Presentato il rapporto sull'economia cosentina
Cresce il numero degli occupati extracomunitari, triplica la presenza delle aziende attive sul territorio regionale. E, intanto,malgrado un basso livello di integrazione, arriva la denuncia sul caporalato: immigrati sfruttati secondo 7 imprenditori su 10.
Le circa 14 mila imprese straniere in Calabria hanno prodotto oltre un miliardo di ricchezza, un valore aggiunto pari al 4,9% del prodotto interno lordo regionale. Nell’ultimo decennioè triplicato il numero degli stranieri in Calabria superando, nel 2016, la soglia delle 100 mila presenze.Cresciuto anche il numero dei lavoratori extracomunitari: 22.467 unità con un incremento pari al 45,6% rispetto al 2007. Prevale il livello di chiusura degli imprenditori nei confronti degli immigrati.Dallo studio, inoltre, è emerso il giro d’affari dell’accoglienza clandestina: 4,2 miliardi di introiti nelle tasche della criminalità organizzata. Sul versante della congiuntura economica, l’indagine continuativa annuale mostra un 2016 caratterizzato da una condizione di sostanziale stabilità congiunturale dopo i segnali di miglioramento dall’inizio crisi (2008), stabilità confermata anche per il 2017 dalle previsioni formulate dagli imprenditori. Una quota consistente di imprese, infine, sta ancora scontando gli effetti della crisi economica: l’indice di fiducia si attesta all’85,5 segnando una flessione di 4 punti rispetto all’anno precedente (nel 2016 era pari al 89,5).è il quadro che emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.
«Negli ultimi dieci anni, – dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – il numero degli stranieri in Calabria è triplicato, in provincia di Cosenza addirittura quadruplicato. Ciò ha prodotto importanti cambiamenti nell’assetto sociale ed economico del territorio determinando, da un lato, problemi di integrazione e sostenibilità ma, dall’altro lato, producendo benefici per il contributo che gli immigrati forniscono in alcuni ambiti e settori economici, nella ripresa dei processi demografici e nell’arricchimento culturale derivante dal confronto con diverse civiltà e stili di vita. Un apporto, ad oggi, - spiega Nicola Paldino - poco valorizzato dal sistema imprenditoriale regionale, ancora confinato nelle fasce più basse della piramide occupazionale. A fronte di un notevole calo dell’occupazione “autoctona”, nel corso degli ultimi anni, l’occupazione degli stranieri, al contrario, aumenta divenendo indispensabile principalmente nei settori ad alta intensità di lavoro e rispondendo a specifici fabbisogni di manodopera altrimenti insoddisfatti. In questo contesto, - concludeil presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – le politiche pubbliche, volte sia a favorire l’accoglienza dei nuovi venuti, sia a prevenire e reprimere i fenomeni di irregolarità e criminalità, assumono un rilievo particolare e richiedono un forte coordinamento fra politiche sociali in senso lato e politiche per il lavoro e per la formazione, per rispondere efficacemente ai bisogni della persona e della sua comunità familiare e sociale».
«Nonostante, la nostra indagine, – commenta il direttore dell’istituto Demoskopika, Nino Floro – abbia evidenziato il significativo contributo degli stranieri alla ricchezza regionale, il tessuto produttivo calabrese non percepisce l’immigrazione nella sua dimensione economica manifestando un basso livello di apertura. Due imprenditori su tre, infatti, sono convinti che il contributo all’economia degli immigrati sia scarso o poco rilevante o comunque minore rispetto ai benefici ottenuti. Inoltre, l’indagine conferma lo scarso impiego delle risorse umane, culturali, linguistiche e relazionali di cui gli immigrati sono portatori. Lo spaccato che emerge dal sentiment degli imprenditori – conclude Nino Floro - sembra piuttosto chiaro: la persistenti criticità economiche e sociali regionali condizionano il processo di integrazione con gli immigrati, a loro volta catapultati in una realtà di diffusa precarietà e irregolarità caratterizzata dal fenomeno del lavoro nero, dallo sfruttamento e dalla segregazione occupazionale specie in alcuni settori, come in quello agricolo, spesso ad opera di reti criminali».
