Il risveglio di Philae
Dopo mesi di silenzio il ''lander'' trasportato da ''Rosetta'' su una cometa è tornato a trasmettere.
Solo qualche giorno fa, il “risveglio” della sua voce ha fatto gioire gli scienziati dell’Agenzia Spaziale Europea e, più in generale, tutti gli appassionati di esplorazioni celesti. Il suo nome? “Philae”.Ovviamente non si tratta di un essere vivente, ma del “lander” trasportato dalla sonda spaziale “Rosetta” che, il 12 novembre 2014, era riuscito ad atterrare - è il primo atterraggio controllato sul nucleo di una cometa - sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.Ma siccome non tutte le ciambelle riescono col buco, anche a Philae era andata “così e così”. Atterrando malamente, a causa di intoppo meccanico, era finito in una sorta di crepaccio e in una posizione imprevista, che lasciava esposta alla luce solare solo una piccola parte dei pannelli necessari per alimentare le batterie e portare avanti la seconda fase della sua missione (raccolta ed analisi dati della cometa). Una volta esaurita l’energia iniziale delle batterie, il 14 novembre Philae si era “addormentato”, cadendo in uno stato di ibernazione. Nella notte del 13 giugno l’improvviso “risveglio”, forse dovuto ad un posizionamento più favorevole di “Rosetta” (la sonda spaziale madre, che continua ad orbitare a 200 km di distanza dalla cometa) che ha ripreso a captarne i segnali e ritrasmetterli sulla Terra. “Il risveglio del lander - ha dichiarato entusiasta Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana - è una notizia straordinaria che, oltre a farci sognare, ci riempie d’orgoglio per l’affidabilità delle tecnologie utilizzate, molte di marca italiana”.Ma come è fatto Philae? Proviamo a conoscerlo un po’ meglio.Si tratta di un cubo (ogni lato misura circa 1 mt) realizzato in fibre di carbonio. La piattaforma, che sostiene gli strumenti scientifici, è supportata da una piastra centrale, che dà forma alla struttura. Il suo peso totale è di 98 kg, 21 dei quali appartengono a strumenti scientifici. Due sistemi differenti sono deputati all’erogazione dell’energia necessaria al suo funzionamento. Per una prima fase (circa 60 ore), il “lander” è alimentato da una batteria primaria che immagazzina 1 kWh di energia; successivamente, entra in attività il sistema costituito dai pannelli solari, che costituiscono il rivestimento esterno (5 verticali sui lati e 1 orizzontale sul tetto) del corpo del “lander”, e una batteria secondaria da 150 Wh di energia. Philae è anche dotato di un particolare carrello di atterraggio, equipaggiato con viti di ancoraggio sulle sue tre “zampe” e con due arpioni nella parte centrale, aventi il compito di trattenere il “lander” ed evitarne eventuali rimbalzi durante la procedura di atterraggio (tenendo conto che la forza di gravità della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è 10mila volte inferiore a quella terrestre).Molti gli strumenti scientifici in dotazione a Philae. Innanzitutto, delle microcamere per foto panoramiche e una telecamera che raccoglie immagini e dati durante la discesa e foto ad alta risoluzione del luogo di atterraggio. Per lo studio della cometa, invece, uno spettrometro per analizzare la composizione chimica della superficie sotto il lander, un analizzatore per trovare ed identificare le molecole organiche complesse (fondamentale per la ricerca di vita), un mini-laboratorio per la ricerca delle componenti chimiche più complesse. Inoltre, una radio sonda per analizzare la struttura interna del nucleo della cometa, densità, proprietà termiche e meccaniche della superficie e della immediata sotto superficie. In aggiunta, tre strumenti per misurare le proprietà elettriche e meccaniche della cometa. Per la raccolta di reperti, Philae possiede un braccio a “martello” (con 4 livelli di potenza) e una trivella che può raggiungere i 23 cm di profondità. Infine - per non farsi mancare proprio niente - un magnetometro per lo studio del campo magnetico della cometa e dell’interazione cometa/vento solare. Non c’è che dire, una vera “piccola” meraviglia tecnologica, ch e sta dimostrando di funzionare a dovere, nonostante gli inevitabili imprevisti.Lunga vita, dunque, a Philae, (per buona parte) orgoglio della tecnologia spaziale “made in Italy”!
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