Centro Livatino: DDL Zan incostituzionale
Secondo l'organismo il testo unico è confusionario e viola la Costituzione repubblicana.
Domande, dubbi su correttezza delle procedure, iter delle leggi e loro aderenza al dettato costituzionale, alle fonti del Diritto (e pure ai trattati internazionali firmati dall’Italia) perché mai come in certi casi “la forma è sostanza”. Queste sono perplessità e legittime proteste, sollevate dal centro studi “Livatino” circa il cosiddetto “testo unico Zan”. Copia ed incolla tutte le espressioni usate in 5 p.d.l. proposti nei mesi scorsi tanto che il movente della discriminazione è etichettato con formule differenti: “di genere”; “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”; “fondati sull’omofobia o sulla transfobia”; “motivati dall’identità sessuale della vittima”. Non vi è unanimità sul significato di ciascuna espressione perché generica e controversa e maggior confusione deriva dall’assenza di una categoria unica di riferimento. Il t.u. Zan non opera una scelta, ma estende la fattispecie di reato dell’art. 604 bis e la circostanza aggravante dell’art. 604 ter (della Legge “Mancino”) ad atti discriminatori “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”: Dunque lascia al giudice, in applicazione di nuove disposizioni, il potere più ampio, oltre il limite dell’arbitrio, per riempire di senso e di contenuto le categorie adoperate. Aspetto deleterio del tu Zan che arriva ad un paradosso giuridico dato che la Consulta ha dichiarato inammissibili (quanto al confronto con l’art. 2 Cost.), non fondate (quanto al confronto con gli artt. 3 e 29 Cost.), questioni di legittimità costituzionale circa norme del Codice Civile che impediscono di equiparare al matrimonio l’unione fra persone dello stesso sesso. Giova riportare un passaggio di tale decisione: “I costituenti, elaborando l’art. 29 Cost., discussero di un istituto che aveva una precisa conformazione ed un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Pertanto, è inevitabile concludere che tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile, che, come sopra si è visto, stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso. In tal senso orienta anche il 2° comma della disposizione che, affermando il principio dell’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto coniugale”. Se i giudici costituzionali lo riproponessero, col “Zan” già approvato, non rischierebbero l’iscrizione nel registro degli indagati per la sola ragione che godono dell’immunità quanto al contenuto delle pronunce!
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