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Il nuovo anno accademico del master in intelligence: l'uomo al centro del dibattito

La relazione del direttore Mario Caligiuri sull'intelligence come fenomeno da contestualizzare nel contesto culturale, sociale e antropologico di riferimento. 

“Ai bordi del caos” è il titolo della lezione di Mario Caligiuri, Direttore del Master e Presidente della Società Italiana di Intelligence, con cui si è inaugurata la dodicesima edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria. Nel sottolineare che l’intelligence è un fenomeno sociale che va contestualizzato nel contesto culturale, il docente ha evidenziato la fase di profonda trasformazione sociale di enorme portata, paragonabile al “passaggio tra l’uomo di Neanderthal e l’uomo Sapiens, come effetto inevitabile dell’ibridazione tra uomo e macchina. “Si tratta di cambiamenti sconvolgenti – ha detto - perché stiamo vivendo contemporaneamente in tre dimensioni differenti: quella fisica, quella virtuale e quella ibridata tra uomo e macchina”. Ha poi evidenziato come sia difficile, per una società organizzata soltanto sulla dimensione fisica, individuare le parole, i concetti culturali e le categorie mentali per descrivere la realtà attuale. “Le parole - ha ricordato – sono “atti di identità” che fanno prendere corpo alla realtà”. Ha poi proseguito sostenendo che l’odierna debolezza educativa incide direttamente sulla sicurezza nazionale. Caligiuri ha spiegato che con il termine “Intelligence” si descrivono tre diversi ambiti: il primo è un apparato dello Stato, il secondo è un metodo della trattazione delle informazioni e, infine, rappresenta il complesso delle funzioni che utilizza la raccolta, l’analisi e l’utilizzo delle informazioni come base di ogni processo decisionale. Il docente ha sottolineato l’importanza dell’intelligence come una contemporanea “necessità sociale”, per comprendere la “società della disinformazione”, caratterizzata dalla dismisura dell’informazione e dal basso livello di istruzione dei cittadini., creando un “corto circuito cognitivo” che allontana dalla comprensione della realtà. Pertanto, la disinformazione si potrebbe considerare come l’emergenza democratica ed educativa del nostro tempo, soprattutto per un Paese come l’Italia che presenta un alto tasso di analfabetismo funzionale, in cui la carenza culturale indebolisce la democrazia.

Tutto questo incide sulla sicurezza, che rappresenta il “bene costituzionale preminente”, come definito nella sentenza della Corte Costituzionale 86/1977, che ha determinato la prima regolamentazione dell’intelligence nel nostro Paese. La percezione dell’intelligence – secondo Caligiuri - ha registrato a livello globale una profonda trasformazione culturale nel gennaio del 2015 a seguito dell’attentato alla redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” a Parigi: da allora l’intelligence da luogo oscuro dello Stato viene considerato come uno strumento fondamentale per difendere le democrazie dal terrore.“L’intelligence – ha ribadito – è uno strumento fondamentale per comprendere la realtà, individuando le informazioni rilevanti per limitare la disinformazione e la manipolazione, in un periodo in cui il disagio sociale aumenta da tempo, anche a causa dello scontro in atto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, riguardo alla quale non è stata ancora maturata una adeguata consapevolezza sulle conseguenze del suo sviluppo incontrollato.Caligiuri ha poi ricordato come la conoscenza delle informazioni ha da sempre rappresentato una discriminante essenziale per la sopravvivenza degli esseri umani ed è ancora più importante oggi cogliere i segnali deboli, molto meno visibili dei segnali forti, che però spesso non aiutano a comprendere l’essenza autentica dei fenomeni. L’intelligence, pertanto, va inquadrata nella sua autentica natura che è quella culturale,Il docente ha poi ricordato l’affermazione del capo dell’intelligence tedesca Eckart Werthebach secondo il quale, già nel 1994, “il XXI secolo sarà distinto da una lotta senza quartiere tra stati legali e i poteri criminali”. La globalizzazione – ha spiegato - crea asimmetrie profonde tra Stati democratici e “antistati”, ovvero gli stati autocratici, le multinazionali finanziarie e le organizzazioni del crimine e del terrore.Gli stati, che sono caratterizzati da apparati burocratici, soggiacciono inevitabilmente a regole che ne limitano la velocità e l’efficienza, contrariamente alle organizzazioni che non si fondano sul rispetto delle leggi e pertanto non hanno alcuna limitazione, non hanno imposizioni di natura territoriale, non limitate risorse finanziarie e, soprattutto, selezionano le proprie élite per cooptazione in base al merito e alle qualità individuali, elementi determinanti per la sopravvivenza delle rispettive organizzazioni.Il docente ha quindi evidenziato che il dominio del mondo potrebbe presto avvenire non più attraverso le tradizionali categorie teoriche offerte dalla geopolitica, che spaziano dal controllo del mare, del centro del mondo identificato con l’Asia Centrale, dell’aria e dello spazio. Infatti, secondo Caligiuri, oggi , tramite gli algoritmi del cyberspazio, “il campo di battaglia è diventato la mente delle persone”, essendo prossima la possibilità di collegamento a internet per la totalità della popolazione mondiale già intorno al 2030. “Le prossime guerre – ha ipotizzato - saranno di natura economica e culturale, mentre l’obiettivo del “capitalismo della sorveglianza” saranno i consumatori, nella incombente dimensione digitale dove si fondono non solo vero e falso ma anche legale e illegale, diventando difficilmente distinguibili. In uno scenario di crisi della democrazia, per Caligiuri l’intelligence rappresenta l’essenza del deep state, dello stato profondo, rappresentando la continuità e la stabilità delle istituzioni democratiche, prescindendo dalle cangianti maggioranze parlamentari. In tale quadro, è proprio l’intelligence che può difendere la democrazia da sé stessa e dalle sue degenerazioni, come aveva già spiegato Aristotele nel quarto secolo avanti Cristo.

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