Il card. Bagnasco tra i terremotati: "insieme ce la potremo fare"
Ieri la visita del cardinale Angelo Bagnasco nelle zone terremotate dell'Umbria. Dopo la scossa terribile del 30 ottobre, Norcia e le sue frazioni sono un'enorme zona rossa. La gente nonostante le scosse non ha intenzione di abbandonare le proprie terre. E lo hanno detto al cardinale che li ha ringraziati per questo attaccamento. A Norcia, Preci, Ancarano, San Pellegrino, Campi, l'arcivescovo di Genova ha ascoltato a lungo gli sfollati, definendoli "un esempio per l'Italia" per il loro attaccamento alla terra. Bagnasco si è recato anche nella zona rossa di Norcia dove ha potuto costatare come il sisma del 30 ottobre abbia di fatto cancellato la storica chiesa di san Benedetto, la vicina concattedrale e il Municipio. La Chiesa continuerà a fare la sua parte, ha ribadito il presidente della Cei. Nessuno sarà lasciato solo.
“Andiamo avanti con fiducia e con speranza. Vi porto la vicinanza della Chiesa”. Risponde così il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, al groviglio di mani che vogliono avvicinarlo e ai tanti volti che cercano di incrociare il suo sguardo per carpire un sorriso o un cenno di vicinanza. Si è aperta in questo modo la giornata del cardinale nelle zone terremotate di Norcia e dintorni. Una visita programmata, dopo quella ad Amatrice (26 ottobre), che arriva a pochi giorni di distanza dalla scossa del 30 ottobre, quella delle 7.41, di magnitudo 6.5 che ha praticamente messo in ginocchio questa terra e la sua gente.
Un viaggio tra le sofferenze, le difficoltà e le speranze di popolazioni che vivono in una enorme ‘zona rossa’. È stato un lungo tempo di ascolto. Tanti gli attestati di stima per una Chiesa che “non ci ha lasciati solo un istante” come dichiarato da uno degli oltre 60 sfollati della tendopoli di San Pellegrino, la frazione più popolosa di Norcia, dopo il 31 ottobre una città fantasma, e prima tappa del suo itinerario nel cratere della Valnerina da dove nessuno vuole andare via. Nonostante le scosse. Raccontano la loro vita di adesso con l’aria di chi sembra ormai darre del ‘tu’ al terremoto, quasi a sfidarlo. Una sfida che dopo il 30 ottobre si è inasprita. Al fianco hanno sempre i loro preti. Don Marco Rufini, parroco di Norcia, da quel giorno passa tutto il suo tempo tra la gente sfollata. È uomo concreto il parroco – ordinato il giorno dopo del crollo della basilica di Assisi (sisma del 1997) – una dote di non poco conto quando ci si trova in mezzo alle macerie che hanno sepolto i ricordi ma “miracolosamente” hanno risparmiato le vite. “Dobbiamo lavorare per tenere unite le comunità – ha detto il prete – il rischio è lo smembramento. Se andiamo via non ricostruiremo più”.
Il cardinale è rimasto in ascolto, incoraggiando tutti. Il pensiero rivolto soprattutto ai bambini e agli anziani dei quali ha ascoltato i racconti. “Vi hanno fatto delle promesse?” ha anche chiesto agli sfollati. Secca la risposta: “tante. Ma fatti ancora pochi”. Il primo fatto concreto a San Pellegrino è il tendone della Caritas diocesana che è diventato la piazza della frazione, “serve da Chiesa, da mensa, da ritrovo”. Il tempo di pregare un’Ave Maria davanti a una statua della Vergine rimasta intatta, benedire un’anziana alla quale ha donato un Rosario avuto da papa Francesco, e poi verso Norcia, a vedere i resti del Comune, della basilica di san Benedetto e della vicina concattedrale.
“Chiese che sono nell’anima di questa gente – ha commentato Bagnasco sostando davanti alle macerie – e ho pensato all’Europa. L’auspicio è che l’Ue possa ripensare a se stessa guardando all’esempio di san Benedetto”.
Da Norcia la salita alla frazione di Ancarano. Ad attenderlo i circa 80 sfollati nella tendopoli. Un pasto consumato velocemente, tante foto, abbracci e poi un attimo di pausa davanti ad alcuni disegni realizzati dai bambini del posto. Cieli azzurri, case nuove per le famiglie, la richiesta di una stalla per gli animali. Nel cuore dei più piccoli trovano spazio anche i desideri e le speranze degli adulti. Forte è arrivato il ringraziamento diretto a sfollati e volontari dell’arcivescovo di Genova: “vi ringrazio per la vostra testimonianza di tenacia, fierezza e attaccamento al territorio. Siete un esempio per l’Italia. Che l’attenzione del Paese non venga mai meno e che si ricostruisca presto”.
Pochi chilometri per arrivare alla frazione di Campi, il borgo delle 21 chiese, “oggi tutte distrutte dal sisma”. Qui gli abitanti vivono dentro una struttura della Pro Loco. I letti sono ordinati, così come i tavoli dove si mangia. Tanti i bambini con le loro madri. Roberto Sbriccoli, presidente della Pro Loco, è stato il primo ad accogliere il cardinale e le sue parole sono state un elogio alla “generosità degli italiani. Siamo un popolo meraviglioso” ha detto ricordando l’enorme solidarietà ricevuta e che adesso “vogliamo ricambiare condividendola con la gente delle altre frazioni”. Uno dei frutti del terremoto – ha commentato Bagnasco – è stato quello di ricompattare le comunità. Un valore che resterà nel cuore delle persone. Bisogna che la gente ritorni”. O meglio che “resti” come auspicato da Sante Cetorelli, un pastore di Campi. Il cardinale lo ha incontrato lungo la strada per Preci, davanti alle macerie della chiesa di san Salvatore, attorniato dalle sue pecore. “Ci aiuti a restare – ha chiesto il pastore a Bagnasco – ho perso casa e ovili. Se ce ne andiamo qui resterà solo deserto”. Parole che trovano risposta nell’impegno che la Chiesa sta mettendo per portare conforto spirituale e materiale alla popolazione.
Ma anche le Istituzioni devono fare la propria parte, come evidenziato dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo: “dal sisma di agosto le chiese danneggiate hanno avuto sopralluoghi dai vari enti preposti ma nulla è stato fatto. Ora queste chiese sono crollate. L’impegno prioritario resta comunque per la gente”. Urgente per l’arcivescovo di Spoleto-Norcia velocizzare “i passaggi burocratici”.
Parole che acquistano ulteriore senso davanti alle macerie della storica abbazia di Sant’Eutizio che rischia di crollare del tutto. È quasi sera quando il presidente della Cei arriva al campo di Preci, ospitato in una struttura della Caritas. Qui l’incontro con Angela, una nonnina di 94 anni. Il cardinale la chiama e le sorride, lei saluta sollevando il braccio da sotto le coperte. Nella mano una corona del Rosario. Anche nella preghiera silenziosa si nasconde la forza di questa gente che non vuole essere lasciata sola. “Insieme ce la potremo fare” sussurra il cardinale prima di salire in macchina. La visita termina qui, ma non il sostegno della Chiesa. Il cammino è appena ricominciato.
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