Superare la difesa dei batteri
Un gruppo di ricercatori ha messo a punto un metodo per ottenere nuovi antibiotici per via sintetica.
Dalla scoperta casuale della penicillina (nel 1928, ad opera di Alexander Fleming) in poi, gli antibiotici – di origine naturale o sintetica che siano – figurano certamente tra i nostri migliori alleati nella lotta contro le infezioni batteriche. Solo che, talvolta, l’entusiasmo di averli a nostra disposizione ha finito per giocarci brutti scherzi. L’abuso di antibiotici, infatti, con l’andare del tempo, ne causa l’inefficacia, dal momento che i batteri “bersaglio” sono in grado di sviluppare una resistenza specifica ad un determinato antibiotico, quando questo viene assunto con eccessiva frequenza. L’antibiotico-resistenza, dunque, rende il microrganismo immune agli effetti dell’antibiotico. Da qui, la necessità per gli studiosi di perdurare nella costante ricerca di nuovi ritrovati che possano debellare questa capacità di difesa dei batteri.
Di recente, un gruppo di ricercatori della Harvard University, coordinati da Andrew G. Myers, ha messo a punto – come descritto in un articolo pubblicato su “Nature” – un metodo per ottenere nuovi antibiotici per via sintetica. Grazie ad esso, Myers e colleghi sono già riusciti a sintetizzare oltre 300 sostanze differenti (appartenenti alla classe dei “macrolidi”, a cui appartiene per esempio l’eritromicina), fra cui un antibiotico già in uso nella pratica clinica e un altro in fase di sviluppo.
La nuova tecnica, dunque, rinvigorisce la speranza di riuscire a contrastare la crescente antibiotico-resistenza di molti ceppi batterici. Di questo allarme sanitario da conto il recente rapporto “Tackling Drug-Resistant Infections Globally: final report and recommendations”, commissionato dal Wellcome Trust e dal Governo britannico al Review on Antimicrobial Resistance. In esso si stima che, al mondo, siano circa 700mila le persone che muoiono ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci, con un costo indiretto sul sistema economico legato a questi decessi che si prevede sfiorerà i 100 miliardi di dollari entro il 2050. Un problema non da poco, dunque.
Per comprendere meglio la portata di questa nuova ricerca, è utile ricordare alcune cose. Anzitutto che, da lungo tempo, fonte primaria degli antibiotici sono i composti naturali derivati da batteri o funghi, per la loro facile produzione su larga scala mediante processo di fermentazione. Va poi rammentato il fatto che, per contrastare l’insorgenza della resistenza agli antibiotici “naturali”, è necessario mutarne la struttura. Ma la loro modifica per via chimica (processo detto “semi-sintesi”) è difficile da realizzare, a causa della complessità delle molecole ottenute dalla fermentazione. In più, va tenuto presente che gran parte dei prodotti modificati si rivela poi inutilizzabile come farmaco, per un’insufficiente attività antibatterica, o stabilità metabolica, o biodisponibilità (la frazione di farmaco che raggiunge le molecole bersaglio responsabili dell’effetto farmacologico). Per queste ragioni, negli ultimi decenni, la ricerca sugli antibiotici da parte delle grandi aziende farmaceutiche ha subito un certo rallentamento, rendendo di fatto il problema dell’antibiotico-resistenza sempre più preoccupante.
Il team di ricercatori coordinati da Myers è partito dall’osservazione che i “macrolidi” hanno una struttura costituita da un anello principale e da diverse molecole più semplici legate ad esso, con una struttura quindi sostanzialmente modulare. E’ quindi possibile costruirli progressivamente, agganciando via via moduli più piccoli all’anello principale. Con questa tecnica di costruzione dell’antibiotico, è possibile introdurre alterazioni programmate nei moduli per poi verificarne l’effetto. In questo modo, le alterazioni apportate possono riguardare anche punti impossibili da raggiungere e modificare in una molecola complessa ottenuta per fermentazione.
I composti così ottenuti, impiegati contro un gruppo di batteri patogeni, hanno mostrato che la maggioranza di queste strutture possiede un’efficace attività antibiotica. Anzi, alcune di queste sostanze si sono rivelate efficaci anche contro ceppi batterici resistenti ai macrolidi di uso corrente (compresi Staphylococcus aureus meticillino-resistente ed enterococco vancomicina-resistente, entrambi di grande interesse clinico).
Rimangono ora da valutare le altre proprietà necessarie alla loro iscrizione nella categoria dei farmaci, come la biodisponibilità e un livello di tossicità accettabile.
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