Le edicole votive dei Firrao restituite alla chiesa del Santissimo Crocifisso
La cerimonia nel chiostro del Santuario diocesano alla presenza degli esperti che hanno coordinato e reso possibile il lavoro di riqualifica delle due opere.
Il bianco delle due edicole votive dedicate a Cesare e Antonio Firrao risalta ancora di più grazie al nero del pannello sopra il quale sono appoggiate. Uno stratagemma quanto strutturale tanto scenico perché l’importanza del loro restauro appaia manifesta in tutto il suo valore storico. Nel salone di San Francesco all’interno del Chiostro della Riforma del convento del Santissimo Crocifisso di Cosenza, martedì 16 luglio, in occasione della conferenza di presentazione “Il ritrovamento e il restauro delle edicole barocche dei Firrao” in prima fila c’erano gli esperti che hanno coordinato e reso possibile il lavoro di riqualifica delle due opere. Tra il numeroso pubblico, soprattutto i ragazzi del Corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, esecutori fattuali del restauro. A moderare Roberta Zappalà, docente del Liceo delle Scienze Umane De Vincenti e collaboratrice di Parola di Vita.
Nei saluti dei primi quattro relatori, il continuo interscambio tra bellezza, storia, territorio e religione, per celebrare le due edicole che hanno rischiato di andare perdute dopo che, durante la Seconda Guerra Mondiale – precisamente nel 1943 – la chiesa del Santissimo Crocifisso era stata bombardata.
Viva l’emozione di frate Pietro Ammendola, ministro provinciale dell’Ordine dei cappuccini di Calabria, nel “rivedere nel loro antico splendore due pezzi del Seicento che caratterizzano la storia dell’arte di Cosenza e che erano già stati parte dell’arredo della Chiesa del Crocifisso negli scorsi decenni”. A fargli eco Pasquale Perri, direttore generale della casa di San Francesco, che ha sottolineato come la presenza dei frati cappuccini a Cosenza abbia vivacizzato la produzione artistica dell’intera città. E di valorizzazione del territorio ha parlato anche Mario Pagano, Soprintendente dei Beni Archeologici per le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone. Nelle sue parole l’orgoglio di un restauro portato avanti sia “stando vicino al territorio” che “testimoniando un’epoca di interazioni culturali e artistiche tra Napoli, Roma e la Calabria”. Ha chiuso la prima parte della conferenza l’intervento di Gino Mirocle Crisci, Magnifico Rettore dell’Università della Calabria, che ha esortato il pubblico a riconoscere il lavoro di studenti e docenti, pronti a lavorare insieme coscienti dei propri mezzi e delle proprie qualità, per permettere alla Calabria di compiere il grande passo per il decisivo salto di qualità. In questo contesto, quindi, i beni culturali “devono tornare a essere monumento e non devono essere trattati male, venendo anzi conservati innanzitutto per la loro storia”.
L
’incontro è entrato nel vivo con le tre relazioni dedicate agli aspetti storici, artistici e di restauro delle due edicole votive. Il restauratore Murat Cura ha descritto le principali fasi del lavoro di riqualifica delle opere: consolidamento, pulitura meccanica, valutazione del degrado – causato principalmente dall’accumularsi di croste nere dovute alla calcificazione posteriore ai bombardamenti del 1943 –, pulitura chimica e incollatura dei diversi frammenti.
A seguire, l’architetto Mario Panarello ha tracciato un excursus storico-artistico ricco di curiosità sulle circostanze che hanno portato alla committenza delle due edicole votive e preciso nel tracciare una continuità stilistica tra i marmi cinquecenteschi usati per sorreggere i busti dei Ferrao e il motivo a dorso di bruco, tipico dell’arte italiana seicentesca. In chiusura, le parole della professoressa Donatella Barca, coordinatore del Corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, che ha spiegato come la sinergia tra studenti, docenti e coordinatori sia stata fondamentale per portare a termine il restauro delle due edicole votive e ha sottolineato l’importanza di un approccio multi-disciplinare e multi-analitico, basato soprattutto su un’attenta diagnostica e su un’intensa attività cantieristica e di laboratorio, per restituire alla cittadinanza quanti più beni culturali riportati all’antico splendore.
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