"Campo scuola PGS per essere 'alleducatori'

"Un’esperienza all’insegna dello spirito salesiano per uno sport che educhi alla sana competizione". Demetrio Rosace, presidente delle Polisportive Giovanili Salesiane (PGS) della Calabria descrive così il campo scuola per formare "alleducatori" in corso in questi giorni a Casole Bruzio (CS). L'evento - a conclusione del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco - "vede la presenza di 35 campisti tra i 16 e i 30 anni, alcuni provenienti anche dalla Campania" e quest'anno punta l'attenzione sulle discipline della pallavolo e del calcio a 5. Fra i presenti, anche quattro giovani della diocesi di Cosenza - Bisignano, grazie allo zelo e all'interessamento pastorale del responsabile diocesano, don Tonino Riccio. E' proprio don Riccio ad auspicare "una crescita della realtà PGS all'interno del territorio diocesano e calabrese, per favorire l'animazione negli oratori secondo lo spirito di Don Bosco".

E' proprio il santo torinese l'ispirazione della settimana di Casole Bruzio. "Non facciamo solo un corso di formazione perché si riduce unicamente a un apprendimento di nozioni - chiosa Demetrio Rosace - invece abbiamo organizzato un campo scuola perché solo attraverso di esso si crea un'esperienza di condivisione e amicizia, al di là dei contenuti tecnici". E' da qui che nasce la figura dell' "alleducatore", che "segue i ragazzi sotto l'aspetto tecnico ed educativo. Non a caso, nel corso delle giornate stiamo realizzando dei laboratori educativi e anche spirituali, attraverso la celebrazione dei sacramenti". Il tutto, "secondo i metodo preventivo di don Bosco e lo stile educativo salesiano", perché attraverso di esso "venga realizzata in favore dei giovani un'educazione completa, globale".

Le giornate, a Casole Bruzio, si svolgono tra il lavoro e l'amicizia. Ogni giornata è dedicata a carpire i segreti per essere "alleducatori" di una fascia di età specifica dei giovani. una esperienza entusiasmante, che trae certamente forza e alimento dalla grande passione di San Giovanni Bosco, che se ne andava per la bella e povera Torino chiamando a sé i giovani più disagiati oltre le porte della città. Che quei giovani guardava dalle finestre della sua casa, invitandoli a stare insieme, a giocare e pregare. Per crescere.