Lo zar e il sultano..
Quanto si deve preoccupare l’Europa di questa rinata collaborazione fra Russia e Turchia? Se si trattasse di combattere una guerra su fronti opposti, molto. Ma poiché non è questo il contesto in cui ci troviamo, le dichiarazioni di San Pietroburgo non cambiano più di tanto la situazione. Intanto l’Ue e gli Usa potrebbero coinvolgere la Russia in un’iniziativa diplomatica volta a chiudere la vicenda Isis, la lunga guerra siriana e la controversia sull’Ucraina. Cosa farebbe a quel punto Erdogan? Certo, l’Ue dovrebbe sviluppare un’idea di politica estera veramente comune, ma ormai è chiaro che o l’Unione si ripensa seriamente, o è destinata al collasso.
Come previsto, dopo il tentato colpo di Stato Erdogan sta cercando di vendere a caro prezzo la collaborazione della Turchia con Europa e Stati Uniti, percepiti da Ankara come troppo freddi se non addirittura ostili. Il presidente turco è pronto a far valere il peso geopolitico del proprio Paese con ancora meno scrupoli di quanto non facesse in passato e ha deciso di iniziare questa nuova fase della sua politica estera volando a San Pietroburgo da Putin. I rapporti fra Russia e Turchia si erano fortemente deteriorati nell’ultimo anno, soprattutto a causa della guerra in Siria e delle operazioni russe contro l’Isis. Mosca aveva accusato la Turchia di sostenere indirettamente il califfato di Al-Baghdadi, mentre il governo di Ankara aveva imputato alle forze russe di bombardare i ribelli anti-Assad più che le forze dell’Isis. Alla fine del 2015 la Turchia aveva anche abbattuto un cacciabombardiere russo e Mosca aveva deciso di imporre delle sanzioni economiche contro la Turchia, tuttora in vigore.
Adesso, se Erdogan vuole fare la voce grossa con l’Occidente in maniera credibile, deve mostrare di non essere isolato e di poter manovrare su altri tavoli. La Russia, con le sue altalenanti relazioni nei confronti dell’Europa e degli Usa, sembra il partner perfetto. Putin, al quale non dispiace mettere un po’ di sale sulla coda all’Occidente e che non perde occasione per presentare la Russia come una potenza globale in grado di attrarre nella propria orbita partner strategici preziosi, sembra stare al gioco e ha accolto Erdogan come un caro amico con il quale c’era stata una spiacevole incomprensione.
Quanto si deve preoccupare l’Europa di questa rinata collaborazione fra lo Zar di Mosca e il Sultano di Ankara? Se si trattasse di combattere una guerra su fronti opposti, molto. Ma poiché non è questo il contesto in cui ci troviamo, le dichiarazioni di San Pietroburgo non cambiano più di tanto la situazione. L’attivismo di Erdogan sul piano internazionale è dovuto in parte alla sua idea, da lungo tempo manifestata, di far diventare la Turchia un attore fondamentale nella regione mediorientale e in parte alla necessità di stimolare con azioni di politica estera un sostegno interno che sente traballante, nonostante le epurazioni di massa. Nel breve periodo, Erdogan ha alcune frecce al suo arco nei confronti dell’Occidente, a cominciare dalla minaccia di non fermare più i profughi in fuga dalla Siria e dall’Iraq che tanto spaventano gli stati europei. Nel medio-lungo periodo, però, la sua posizione è decisamente più incerta e traballante.
Dal punto di vista economico, la Russia non è in grado di sostituire l’Ue come partner della Turchia. Mosca potrebbe in parte sostituire gli Usa come partner militare se Erdogan decidesse davvero di uscire dalla Nato, ma anche in questo caso il saldo sarebbe negativo. Inoltre, Erdogan e Putin si sono trovati velocemente d’accordo nell’organizzare l’incontro di San Pietroburgo perché entrambi concepiscono la politica estera in maniera quasi ottocentesca: le organizzazioni internazionali non esistono, l’unico obiettivo da perseguire è la massimizzazione della potenza e del prestigio del proprio stato, a questo fine si può usare la forza armata in maniera piuttosto disinvolta e le alleanze sono più strumenti tattici da cambiare ripetutamente che elementi strategici. Per questi motivi, sia Putin che Erdogan hanno commesso vari errori nelle loro politiche estere spregiudicate degli ultimi anni. Difficile pensare che non ne commetteranno altri. Inoltre, proprio per il loro atteggiamento di estrema flessibilità, non dovrebbe essere troppo difficile dividerli, se effettivamente si unissero. Ad esempio, l’Ue e gli Usa potrebbero coinvolgere la Russia in un’iniziativa diplomatica volta a chiudere la vicenda Isis, la lunga guerra siriana e la controversia sull’Ucraina. Cosa farebbe a quel punto Erdogan? Certo, l’Ue dovrebbe sviluppare un’idea di politica estera veramente comune, ma ormai è chiaro che o l’Unione si ripensa seriamente, o è destinata al collasso. A questo punto è anche necessario riflettere sui modi e i limiti per interagire con Paesi autoritari o non pienamente democratici. L’Europa ha carte importanti da giocare per ampliare e stabilizzare una zona di pace ai suoi confini, ma deve prima riflettere sulla propria identità e diventare finalmente attore, e non solo un fattore, della politica internazionale.
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