Abusi nella Chiesa? Meglio prevenire
Un nuovo volume della giornalista Luisa Bove affronta un problema delicato, complesso e - purtroppo - attuale. La Chiesa, sulla spinta dei Pontefici, sta prendendo le necessarie contromisure e in alcuni Paesi, tristemente toccati dal fenomeno ("che non si può e non si deve più ignorare, nascondere o sottovalutare"), i risultati sono visibili. Ma occorre una costante e diffusa vigilanza e una reale protezione per le vittime potenziali.
Prevenzione e formazione: su queste due direttrici si muove il libro “Abusi sessuali nella Chiesa? Meglio prevenire”, curato da Luisa Bove, giornalista in forza ai media della diocesi di Milano, autrice di diverse biografie fra cui quelle del cardinale Martini, di don Gnocchi e di suor Enrichetta Alfieri. La pubblicazione (edita da Àncora) comprende contributi di Enrico Parolari, Hans Zollner, Anna Deodato, Alessandro Manenti, Gottfried Ugolini, Gianluca Bernardini. Il libro si concentra su un tema delicatissimo, controverso, purtroppo attuale che Bove aveva già affrontato in “Giulia e il lupo. Storia di un abuso sessuale nella Chiesa”.
Un argomento – quello degli abusi sessuali nella Chiesa – che torna a fasi alterne sulle prime pagine dei giornali. Perché parlarne ora?
Perché è un tema, appunto, ancora attuale. È una piaga a livello mondiale, un fenomeno molto diffuso, più di quanto si possa immaginare. Purtroppo, ancora oggi, vengono alla luce episodi di abuso sui minori non solo del passato, ma anche del presente. Un triste fenomeno diffuso che non si può e non si deve più ignorare, nascondere o sottovalutare. Le vittime sono davvero tante, troppe, e soffrono a diversi livelli: fisico, psichico, emotivo, esistenziale, spirituale… Il libro che ho curato affronta il tema con uno sguardo nuovo sul problema: la formazione e la prevenzione. In questo senso non credo esista molta letteratura in merito. Un testo come questo può aiutare gli adulti (educatori, formatori, accompagnatori vocazionali, superiori di congregazioni, genitori, insegnanti…) ad avvicinarsi al tema dal punto di vista formativo e preventivo.
Il fenomeno degli abusi nelle istituzioni ecclesiali quali “antidoti” richiede? Come contrastarlo efficacemente e alla radice?
Anzitutto occorre riconoscere un codice di condotta, stabilire regole di comportamento nei vari ambienti, ascoltare le lamentele, selezionare il personale, responsabili laici di realtà educative (ma anche screening di candidati al sacerdozio o alla vita religiosa attraverso un progressivo discernimento delle qualità relazionali verificate con esigenti tirocini educativi e pastorali), assicurare una formazione iniziale e continua, creare un coordinamento delle misure preventive. Occorre inoltre intervenire sulle strutture e lavorare in sinergia. Un riferimento importante per tutti i Paesi resta senz’altro il Centre for Children Protection, che ha sede a Roma, al quale è possibile rivolgersi per consulenze e collaborazioni.
Papa Benedetto prima e Papa Francesco adesso, hanno agito con determinazione per affrontare questa tragedia, fatta di violenze, sopraffazioni, sofferenze… Gli abusi vengono affrontati con la stessa determinazione nelle diverse realtà ecclesiali nazionali?
Direi di no. Intanto bisogna tenere conto delle diversità culturali dei vari Paesi, per cui anche l’approccio al tema sessuale è differente e a volte ancora un tabù. In ogni caso non tutte le Chiese e le istituzioni hanno fatto ciò che, in particolare, Papa Francesco ha chiesto di operare per arginare gli abusi sui minori.Nei Paesi in cui si è attivata un’azione preventiva, come ad esempio Stati Uniti, Canada, Irlanda, Gran Bretagna, Germania i risultati si sono visti ma occorre non abbassare la guardia, perché il fenomeno – forse – non sarà mai sconfitto una volta per tutte. Un modello di prevenzione, strutturato ed efficace, viene descritto anche nel libro ed è quello messo in atto nella diocesi di Bolzano-Bressanone. Credo che questo esempio possa offrire spunti di lavoro anche ad altre realtà ecclesiali. Tuttavia non escludo che esistano già valide esperienze in altre parti d’Italia.
Ogni parrocchia, diocesi, associazione dovrebbe vigilare per prevenire gli abusi. Come?
Linee guida e suggerimenti sono già arrivati dal Vaticano. Penso per esempio alla creazione di uffici ad hoc o sportelli nelle diverse diocesi cui possono rivolgersi vittime, familiari o persone che intendono segnalare casi di abuso; équipe composte da specialisti (psicologi, psicoterapeuti, medici, avvocati…); assunzione di responsabilità da parte di vescovi e superiori di congregazioni nei confronti di preti e religiosi abusatori; disponibilità a collaborare con le autorità civili e giudiziarie. Vale per tutti poi la vigilanza sui minori, in ogni ambiente che frequentano (scuola, famiglia, oratorio, società sportiva…) per cogliere anche eventuali segnali di disagio, mutamenti nel comportamento e tutti i possibili campanelli di allarme che possono evitare il peggio. In ogni caso il dialogo e l’ascolto dei minori è fondamentale e può aprire molte porte.
La parola alle vittime: come aiutarle?
Intanto dobbiamo ricordare che qualunque sia l’aspetto che vogliamo affrontare riguardo all’abuso, al centro va sempre posta la vittima. La prima cosa da fare è ascoltarla, darle voce, sia come singole persone sia come istituzioni, in particolare quelle ecclesiali. Dare credibilità alla vittima e non sottovalutare mai violenze e abusi, accompagnarla e orientarla a persone competenti che possano prendersi cura di lei e delle sue fragilità in quanto vittima di abuso, vicino o lontano nel tempo. È bene evitare di buttare tutto sullo “spirituale”, perché le persone abusate vanno aiutate in un percorso di consapevolezza e di autostima, per riuscire a liberarle da paure, vergogna e sensi di colpa, fino a trovare vie di rinascita e di riscatto. Cammini lunghi e difficili che non tutti riescono o possono affrontare.
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