Demografia. Calabria: triplicato numero degli stranieri nell’ultimo decennio. Dal 2005 al 2016, la Calabria ha visto triplicato il numero di residenti stranieri che passano dai 33.525 agli attuali 102.824. La provincia cosentina registra un incremento ancora più consistente quadruplicando le presenze straniere (da 8.477 a 33.410) e concentrando nel proprio territorio il 32,5% delle presenze complessive calabresi. In dieci anni, gli stranieri residenti sul territorio regionale e in provincia di Cosenza sono aumentati rispettivamente del 207% e del 294%. La prima comunità nazionale presente in regione e in provincia risulta essere quella rumena rispettivamente con 34.076 (33,1% del totale regionale) e 13.937 presenze (41,7% del totale provinciale), seguita da quella marocchina con 14.392 (14%) e 3.286 (9,8%) presenze. Seguono a distanza sia in Calabria che nel territorio cosentino le comunità ucraine e bulgare.
Lavoro extracomunitario: in Calabria incidenza quasi doppia a quella del Sud. Nel 2015 il numero dei lavori dipendenti extracomunitari in Italia è stato pari a 1.174.218 a fronte di un totale di 14.247.179. In termini percentuali gli extracomunitari rappresentano l’8,2% del totale dei lavoratori (9,8% uomini e 6,1% donne). Nel confronto con l’Italia e le altre aree del Centro-Nord, la Calabria e la provincia di Cosenza presentano una quota di lavoratori extracomunitari più contenuta, rispettivamente pari al 5,8% e 4,4% ma comunque superiore a quella media del Sud (3,2%) e delle Isole (1,9%). Se consideriamo il numero complessivo dei lavoratori extracomunitari sia autonomi che dipendenti l’incidenza percentuale sul totale rimane quasi invariata: 6,2% Calabria e 4,5% Cosenza. Nell’analisi dell’andamento di lungo periodo, in otto anni dal 2007 al 2015, sia in regione che in provincia si è avuta una crescita del numero complessivo di lavoratori extracomunitari: +45,6% passando da 15.434 a 22.467 in Calabria e da 4.147 a 5.795 a Cosenza che registra un +39,8% (a fronte del 25,9% del dato medio italiano). Riguardo i paesi di provenienza, per la Calabria, in testa per numerosità troviamo i lavoratori del Marocco (32,2%) Ucraini (12,2%) e Indiani (11,1%) che insieme rappresentano oltre il 55% del totale. La provincia cosentina allo stesso modo della regione vede ai primi due posti i lavoratori marocchini (26,4%) e ucraini (14,2%), seguiti dai lavoratori albanesi (12,4%) cinesi (8,3%) e filippini (7,6%).
Andamento: crescita del 3,8% delle imprese straniere in Calabria.Nel 2016, gli imprenditori stranieri in Calabria, secondo i dati del Centro Studi Unioncamere, sono pari a 13.591 e a 4.174 in provincia Cosenza, con un incremento rispettivamente del 3,8% e 3,2% rispetto all’anno precedente; variazioni in linea con il dato medio italiano che è stato pari al 3,3%. In valore assoluto, la provincia di Reggio Calabria e di Cosenza ospitano la maggiore quota di imprenditori stranieri, rispettivamente il 32,2% e il 30,7% del totale regionale, seguite da Catanzaro con il 25,7%.
Relativamente ai settori di attività, il principale per presenza di imprenditori stranieri è il commercio: per la Calabria le imprese commerciali rappresentano il 75,1% del totale, per la provincia cosentina il 64,2%, a seguire le imprese operanti nel settore dei servizi con l’11,4% e il 16,7% dei casi, le imprese edili 6,2% e 8,6%, mentre le meno numerose sono le imprese agricole (3,8% Calabria e 5,9% Cosenza) e dell’industria in senso stretto (3,6% regione e 4,6% provincia).
