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Messa crismale. Papa Francesco ai sacerdoti: incarnate la misericordia

"E' proprio del cuore di Dio traboccare di misericordia, straripare, spargendo la sua tenerezza, in modo tale che sempre ne avanzi, poiché il Signore preferisce che si perda qualcosa piuttosto che manchi una goccia, preferisce che tanti semi se li mangino gli uccelli piuttosto che alla semina manchi un solo seme, dal momento che tutti hanno la capacità di portare frutto abbondante, il 30, il 60, e fino al cento per uno”. Il bel messaggio di Francesco nella Messa crismale nella basilica di San Pietro.

Messa crismale. Papa Francesco ai sacerdoti: incarnate la misericordia

“La misericordia restaura tutto e restituisce le persone alla loro dignità originaria”. Per questo, i sacerdoti sono chiamati ad incarnarla, uscendo dagli spazi ristretti, dai recinti chiusi, per fare in modo che l'amore di Dio giunga a tutti, e in mille modi. Sembra evocare ancora una volta la fantasia dello Spirito, papa Francesco, celebrando la Messa crismale nella basilica di San Pietro dinanzi a centinaia tra cardinali, Vescovi e semplici sacerdoti. Commentando le letture della celebrazione, Francesco ha spiegato che "Gesù è segno di contraddizione”: “con le sue parole e i suoi gesti, fa in modo che si riveli quello che ogni uomo e donna porta nel cuore”. Per il Papa, dopo quella parola di Cristo “oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” – nella sinagoga di Nazareth “avrebbe ben potuto scoppiare un applauso. E poi avrebbero potuto piangere dolcemente, con intima gioia, come piangeva il popolo quando Neemia e il sacerdote Esdra leggevano il libro della Legge che avevano rinvenuto ricostruendo le mura”. “Ma - ricorda il Papa soffermandosi sull'episodio, che unisce Antico e Nuovo Testamento - i Vangeli ci dicono che sorsero sentimenti opposti nei compaesani di Gesù” che “lo allontanarono e gli chiusero il cuore”. Francesco ricorda che “lì dove il Signore annuncia il Vangelo della misericordia incondizionata del Padre nei confronti dei più poveri, dei più lontani e oppressi, proprio lì siamo chiamati a scegliere, a combattere la buona battaglia della fede”. Per il Papa, “la lotta del Signore non è contro gli uomini ma contro il demonio, nemico dell’umanità”: “però il Signore passa in mezzo a coloro che cercano di fermarlo e prosegue il suo cammino”. “Gesù non combatte per consolidare uno spazio di potere”, ha ammonito Francesco: “se rompe recinti e mette in discussione sicurezze è per aprire una breccia al torrente della misericordia che, con il Padre e lo Spirito, desidera riversare sulla terra. Una misericordia che procede di bene in meglio: annuncia e porta qualcosa di nuovo: risana, libera e proclama l’anno di grazia del Signore”.

“Ci fa bene uscire dai nostri recinti”, “rompere gli schemi ristretti”, come ha fatto il buon Samaritano, che “praticò la misericordia”: “Si commosse, si avvicinò al ferito, bendò le sue ferite, lo portò alla locanda, si fermò quella notte e promise di tornare a pagare ciò che si sarebbe speso in più”. Nell’omelia della Messa crismale papa Francesco si è soffermato sulla “dinamica della misericordia, che lega un piccolo gesto con un altro, e senza offendere nessuna fragilità, si estende un po’ di più nell’aiuto e nell’amore”. Secondo il Papa, “questo modo paradossale di pregare un Dio sempre più misericordioso aiuta a rompere quegli schemi ristretti nei quali tante volte incaselliamo la sovrabbondanza del suo cuore”. “Ci fa bene uscire dai nostri recinti – ha proseguito – perché è proprio del cuore di Dio traboccare di misericordia, straripare, spargendo la sua tenerezza, in modo tale che sempre ne avanzi, poiché il Signore preferisce che si perda qualcosa piuttosto che manchi una goccia, preferisce che tanti semi se li mangino gli uccelli piuttosto che alla semina manchi un solo seme, dal momento che tutti hanno la capacità di portare frutto abbondante, il 30, il 60, e fino al cento per uno”.

