A Trieste la Settimana sociale. "I cattolici diano speranza all'Italia"
A pochi giorni dall’apertura della 50ª Settimana Sociale, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio, parla l’arcivescovo di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, mons. Luigi Renna.
“I cattolici in Italia sono chiamati a dare speranza al Paese”. A pochi giorni dall’apertura della 50ª Settimana Sociale, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio, parla l’arcivescovo di Catania e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, mons. Luigi Renna.
Democrazia e partecipazione saranno al centro della 50ª Settimana Sociale di Trieste.
È un tema decisivo. In questi due anni di preparazione, il Comitato si è confrontato con gli esperti e con la Presidenza e la Segreteria generale della Cei per cogliere le urgenze del momento. E credo che la scelta sia stata profetica. Basti pensare all’astensionismo registrato nelle ultime elezioni europee o all’emergere di populismi e nazionalismi rispetto ai quali la Fratelli tutti ci mette in guardia. Siamo stati guidati dall’attenzione a una delle grandi questioni sociali di oggi, ovvero la partecipazione alla vita democratica, ma anche dalla Dottrina sociale della Chiesa con l’enciclica di Papa Francesco.
Come valuta il risultato politico delle elezioni europee?
C’è preoccupazione, perché il bene da tutelare non è privato ma comune. E il bene comune, ricordiamo la definizione che ne dà Gaudium et spes, è la possibilità data ai singoli e alla comunità di raggiungere il proprio fine. E sia singoli che comunità non possono essere circoscritti a una nazione perché, in un mondo globalizzato, quando parliamo di economia parliamo di diritti. Allora è importante avere uno sguardo lungimirante, che sia attento alle dinamiche democratiche, alle grandi questioni che riguardano l’inclusione. La Settimana Sociale, da questa edizione, non è più dei cattolici italiani ma dei cattolici in Italia. Migliaia di persone, provenienti dall’Europa e dal resto del mondo, vivono nel nostro Paese e danno il loro contributo alla costruzione del bene comune. Molti di essi sono cattolici, altri di diversa religione. Ma noi vogliamo parlare a tutti.
La questione democratica coinvolge il dibattito politico anche in Italia. Un esempio è giunto dalla riforma dell’autonomia differenziata da poco approvata?
I vescovi non hanno il compito di votare in Parlamento o di fornire indicazioni di partito ma quello di formare le coscienze. Nel momento in cui però parlano ai cattolici e a tutti gli uomini e donne di buona volontà, si pongono e pongono il problema su quelle questioni che riguardano tutti. Quando i vescovi hanno lanciato l’allarme sulle ricadute che l’autonomia differenziata poteva avere su scuola, sanità, economia hanno da una parte rappresentato l’episcopato, dall’altra hanno dato voce a tanti laici che ponevano l’attenzione sui pericoli che potevano nascere da una legge concepita in modo non corretto.
Il Parlamento sarà chiamato anche a confrontarsi con una riforma costituzionale, quella del premierato.
La Riforma costituzionale deve poter contare su un’ampia partecipazione. È una situazione che oggi potrebbe essere favorevole ad alcune maggioranze, domani ad altre. Ed è fondamentale che su questioni così importanti ci si dia tempo di riflessione e spazio di confronto. La democrazia deve tenere conto anche degli avversari politici, che non sono nemici del bene comune.
Una politica, dunque, che non deve avere paura del confronto?
La democrazia ha bisogno di una visione della persona e dello Stato. Quando si parla di persona ci si riferisce a ciascun uomo con i propri diritti. La solidarietà, l’inclusione, la sussidiarietà e la libertà devono essere garantiti. Le procedure politiche devono rispondere al principio di democrazia e di larga partecipazione, che contrasta con una visione e una concezione delle procedure personale. Si può avere maggiore efficienza, ma questa non può essere ottenuta a discapito della democrazia e della partecipazione. Per questo, a mio avviso, è necessario un dialogo aperto tra cattolici di schieramenti diversi.
Cosa si aspetta da Trieste?
Che sia messo da parte il clima di rassegnazione, che tante volte ci porta alla conta dei numeri e a uno sguardo nostalgico del passato. I cattolici in Italia si rendano conto che sono chiamati a dare speranza al Paese, perché sono già presenti dove si amministra e si costruisce il bene comune. Hanno bisogno di dialogare maggiormente, perché il dialogo tante volte manca, e di essere meno prigionieri delle visioni politiche, ricordando che c’è qualcosa di più grande che ci unisce.
Quali saranno i momenti chiave della Settimana Sociale?
La Settimana Sociale sarà caratterizzata dalle piazze della democrazia, luoghi in cui si farà discernimento su alcune questioni che riguardano tutti. Questo discernimento è l’applicazione dei tre passaggi che caratterizzano la dottrina sociale della Chiesa: vedere, giudicare e agire.
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