Ricchezza: le aziende straniere “muovono” il Pil calabrese con 1.014 milioni di euro. Le oltre13 mila imprese calabresi, condotte da stranieri, contribuirebbero con oltre un miliardo (1.014 milioni di euro) alla creazione del 4,9% del valore aggiunto regionale. È questa la stima dell’Istituto Demoskopika realizzata analizzando i dati più recenti sulla contabilità regionale e provinciale aggiornati per settore. In provincia di Cosenza l’apporto, sempre in termine di incidenza, sarebbe ancora maggiore: quasi mezzo miliardo di euro (478,6 milioni di euro), pari al 6,9% del totale valore aggiunto provinciale. A livello nazionale l’apporto economico delle imprese guidate da stranieri è pari al 7% del totale valore aggiunto italiano. Sia per l’intero territorio regionale che per la provincia cosentina il contributo maggiore deriverebbe dalle imprese straniere operanti nel settore del commercio; per entrambe le aree si registra quasi la stessa incidenza sullo stesso comparto rispettivamente il 14,7% e il 13,7%.
Sfruttamento e sommerso degli immigrati: diffuso per il 73,7% degli imprenditori. Sul fenomeno dello sfruttamento del lavoro degli immigrati e del lavoro sommerso sono stati ascoltati gli imprenditori cosentini che ne confermano una forte e radicata presenza anche nella loro zona. Sono quasi tre su quattro (il 73,7%) a denunciare che lo sfruttamento dei lavoratori immigrati è molto (20,6%) e abbastanza diffuso (53,1%), in pochissimi evidenziano l’assenza del fenomeno (solo per il 3,7% è per niente diffuso) mentre per il 22,6%, anche se poco, è presente. Gli imprenditori che più degli altri evidenziano una maggiore diffusione del fenomeno sono quelli dei servizi (84,3%), seguiti subito dopo dagli imprenditori del settore edile (78%) e dell’agricoltura (73,2%).
“Integrazione occupazionale”: quasi inesistenti in organico stranieri “ad alta specializzazione”. Solo il 9,2% degli imprenditori dichiara di avere nel proprio organico lavoratori stranieri. Rispetto al livello occupazionale la maggioranza di questi, il 48,6%, ricopre mansioni non qualificate, di operaio non specializzato, bracciante agricolo, ecc., un dato questo perfettamente in linea con la tendenza generale registrata a livello nazionale; il 43,2% è operaio specializzato o svolge lavori di tipo artigianale, il 13,5% riguarda addetti qualificati nelle attività commerciali e nei servizi (es. cameriere, commesso, cuoco, addetto alle vendite, assistenza personale, ecc.), mentre in pochissimi sono gli stranieri che lavorano come tecnici specializzati non laureati (2,7%) e praticamente inesistenti gli impiegati d’ufficio e le figure di elevata specializzazione, come le professioni intellettuali, scientifiche (dirigente, quadro). Sulla propensione futura di impiegare, qualora c’è ne fosse la possibilità, lavoratori stranieri, il campione appare perfettamente diviso tra risposte negative, il 45,8%, e risposte positive, il 45%.
Sentiment: prevale un orientamento guardingo e diffidente."Gli immigrati stanno invadendo le città; prima li controllavano perché erano pochi, ma ora arrivano in migliaia". È questa l’espressione che, con il 78,6%, raccoglie il livello di condivisione maggiore tra gli imprenditori.La frase con il secondo più alto assenso è ancora a polarità negativa e sottolinea l’associazione immigrazione-criminalità: il 65,6% del campione è abbastanza/molto d’accordo con la frase “l’aumento del numero di immigrati favorisce l’aumento della criminalità e del terrorismo”. Questoorientamento negativo, molto probabilmente alimentato dai mezzi di comunicazione dopo i recenti attentati terroristici, – si legge nello studio -si è sicuramente rafforzato tra gli imprenditori.
