

Le letture di questa domenica ci invitano ancora una volta a collegare tra loro tutta una serie di segni per scoprire la vicinanza, la venuta e la presenza del Regno di Dio in mezzo a noi. Sono segni di liberazione integrale, di liberazione che tocca tre ambiti particolari: l’ambito personale, quello “ecologico” e quello sociale.

La liberazione personale è espressa nella prima lettura e nel brano evangelico, e si manifesta come guarigione, come ribaltamento di situazioni: «si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Is 35, 5-6). L’azione di Gesù che guarisce il sordomuto indica che il regno di Dio è ormai presente, però non va frainteso e richiede approfondimento. È questo, tra l’altro, uno dei motivi  per cui Gesù insiste nel voler mantenere il segreto sui miracoli che compie: non vuole appunto essere frainteso e strumentalizzato.

La liberazione in chiave “ecologica” è individuabile sempre nella prima lettura, lì dove sottolinea che la venuta di Dio e del suo regno coinvolge tutta la creazione, coinvolge anche gli elementi naturali, è la natura stessa a venir risanata: «scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua» (Is 35,6-7). Nella Lettera ai Romani san Paolo dirà che la creazione stessa è stata sottoposta alla caducità nella speranza di essere liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio (cfr. Rm 8,20-21).

L’ambito sociale è infine evidenziato dalla lettera di Giacomo che è tutta pervasa da un profondo afflato di giustizia sociale. Per Giacomo il regno di Dio è già stato inaugurato dalla venuta di Gesù, ed è proprio in virtù della comune fede che non si possono più compiere o tollerare favoritismi all’interno della comunità cristiana: «Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali» (Gc 2,1). Tutto il brano è una esemplificazione di questo principio.

Queste diverse forme di liberazione ci sono state offerte come dono da accogliere e come impegno da realizzare. Sono forme di liberazione che stanno agendo nella nostra vita e crescono nel mondo e nella storia secondo la logica del seme che (l’abbiamo visto durante l’estate) solo gradualmente si tramuta in pianta capace di frutti. Queste diverse forme di rinnovamento e liberazione dovrebbero spingerci a un impegno costante verso i poveri e verso il creato, in termini personali ma anche come comunità, non per assecondare una moda passeggera, ma per dare concretezza alla nostra fede, come ci suggerisce l’apostolo Giacomo, il grande paladino della dimensione sociale ed esistenziale della nostra fede.

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