Martiri albanesi: una profezia per il futuro della Chiesa
La Chiesa albanese, in tempi non molto lontani, ha provato dolore e sofferenza, morte e persecuzione a causa del Vangelo, vivendo alla lettera le Beatitudini: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
Ci siamo! Sabato 5 novembre i 38 martiri della Chiesa albanese, uccisi o morti sotto tortura o per i lavori forzati durante il regime comunista, saranno proclamati beati! Che senso ha oggi parlare di martirio in una società come la nostra che a tutti i costi vuole eliminare il dolore e la morte? Mi sembra di poter dire che oggi i martiri ci invitano a una riflessione attenta e profonda sul senso di una vita autentica. Ecco ciò di cui abbiamo bisogno maggiormente: una vita autentica radicata in una visione che viene dal Vangelo. La Chiesa albanese, in tempi non molto lontani, ha provato dolore e sofferenza, morte e persecuzione a causa del Vangelo, vivendo alla lettera le Beatitudini: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,11-12). I martiri hanno reso testimonianza al Vangelo e con la loro vita, hanno certificato la loro fede in Cristo morendo “in odium fidei”. Hanno donato la vita fino alla fine, “usque ad effusionem sanguinis” (fino all’effusione del sangue).
Mi sembra di poter cogliere in questo loro gesto un modo di leggere la storia con gli occhi della fede, con gli occhi di Dio. Non hanno forse fatto questo i profeti, i quali più che predire il futuro hanno letto la storia a partire dalla loro fede nel Dio vivo di Abramo, Isacco e Giacobbe? Nel momento attuale, la Chiesa in Albania, le nostre comunità, tutti noi dobbiamo vedere nei martiri il segno di una condizione permanente della Chiesa e del fedele cristiano. Più che un motivo di orgoglio i martiri sono l’occasione di una riflessione per una Chiesa che contempla il mistero di Dio nascosto al suo interno e nel mondo di oggi. Oggi come ieri la nostra Chiesa sembra essere chiamata a una vita autentica, che testimonia (il senso del martirio è proprio questo) con la vita dei suoi membri e rende visibile il Regno di Dio nella società. Questo lo fa non solo con la celebrazione solenne e partecipata dei sacramenti della fede, ma anche diventando una Chiesa dell’ascolto, dell’accoglienza e della presenza. Sì, una Chiesa che si rende presente e, per questo, disponibile nella vita della società, nella vita degli uomini di oggi soprattutto di quelli che sono disorientati, sfiduciati e delusi.
Le testimonianze dei sopravvissuti al regime, raccontate in questi anni, ci dicono come molti dei preti, imprigionati durante il comunismo, ascoltavano, consolavano, abbracciavano e piangevano insieme agli altri prigionieri, cattolici, ortodossi, musulmani, atei, gnostici e così via. Sono stati esempio di un’umanità sofferente, ma anche solidale con chi ne aveva più bisogno. Lo hanno fatto in prigione, quando erano costretti a lavorare nelle paludi e nelle miniere, ma lo hanno fatto anche insegnando di nascosto un po’ di italiano o tedesco ai prigionieri più giovani, oppure qualche nozione di filosofia o storia delle religioni ad altri. Erano, come dice un maestro di spiritualità contemporanea (Henri Nouwen), dei guaritori feriti.
Ecco perché oggi la Chiesa in Albania, anche se ferita dalle sofferenze del passato, può essere d’aiuto a chi bussa alle sue porte. Può oggi testimoniare il Vangelo del Samaritano, che si abbassa a curare le ferite del prossimo, e prendersi cura della pecora smarrita che si trova dentro e fuori di essa.
Non è un caso che, proprio mentre volge al termine l’Anno della misericordia, il Signore ci dona questa celebrazione. Misericordia vuol dire amore, riconciliazione, servizio. I martiri ci hanno insegnato la misericordia perdonando i loro persecutori: hanno donato misericordia per poi riceverla in cielo. Perché sarà trattato con misericordia chi avrà usato misericordia.
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