Riascoltiamo papa Francesco sulla mission dei settimanali diocesani
Il papa nel dicembre 2017: Integrati con le nuove forme di comunicazione digitale, rimangono strumenti preziosi ed efficaci... non venga meno l’impegno da parte di tutti per assicurare l’esistenza e la vitalità a questi periodici
Voi avete un compito, o meglio una missione, tra le più importanti nel mondo di oggi: quella di informare correttamente, di offrire a tutti una versione dei fatti il più possibile aderente alla realtà. Siete chiamati a rendere accessibili a un vasto pubblico problematiche complesse, in modo da operare una mediazione tra le conoscenze a disposizione degli specialisti e la concreta possibilità di una loro ampia divulgazione.
La vostra voce, libera e responsabile, è fondamentale per la crescita di qualunque società che voglia dirsi democratica, perché sia assicurato il continuo scambio delle idee e un proficuo dibattito basato su dati reali e correttamente riportati.
Nel nostro tempo, spesso dominato dall’ansia della velocità, dalla spinta al sensazionalismo a scapito della precisione e della completezza, dall’emotività surriscaldata ad arte al posto della riflessione ponderata, si avverte in modo pressante la necessità di un’informazione affidabile, con dati e notizie verificati, che non punti a stupire e a emozionare, ma piuttosto si prefigga di far crescere nei lettori un sano senso critico, che permetta loro di farsi adeguate domande e raggiungere conclusioni motivate.
In questo modo si eviterà di essere costantemente in balia di facili slogan o di estemporanee campagne d’informazione, che lasciano trasparire l’intento di manipolare la realtà, le opinioni e le persone stesse, producendo spesso inutili “polveroni mediatici”.
A queste esigenze la media e piccola editoria può rispondere più facilmente. Essa possiede, nella propria impostazione, salutari vincoli che la aiutano a generare un’informazione meno massificata, meno soggetta alla pressione delle mode, tanto passeggere quanto invadenti. Essa infatti è geneticamente più legata alla sua base territoriale di riferimento, più prossima alla vita quotidiana delle comunità, più ancorata ai fatti nella loro essenzialità e concretezza. Si tratta di un giornalismo strettamente connesso alle dinamiche locali, alle problematiche che nascono dal lavoro delle varie categorie, agli interessi e alle sensibilità delle realtà intermedie, che non trovano facilmente canali per potersi adeguatamente esprimere.
Partecipano a questa logica anche i settimanali diocesani iscritti alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC), di cui ricorre in questi giorni il 50° anniversario. Essi possono rivelarsi utili strumenti di evangelizzazione, uno spazio nel quale la vita diocesana può validamente esprimersi e le varie componenti ecclesiali possono facilmente dialogare e comunicare. Lavorare nel settimanale diocesano significa “sentire” in modo particolare con la Chiesa locale, vivere la prossimità alla gente della città e dei paesi, e soprattutto leggere gli avvenimenti alla luce del Vangelo e del magistero della Chiesa. Questi elementi sono la “bussola” del suo modo peculiare di fare giornalismo, di raccontare notizie ed esporre opinioni.
I settimanali diocesani, integrati con le nuove forme di comunicazione digitale, rimangono pertanto strumenti preziosi ed efficaci, che necessitano di un rinnovato impegno da parte dei Pastori e dell’intera comunità cristiana e della benevola attenzione dei pubblici poteri.
Si avverte l’urgente bisogno di notizie comunicate con serenità, precisione e completezza, con un linguaggio pacato, in modo da favorire una proficua riflessione; parole ponderate e chiare, che respingano l’inflazione del discorso allusivo, gridato e ambiguo.
E’ importante che, con pazienza e metodo, si offrano criteri di giudizio e informazioni così che la pubblica opinione sia in grado di capire e discernere, e non stordita e disorientata.
La società ha inoltre bisogno che il diritto all’informazione venga scrupolosamente rispettato assieme a quello della dignità di ogni singola persona umana coinvolta nel processo informativo, in modo che nessuno corra il rischio di essere danneggiato in assenza di reali e circostanziati indizi di responsabilità. Non bisogna cadere nei “peccati della comunicazione”: la disinformazione – cioè dire soltanto una parte –, la calunnia, che è sensazionalistica, o la diffamazione, cercando cose superate, vecchie, e portandole alla luce oggi: sono peccati gravissimi, che danneggiano il cuore del giornalista e danneggiano la gente.
Per tutti questi motivi è dunque auspicabile che non venga meno l’impegno da parte di tutti per assicurare l’esistenza e la vitalità a questi periodici, e che vengano tutelati il lavoro e la dignità del suo compenso per tutti coloro che vi prestano la loro opera.
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