Francesco: "rileggere l'anno alla luce della misericordia"
Omelia del Papa nei vespri del Te Deum, l'antico inno in ringraziamento per l'anno appena trascorso. L'invito a guardarsi indietro per verificare se abbiamo seguito la logica di Cristo o quella del mondo. Al termine della preghiera, Francesco ha nuovamente fatto visita al presepe in piazza San Pietro. Uno sguardo a Roma e alla sua capacità di rialzarsi.
“Nella preghiera non basta solo la nostra voce”: la preghiera “ha bisogno di rinforzarsi con la compagnia di tutto il popolo di Dio, che all’unisono fa sentire il suo canto di ringraziamento”. Con queste parole il Papa ha spiegato il significato del “Te Deum”, il tradizionale canto di ringraziamento a conclusione dell’anno civile, inserito nei primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, presieduti questo pomeriggio da Francesco nella basilica di San Pietro. “Per questo, nel Te Deum chiediamo l’aiuto agli Angeli, ai Profeti e a tutta la creazione per dare lode al Signore”, ha proseguito: “Con questo inno ripercorriamo la storia della salvezza dove, per un misterioso disegno di Dio, trovano posto e sintesi anche le varie vicende della nostra vita di quest’anno trascorso”. “Quanto è colmo di significato il nostro essere radunati insieme per dare lode al Signore al termine di questo anno!”, le parole d’esordio dell’omelia: “La Chiesa in tante occasioni sente la gioia e il dovere di innalzare il suo canto a Dio con queste parole di lode, che fin dal quarto secolo accompagnano la preghiera nei momenti importanti del suo pellegrinaggio terreno. È la gioia del ringraziamento che quasi spontaneamente promana dalla nostra preghiera, per riconoscere la presenza amorevole di Dio negli avvenimenti della nostra storia”.
Per papa Francesco “La compagnia della misericordia è luce per comprendere meglio quanto abbiamo vissuto, e speranza che ci accompagna all’inizio di un nuovo anno”. “Ripercorrere i giorni dell’anno trascorso può avvenire o come un ricordo di fatti e avvenimenti che riportano a momenti di gioia e di dolore - ha detto Bergoglio - oppure cercando di comprendere se abbiamo percepito la presenza di Dio che tutto rinnova e sostiene con il suo aiuto”. “Siamo interpellati a verificare se le vicende del mondo si sono realizzate secondo la volontà di Dio, oppure se abbiamo dato ascolto prevalentemente ai progetti degli uomini, spesso carichi di interessi privati, di insaziabile sete di potere e di violenza gratuita”, l’invito di Francesco. “E, tuttavia – ha proseguito dalla basilica di San Pietro – oggi i nostri occhi hanno bisogno di focalizzare in modo particolare i segni che Dio ci ha concesso, per toccare con mano la forza del suo amore misericordioso”.
Francesco ha posto in evidenza come “non possiamo dimenticare che tante giornate sono state segnate da violenza, da morte, da sofferenze indicibili di tanti innocenti, di profughi costretti a lasciare la loro patria, di uomini, donne e bambini senza dimora stabile, cibo e sostentamento”. “Eppure, quanti grandi gesti di bontà, di amore e di solidarietà hanno riempito le giornate di quest’anno, anche se non sono diventate notizie dei telegiornali!”, ha proseguito. “Le cose buone non fanno notizia”, ha aggiunto a braccio. “Questi segni di amore non possono e non devono essere oscurati dalla prepotenza del male”, il suo ammonimento. “Il bene vince sempre, anche se in qualche momento può apparire più debole e nascosto”, ha assicurato Francesco.
Nella parte finale dell’omelia per il “Te Deum”, dalla basilica di San Pietro, il Papa si è rivolto alla sua diocesi. “La nostra città di Roma non è estranea a questa condizione del mondo intero”. "Vorrei - ha detto Francesco - che giungesse a tutti i suoi abitanti l’invito sincero per andare oltre le difficoltà del momento presente”, l’esortazione del suo vescovo: “L’impegno per recuperare i valori fondamentali di servizio, onestà e solidarietà permetta di superare le gravi incertezze che hanno dominato la scena di quest’anno, e che sono sintomi di scarso senso di dedizione al bene comune”, il monito. “Non manchi mai l’apporto positivo della testimonianza cristiana per consentire a Roma, secondo la sua storia, e con la materna intercessione di Maria Salus Populi Romani, di essere interprete privilegiata di fede, di accoglienza, di fraternità e di pace”, l’auspicio finale del Papa.
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