Francesco: anelito all'unità è accoglienza dei doni reciproci
Il Papa ha partecipato alla divina liturgia presieduta da Karekin II, prendendo la parola al termine di essa. "Unità non è assorbimento, né sottomissione, ma accoglienza".
“In tutti sorga un forte anelito all’unità, a un’unità che non deve essere né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo”. Lo ha detto papa Francesco, prendendo la parola nel corso della divina liturgia in rito armeno celebrata a Etchmiadzin, e presieduta dal Catholikos Karenin II. La domenica era iniziata con la Santa Messa celebrata in privato nel Palazzo Apostolico, dove Francesco è ospite del Pastore locale, che prontamente ha voluto ringraziare. Ancora l’unità dell’ “unica Chiesa di Cristo” al centro del messaggio di papa Francesco. “Santità, in nome di Dio, vi chiedo di benedirmi, di benedire me e la Chiesa Cattolica, di benedire questa nostra corsa verso la piena unità”. È la seconda volta, dal suo arrivo in Armenia, che il Santo Padre utilizza il verbo “correre” per definire il percorso verso l’unità tra le Chiese, a testimonianza dell’urgenza di camminare insieme. In questi giorni “ci siamo incontrati, ci siamo abbracciati fraternamente, abbiamo pregato insieme, abbiamo condiviso i doni, le speranze e le preoccupazioni della Chiesa di Cristo, di cui avvertiamo all’unisono i battiti del cuore, e che crediamo e sentiamo una”. Il Papa affida a Pietro e Paolo, a Bartolomeo e Taddeo il cammino delle due Chiese, a essi che “mentre regnano con Cristo in cielo, certamente si rallegrano nel vedere il nostro affetto e la nostra aspirazione concreta alla piena comunione”. Per Francesco, “la mancanza di unità tra i discepoli di Cristo” è uno scandalo. Per questo l’unità significa “accoglienza di tutti i doni” di Dio, ascolto del “richiamo dei santi” e della “voce degli umili e dei poveri”. Fra questi, i giovani, “che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato”.
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