La Porta Santa di Sarajevo icona di convivenza possibile
Il cardinale Vinko Puljić: "L’apertura, il prossimo 13 dicembre, di quella stessa porta che al tempo di guerra ci era inibita, speriamo possa segnare un passaggio forte, da un Paese diviso ad uno riconciliato. E’ verso quella direzione che Papa Francesco, nel giugno scorso, ci ha spronato ad andare”.
Sanare il cuore dalle ferite e diventare un modello di convivenza. E’ con queste intenzioni che Sarajevo e la Bosnia-Erzegovina si apprestano a celebrare il Giubileo della Misericordia. Una Porta Santa verrà aperta nel cuore della città, in quella che ormai è diventata uno dei suoi simboli, la Cattedrale del Sacro Cuore (visitata da Giovanni Paolo II nell’aprile del 1997 e Francesco nella sua visita del 6 giugno scorso), a due passi dalla Baščaršija, il quartiere musulmano, dalla Cattedrale Ortodossa e dalla Sinagoga. Ad annunciarlo è il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Sarajevo e presidente della Conferenza Episcopale di Bosnia-Erzegovina. “Apriremo la Porta Santa il 13 dicembre prossimo. Sarà un momento importante, un segno attraverso il quale daremo inizio all’anno giubilare nel nostro Paese”. Nell’Arcidiocesi di Sarajevo, oltre alla Porta Santa della Cattedrale, verranno aperte altre 6 Porte: quella del santuario di San Giovanni Battista a Podmilaćje, del santuario di San Leopoldo Mandić a Maglaj, della chiesa dedicata a San Alojzije Gonzaga a Travnik, e quelle di tre chiese e santuari mariani dedicati all’Assunzione della Beata Vergine Maria a Tolisa, Komušina e Olovo. Porte Sante verranno aperte anche nelle altre diocesi del Paese “per facilitare la partecipazione dei fedeli a questo grande evento”.
Nel Paese balcanico non si spara più ma i segni della guerra degli anni ’90 sono ancora ben visibili. Gli enormi palazzi ne portano le cicatrici, ma le ferite più profonde sono quelle inferte ai cuori della gente. Dopo un assedio lungo 4 anni (aprile 1992, febbraio 1996) e dopo una pace tale solo sulla carta, Sarajevo, la Gerusalemme d’Europa, sventrata, bombardata, ferita dagli spari dei cecchini, è oggi intrappolata nella ragnatela del suo passato, stretto tra i ricordi di una convivenza possibile e un presente che, in seguito al conflitto, quei ricordi sembra averli congelati. “L’apertura del Giubileo della Misericordia – continua Puljić – ci aiuterà a sanare tante ferite, a ripulire il nostro cuore, a creare un clima di fiducia dopo tutto quello che di brutto è accaduto in passato”.
Un anno giubilare portatore di speranza e riconciliazione. La Porta Santa nella Cattedrale si carica infatti di ulteriore significato. “Durante la guerra – ricorda l’arcivescovo – la chiesa ha subito ingenti danni, ma è sempre rimasta aperta. Celebravamo messa tutti i giorni. Entrarvi dalla porta principale, però, era estremamente pericoloso perché eravamo facile bersaglio dei cecchini. I fedeli entravano da una porta laterale, quella della sagrestia. L’apertura, il prossimo 13 dicembre, di quella stessa porta che al tempo di guerra ci era inibita, speriamo possa segnare un passaggio forte, da un Paese diviso ad uno riconciliato. E’ verso quella direzione che Papa Francesco, nel giugno scorso, ci ha spronato ad andare”. Aprire il cuore al dialogo, alla diversità per diventare quegli “artigiani della pace” di cui il Pontefice aveva parlato nella sua omelia allo stadio Koševo.
“Che questo Giubileo ci infonda la grazie del perdono, senza perdono non è possibile vivere in pace. Dobbiamo ripulirci dall’odio e costruire un futuro di convivenza e armonia insieme”, anche se spesso appare difficile soprattutto per i cattolici di Bosnia Erzegovina (dei più di 800mila presenti prima del conflitto, oggi ne sono rimasti circa 460mila, dei quali 13mila a Sarajevo) che, come sottolinea il cardinale Puljic, “non godono degli stessi diritti della maggioranza”. Come? “Superando le ingiustizie, costruendo ponti, aprendoci all’altro, accogliendone le diversità e vivendole come una risorsa. Il nostro Giubileo della Misericordia cercheremo di offrirlo a tutti, musulmani, ortodossi, ebrei per fare della Bosnia Erzegovina un modello di convivenza. Un compito che sarà portato avanti in particolare dai nostri giovani che già hanno intrapreso un cammino insieme ai loro coetanei di altre religioni”. Il Giubileo della Misericordia in Bosnia Erzegovina arriva a 20 anni dagli accordi di pace siglati a Dayton stipulati nel novembre nel 1995 in Ohio (Usa) e che, di fatto, hanno suddiviso il Paese su base etnica. “Invocheremo misericordia affinché venga cambiato il processo innescato da quegli accordi che hanno, sì, messo fine al conflitto ma non hanno riconsegnato ai cittadini bosniaci un paese giusto e riconciliato. Pregheremo affinché venga cambiato l’assetto costituzionale che oggi sta di fatto paralizzando il Paese”.
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