Anche con riferimento alla seconda lettura, Francesco ha confidato ai sacerdoti che “siamo testimoni e ministri della misericordia sempre più grande del nostro Padre: abbiamo il dolce e confortante compito di incarnarla, come fece Gesù, che passò beneficando e risanando, in mille modi, perché giunga a tutti”. Così il Papa, nell’omelia della Messa crismale, ha sintetizzato la vocazione dei sacerdoti, indissolubilmente legata alla misericordia. “Noi possiamo contribuire ad inculturarla – ha proseguito – affinché ogni persona la riceva nella propria personale esperienza di vita e così la possa comprendere e praticare – creativamente – nel modo di essere proprio del suo popolo e della sua famiglia”. “Non dobbiamo aver paura di eccedere”, ha esortato Francesco, parlando ai sacerdoti di “due ambiti nei quali il Signore eccede nella sua misericordia”: l’incontro e il perdono, che “ci fa vergognare e ci dà dignità”. “Il primo ambito nel quale vediamo che Dio eccede in una misericordia sempre più grande, è quello dell’incontro”, ha detto il Papa: “Egli si dà totalmente e in modo tale che, in ogni incontro, passa direttamente a celebrare una festa”. L’esempio scelto è quello della parabola del Padre Misericordioso: “Rimaniamo sbalorditi di fronte a quell’uomo che corre, commosso, a gettarsi al collo di suo figlio; vedendo come lo abbraccia e lo bacia e si preoccupa di mettergli l’anello che lo fa sentire uguale, e i sandali propri di chi è figlio e non dipendente; e poi come mette tutti in movimento e ordina di organizzare una festa”. “Nel contemplare sempre meravigliati questa sovrabbondanza di gioia del Padre, al quale il ritorno del figlio permette di esprimere liberamente il suo amore, senza resistenze né distanze, noi non dobbiamo avere paura di esagerare nel nostro ringraziamento”, il commento di Francesco: “Il giusto atteggiamento possiamo prenderlo da quel povero lebbroso che, vedendosi risanato, lascia i suoi nove compagni che vanno a compiere ciò che ha ordinato Gesù e torna a inginocchiarsi ai piedi del Signore, glorificando e rendendo grazie e Dio a gran voce”.

“Può farci bene domandarci: dopo essermi confessato, festeggio?”, il consiglio di Francesco: “O passo rapidamente a un’altra cosa, come quando dopo essere andati dal medico, vediamo che le analisi non sono andate tanto male e le rimettiamo nella busta e passiamo a un’altra cosa”. “E quando faccio l’elemosina – l’altra domanda – do' tempo a chi la riceve di esprimere il suo ringraziamento, festeggio il suo sorriso e quelle benedizioni che ci danno i poveri, o proseguo in fretta con le mie cose dopo aver lasciato cadere la moneta?”.

"Quando ci vergogniamo del peccato, ci nascondiamo e andiamo con la testa bassa, come Adamo ed Eva, e quando siamo elevati a qualche dignità cerchiamo di coprire i peccati e ci piace farci vedere, quasi pavoneggiarci”. Un messaggio per i sacerdoti, ma per tutto il popolo cristiano. “La nostra risposta al perdono sovrabbondante del Signore dovrebbe consistere nel mantenerci sempre in quella sana tensione tra una dignitosa vergogna e una dignità che sa vergognarsi”, la ricetta di Francesco. Serve, davanti al confessionale, una “dignità che sa vergognarsi”, che “ci salva dal crederci di più o di meno di quello che siamo per grazia”, partendo dalla consapevolezza che “è il popolo povero, affamato, prigioniero di guerra, senza futuro, residuale e scartato, che il Signore trasforma in popolo sacerdotale”.

“Come sacerdoti, noi ci identifichiamo con quel popolo scartato, che il Signore salva, e ci ricordiamo che ci sono moltitudini innumerevoli di persone povere, ignoranti, prigioniere, che si trovano in quella situazione perché altri li opprimono”. Nella parte finale dell’omelia della Messa crismale, celebrata nella basilica di San Pietro, il Papa ha insistito sulla dignità della vocazione sacerdotale. “Ognuno di noi sa – ha proseguito – in quale misura tante volte siamo ciechi, privi della bella luce della fede, non perché non abbiamo a portata di mano il Vangelo, ma per un eccesso di teologie complicate. Sentiamo che la nostra anima se ne va assetata di spiritualità, ma non per mancanza di Acqua Viva – che beviamo solo a sorsi –, ma per un eccesso di spiritualità ‘frizzanti’, di spiritualità ‘light’. Ci sentiamo anche prigionieri, non circondati, come tanti popoli, da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di acciaio, ma da una mondanità virtuale che si apre e si chiude con un semplice click. Siamo oppressi, ma non da minacce e spintoni, come tanta povera gente, ma dal fascino di mille proposte di consumo che non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli, al gregge del Signore, alle pecorelle che attendono la voce dei loro pastori”. Gesù, invece, “viene a riscattarci, a farci uscire, per trasformarci da poveri e ciechi, da prigionieri e oppressi in ministri di misericordia e consolazione”.

Fonte: Sir
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