Quando l’altro è la mia terra straniera: partire dallo sguardo per promuovere un modello sociale di integrazione da sviluppare nel rispetto delle differenze
A Vaccarizzo Albanese, seconda tappa del Festival itinerante delle Migrazioni.
“Resistenza è inclusione e solidarietà”: questo il titolo dell’incontro tenutosi ieri, a Vaccarizzo Albanese, nel secondo appuntamento di programma del “Festival delle Migrazioni” promosso dall’Associazione don Vincenzo Matrangolo ETS di Acquaformosa. Il Festival, giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione, presenta occasioni di dialogo e di pacificazione, di incontro e di risveglio delle coscienze per la promozione di un modello sociale interculturale di integrazione a sostegno dei valori dell’accoglienza e della pacifica convivenza. Alla stregua del ‘modello Riace’, le comunità ospitanti il Festival testimoniano, con le proprie realtà, la possibilità di sviluppare un’educazione interculturale tangibile che, nella condivisione dei saperi, sappia saggiamente ‘coabitare’ nel rispetto delle diversità culturali.
Partire dallo sguardo, è il suggerimento condiviso dal Prof. Maurizio Ambrosini, docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano e direttore della rivista ‘Mondi migranti’. Nel panel intitolato ‘L’inclusione è un processo collettivo’, il Prof. Ambrosini, partendo da un’analisi terminologica, ha evidenziato come una visione stereotipata e negativa del termine ‘immigrato’ possa influire, in modo pregiudizievole, sulla visione identitaria della persona. La connotazione negativa in termini trova spazio in un immaginario alterato del fenomeno migratorio che, collocando la persona immigrata in una condizione di inferiorità e marginalità socio-culturale, ostacola di fatto il sostegno di un dovere morale, civico e politico proprio, come quello dell’accoglienza. L’Italia, presentata da sempre come campo profughi d’Europa, nel 2023, secondo Eurostat, risulta quarta nella classifica delle richieste di asilo, seguendo Paesi come la Germania, la Francia e la Spagna. “Siamo al 3,6% della popolazione mondiale. Questo significa che il 96% di essere umani non emigra per quanto male stia nel suo Paese. Si stima che circa 900 milioni di esseri umani vivano con meno di due $ al giorno, quindi sotto la soglia della povertà assoluta, eppure gli emigrati sono in minoranza. Per emigrare occorrono delle risorse: risorse economiche, risorse culturali. Per esempio, emigra maggiormente chi è istruito; servono risorse sociali, emigra chi ha dei parenti o dei contatti” commenta il Prof. Ambrosini evidenziando come un’analisi superficiale possa ostacolare la conoscenza di un fenomeno ben più complesso. “Abbiamo bisogno di uno sguardo meno ansiogeno. […] Abbiamo bisogno di capire che i nostri problemi non derivano dall’arrivo di immigrati ma da altre cause e che, anzi, gli immigrati ci aiutano a sanare promuovendo lo sviluppo economico e la copertura di un fabbisogno lavorativo al momento scoperto” aggiunge; nel corso dello stesso intervento le riflessioni di Rita Coco, giurista, sul progetto ‘Scuole Aperte’ come esempio di un’intercultura ‘incarnata’ e sulla necessità di mediatori linguistici e culturali nell’ambito scuola.
Nel secondo panel, moderato da Gennaro Ponte, assistente sociale specialista, gli interventi di Edgar Serrano, manager didattico dell’Università di Padova, e Maria Ilaria De Bonis, giornalista. L’incontro dal titolo “Il Piano Mattei, cooperazione o colonialismo?”, volutamente provocatorio, va smascherando la strumentalità di documento programmatico sostanzialmente inesistente.
Nel terzo ed ultimo appuntamento di programma l’intervista condotta dal giornalista Marco Innocente Furina a Patrick Zaki, attivista per i diritti umani, che ha parlato dei dolorosi momenti legati al suo rapimento e alla prigionia.
Da Giovanni Manoccio, Presidente dell’Associazione don Vincenzo Matrangolo, un commento per PdV: “Parliamo di resistenza a tutto tondo: di resistenza contro lo spopolamento, di resistenza rispetto ai poteri forti, di resistenza rispetto al fatto di dividere il mondo tra poveri e ricchi, di resistenza rispetto all’autonomia differenziata che renderà i nostri paesini sempre più poveri… queste sono le tematiche che affronteremo nel corso di queste giornate; momenti di riflessione cadenzati da altre persone che, attraverso la musica, vogliono dare dei messaggi che si coniugano con quella che è la mission di questo Festival”.
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