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Papa Francesco: "la Quaresima tempo di potatura dell'ipocrisia"

"La Quaresima sia un tempo di benefica “potatura” della falsità, della mondanità e dell’indifferenza: per non pensare che tutto va bene se io sto bene; per capire che quello che conta non è l’approvazione, la ricerca del successo o del consenso, ma la pulizia del cuore e della vita; per ritrovare l’identità cristiana, cioè l’amore che serve, non l’egoismo che si serve".

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Papa Francesco: "la Quaresima tempo di potatura dell'ipocrisia"

Tre tentazioni, tre medicine, una triplice consegna: “Aiutare ad aprire le porte dei cuori, a superare la vergogna, a non fuggire dalla luce”. Inizia così la Quaresima di Papa Francesco, in questo Anno Santo straordinario dedicato alla misericordia. Nel primo Giubileo “decentrato” della storia della Chiesa, la Messa delle Ceneri vede Francesco concelebrare, nella basilica di San Pietro, con oltre 700 missionari della misericordia – su un totale di 1.142 – chiamati a “essere segni e strumenti del perdono di Dio”, anche attraverso la facoltà di assolvere dai peccati riservati alla Sede apostolica. A dominare i colori dei camici bianchi, donati dal Papa agli speciali “ambasciatori” del Giubileo, una sorta di inviati speciali in tutto il mondo, e il viola delle stole tipico del tempo liturgico di preparazione alla Pasqua. Lungo la navata centrale della basilica, qualche manciata di minuto prima delle 17, cominciano a sfilare i concelebranti, che si uniscono ai vescovi e ai cardinali: davanti all’altare della Cattedra, le urne con le spoglie dei due grandi confessori designati da Francesco come simbolo del Giubileo, san Pio da Pietrelcina e san Leopoldo Mandic. Due gli inviti che fanno da guida all’omelia: “Lasciatevi riconciliare con Dio” e “Ritornate a me con tutto il cuore”. La “porta aperta” da attraversare è Cristo, e la Quaresima è tempo di “potatura” per ritrovare “la pulizia del cuore e della vita”.

“Riconoscersi bisognosi di misericordia è il primo passo del cammino cristiano”, l’esordio del Papa. “Si tratta di entrare attraverso la porta aperta che è Cristo”, ma “da soli non siamo in grado, abbiamo bisogno di perdono per compiere il bene”. “Dio è più grande del nostro cuore”: “Vince il peccato e ci rialza dalle miserie, se gliele affidiamo”. La “tentazione di blindare le porte”, “la vergogna ad aprire la porta segreta del cuore”, l’insidia di “allontanarci dalla porta”. Sono i tre “ostacoli che chiudono le porte del cuore”, dai quali il Papa mette in guardia all’inizio della Quaresima. “Blindare le porte”, spiega, vuol dire “convivere col proprio peccato, minimizzandolo, giustificandosi sempre, pensando di non essere peggiori degli altri”. Così, però, “si chiudono le serrature dell’anima e si rimane chiusi dentro, prigionieri del male”. Il secondo ostacolo “è la vergogna ad aprire la porta segreta del cuore”. “La vergogna – l’incoraggiamento del Papa – è un buon sintomo, perché indica che vogliamo staccarci dal male; tuttavia non deve mai trasformarsi in timore o paura”. Infine, “c’è una terza insidia, quella di allontanarci dalla porta: succede quando ci rintaniamo nelle nostre miserie, quando rimuginiamo continuamente, collegando fra loro le cose negative, fino a inabissarci nelle cantine più buie dell’anima. Allora diventiamo persino familiari della tristezza che non vogliamo, ci scoraggiamo e siamo più deboli di fronte alle tentazioni”.

“Aiutare ad aprire le porte dei cuori, a superare la vergogna, a non fuggire dalla luce”, il triplice compito assegnato dal Papa ai missionari della misericordia: “Che le vostre mani benedicano e risollevino i fratelli e le sorelle con paternità; che attraverso di voi lo sguardo e le mani del Padre si posino sui figli e ne curino le ferite!”. È realista, Francesco, ha il gusto tipicamente cristiano della concretezza della vita; sa che il “mistero del peccato” nasce quando “ci siamo allontanati da Dio, dagli altri, da noi stessi”. Sa anche come “è arduo amare gli altri, anziché pensare male di loro”, sa quanto “ci costa fare il nostro vero bene, mentre siamo attirati e sedotti da tante realtà materiali, che svaniscono e alla fine ci lasciano poveri”. È l’eterno paradosso del credente sospeso tra la “storia di peccato” e la “storia di salvezza”. Ma il rimedio c’è. La preghiera, la carità e il digiuno sono le “tre medicine che guariscono dal peccato”: la preghiera che “accorcia le distanze dal peccato”, la carità “per superare l’estraneità nei confronti degli altri”, il digiuno, la penitenza, “per liberarci dalle dipendenze nei confronti di quello che passa e allenarci a essere più sensibili e misericordiosi”. Quello del Papa, in una parola, è un invito alla “semplicità e alla condivisione”: “Togliere qualcosa dalla nostra tavola e dai nostri beni per ritrovare il vero bene della libertà”.

La Quaresima è un tempo di benefica “potatura” dalla falsità, dalla mondanità, dall’indifferenza. Servono “coerenza e autenticità”, per vincere l’ipocrisia. “Il punto d’arrivo non è “pensare che tutto va bene se io sto bene”: è comprendere che “quello che conta non è l’approvazione, la ricerca del successo o del consenso, ma la pulizia del cuore e della vita”. L’identità cristiana, il Papa ne è sicuro, è una sola: “L’amore che serve, non l’egoismo che si serve”. I missionari della misericordia sono con lui: sono pronti a seguirlo, a mettersi “in cammino”, tra loro e insieme con Pietro, per farsi “artefici verso tutti di un incontro carico di umanità”, come si legge nella Bolla d’indizione del Giubileo. Il viaggio è cominciato, con tutto il suo carico di “responsabilità”.

Fonte: Sir
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