Tuttavia, oltre la maggioranza degli intervistati sembra credere, essendo molto/abbastanza d’accordo (63,4%), che i comportamenti illegali degli immigrati siano legati alle condizioni nelle quali essi vivono. A seguire la frase con il più alto assenso (49,7% molto/abbastanza d’accordo), questa volta a polarità positiva,riguarda l’arricchimento culturale che può provenire dall’incontro con l’alterità: "l'immigrazione dei cittadini stranieri è positiva perché permette il confronto tra culture diverse". Si può, quindi, osservare che timori e diffidenze nei riguardi degli immigrati sono ancora largamente diffusi, malgradosono stato rilevate significative posizioni di apertura.
Adattamenti culturali: stranieri si adeguino agli usi e costumi italiani. Nonostante la frase “L'immigrazione dei cittadini stranieri è positiva perché permette il confronto tra culture diverse” sia stata una delle più accettate, alla domanda su cosa dovrebbero fare gli uffici pubblici e i luoghi di lavoro per permettere agli stranieri di mantenere i propri usi e costumi, tre intervistati su quattro (74,6%) ha risposto che devono essere gli immigrati ad adeguarsi completamente. Pochi, il 6,5%, hanno risposto che dovrebbero essere gli uffici ad adeguarsi completamente e il 17,2% solo alle necessità più importanti.
Diritto di voto agli immigrati: favorevole la metà degli intervistati.Non c’è una netta maggioranza a favore del diritto di voto: il 46% è d’accordo a concederlo sia per le elezioni amministrative che politiche, mentre sul fronte opposto per il 38% “Gli immigrati, pur residenti in Italia da alcuni anni, non dovrebbero avere diritto di voto”. Una percentuale ancora più contenuta, invece, il 15,9%, auspicherebbe il diritto di voto solo alle elezioni amministrative. Nonostante, quindi, la storia dell’immigrazione in Italia inizi ad avere qualche decennio e gli immigrati stessi si stabilizzino sul territorio rendendo questo fenomeno non più soltanto emergenziale, almeno i nostri intervistati non sembrano voler prendere atto della presenza di nuovi membri della collettività i quali, in quanto stabili, dovrebbero poter contare qualcosa almeno nelle decisioni mediante il voto.
Sbarchi. Giro d’affari da 4,2 miliardi per la criminalità organizzata. Gli sbarchi di oltre 700 mila migranti nelle coste italiane hanno generato un guadagno illecito pari a ben 4,2 miliardi di euro con un incremento di oltre 300 punti percentuali nel triennio 2014-2016 rispetto al triennio precedente. La criminalità organizzata italiana, ha concesso ai gruppi criminali trasnazionali, con in testa le organizzazioni cinesi, magrebine, nigeriane e albanesi, di poter gestire l’intera filiera del traffico degli esseri umani. In cambio del denaro per il trasferimento e i servizi annessi, spesso anticipato dal trafficante, i migranti sono totalmente asserviti alle organizzazioni criminali almeno fino all’estinzione del debito contratto. Il placet di ‘ndrangheta, mafia, camorra e sacra corona unita avviene per alcuni motivi prioritari. In primo luogo, la concessione dei sodalizi criminali italiani, ‘ndrangheta in testa, alle organizzazioni di trafficanti di esseri umani ottiene il beneficio di una “complicità criminale organizzativa” di queste ultime nel mercato degli stupefacenti il cui giro d’affari è, senza alcun dubbio, più remunerativo dell’arrivo dei clandestini. In secondo luogo, perché la criminalità organizzata italiana può ottenere elevati guadagni da appalti e subappalti, vinti al ribasso, potendo disporre di un esercito di lavoratori a basso costo.
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