Papa Francesco: "la Chiesa di Gesù è Chiesa di martiri"
Liturgia della Parola all'Isola Tiberina con la comunità di Sant'Egidio in memoria dei nuovi martiri. "Oggi ce ne sono tanti nascosti". E pensa a quelli visibili, ai migranti sui barconi.
“Uccisi solo perché discepoli di Gesù”. È questo che accomuna i martiri di tutti i tempi. Lo ha ricordato oggi Papa Francesco, nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma, dove ha presieduto la Liturgia della Parola in memoria dei “nuovi martiri” del XX e XXI secolo con la Comunità di Sant’Egidio. “Siamo venuti pellegrini in questa basilica”, ha sottolineato, “dove la storia antica del martirio si unisce alla memoria dei nuovi martiri, dei tanti cristiani uccisi dalle folli ideologie del secolo scorso, e uccisi solo perché discepoli di Gesù”. Per il Pontefice, “il ricordo di questi testimoni antichi e recenti ci conferma nella consapevolezza che la Chiesa è Chiesa se è Chiesa di martiri”. Essi, ha aggiunto, “hanno avuto la grazia di confessare Gesù fino alla fine, fino alla morte. Loro soffrono, loro danno la vita, e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza”. E, ha avvertito il Santo Padre, “ci sono anche tanti martiri nascosti, quegli uomini e quelle donne fedeli alla forza mite dell’amore, alla voce dello Spirito Santo, che nella vita di ogni giorno cercano di aiutare i fratelli e di amare Dio senza riserve”. In realtà, ha affermato Francesco, “la causa di ogni persecuzione è l’odio del principe di questo mondo verso quanti sono stati salvati e redenti da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione”. Gesù stesso, che è “il maestro dell’amore”, ci dice: “Non spaventatevi! Il mondo vi odierà; ma sappiate che prima di voi ha odiato me”.
Gesù “con la sua morte e risurrezione ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: poiché noi siamo salvati da Gesù, e il principe del mondo questo non lo vuole, egli ci odia e suscita la persecuzione, che dai tempi di Gesù e della Chiesa nascente continua fino ai nostri giorni” - ha detto Francesco. “Quante comunità cristiane oggi sono oggetto di persecuzione!”, ha esclamato, “a causa dell’odio dello spirito del mondo”.
“Il martire – ha aggiunto a braccio – può essere pensato come un eroe, ma la cosa fondamentale del martire è che è stato un ‘graziato’: è la grazia di Dio, non il coraggio, quello che ci fa martiri”. Alla domanda: “Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa?”, la risposta per il Pontefice, è “di martiri, di testimoni, cioè dei santi di tutti i giorni, perché la Chiesa la portano avanti i santi. I santi: senza di loro la Chiesa non può andare avanti. La Chiesa ha bisogno dei santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria, portata avanti con coerenza; ma anche di coloro che hanno il coraggio di accettare la grazia di essere testimoni fino alla fine, fino alla morte”. Tutti costoro sono “il sangue vivo della Chiesa. Sono i testimoni che portano avanti la Chiesa; quelli che attestano che Gesù è risorto, che Gesù è vivo, e lo attestano con la coerenza di vita e con la forza dello Spirito Santo che hanno ricevuto in dono”.
“Pensiamo alla crudeltà, la crudeltà che oggi si accanisce sopra tanta gente, lo sfruttamento della gente… La gente che arriva in barconi e poi restano lì, nei Paesi generosi, come l’Italia, la Grecia, che li accolgono, ma poi i trattati internazionali non lasciano… Se in Italia si accogliessero due migranti per municipio, ci sarebbe posto per tutti”. Ha proseguito Francesco, “questa generosità del Sud, di Lampedusa, della Sicilia, di Lesbo possa contagiare un po’ il Nord. È vero: noi siamo una civiltà che non fa figli, ma anche chiudiamo la porta ai migranti. Questo si chiama suicidio. Io vorrei, oggi ,aggiungere una icona di più, in questa chiesa. Una donna. Non so il nome. Ma lei ci guarda dal cielo. Ero a Lesbo, salutavo i rifugiati e ho trovato un uomo trentenne, con tre bambini – ha raccontato -. Mi ha guardato e mi ha detto: ‘Padre, io sono musulmano. Mia moglie era cristiana. Nel nostro Paese sono venuti i terroristi, ci hanno chiesto la religione e hanno visto lei con il crocifisso. Le hanno chiesto di buttarlo per terra, lei non l’ha fatto e l’hanno sgozzata davanti a me. Ci amavamo tanto'”. Questa, ha aggiunto il Pontefice, “è l’icona che porto oggi qui come regalo. Non so se quell’uomo è ancora a Lesbo o è riuscito ad andare altrove. Non so se è stato capace di uscire da quel campo di concentramento, perché i campi dei rifugiati – tanti – sono di concentramento per la folla di gente che è lasciata lì. E i popoli generosi che li accolgono devono portare avanti anche questo peso, perché gli accordi internazionali sembrache siano più importanti dei diritti umani. Quest’uomo non aveva rancore. Lui musulmano aveva questa croce del dolore portata avanti senza rancore. Si rifugiava nell’amore della moglie graziata dal martirio”.
“Ricordare questi testimoni della fede e pregare in questo luogo è un grande dono” -ha aggiunto Francesco. Infatti, ha osservato il Pontefice, “l’eredità viva dei martiri dona oggi a noi pace e unità. Essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace”. Di qui l’invito a pregare così: “O Signore, rendici degni testimoni del Vangelo e del tuo amore; effondi la tua misericordia sull’umanità; rinnova la tua Chiesa, proteggi i cristiani perseguitati, concedi presto la pace al mondo intero. A Te Signore la gloria e a noi, Signore, la vergogna”.
Durante la visita alla basilica di San Bartolomeo all’Isola, luogo memoriale dei “Nuovi Martiri”, Papa Francesco ha anche benedetto una piccola scultura di legno dipinto, raffigurante una colomba, che proviene dall’iconostasi di un’antica chiesa di Aleppo, bombardata durante l’assedio della città. A porgerla al Pontefice, un rifugiato siriano di Aleppo, giunto in Italia attraverso i corridoi umanitari. Dopo la benedezione del Papa, la colomba è stata posta sull’altare della cappella che custodisce le memorie dei martiri dell’Asia e del Medio Oriente. Al termine della sua visita alla basilica di San Bartolomeo all’Isola, il Santo Padre ha incontrato un gruppo di rifugiati accolti dalla Comunità di Sant’Egidio. Tra questi, Tadese Fisaha, giovane eritreo sopravvissuto di Lampedusa, che ha donato al Papa una cartolina raffigurante i volti delle vittime del terribile naufragio del 3 ottobre 2013.
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