Una Messa al confine tra Messico e Usa: le migrazioni sino una tragedia umana
"Mai più morte e sfruttamento" - l'appello del Papa a Ciudad Jerez.
“C’è sempre la possibilità di cambiare, siamo in tempo per reagire e trasformare, modificare e cambiare, convertire quello che ci sta distruggendo come popolo, che ci sta degradando come umanità”. L’omelia della messa celebrata dal Papa nell’area della Fiera di Ciudad Juárez è iniziata con un messaggio di speranza, a partire da una frase di Sant’Ireneo – “la gloria di Dio è la vita dell’uomo” – e dalla prima lettura, che racconta di Ninive, “una grande città che si stava autodistruggendo, frutto dell’oppressione e della degradazione, della violenza e dell’ingiustizia”. “La grande capitale aveva i giorni contati, poiché non era sostenibile la violenza generata in se stessa”, ha ricordato Francesco: “E lì entra in scena il Signore muovendo il cuore di Giona, chiamato per ricevere una missione”. “Va’, aiutali a comprendere che con questo modo di comportarsi, di regolarsi, di organizzarsi stanno generando solo morte e distruzione, sofferenza e oppressione”, il mandato di Dio, che chiama Giona a “risvegliare un popolo ubriaco di sé stesso”. È il “mistero della misericordia divina”, ha commentato il Papa: “La misericordia scaccia sempre la malvagità, prendendo molto sul serio l’essere umano. Fa sempre appello alla bontà sopita, anestetizzata, di ogni persona. Lungi dall’annientare, come molte volte pretendiamo o vogliamo fare noi, la misericordia si avvicina ad ogni situazione per trasformarla dall’interno. Questo è propriamente il mistero della misericordia divina. Si avvicina e invita alla conversione, invita al pentimento; invita a vedere il danno che a tutti i livelli si sta causando. La misericordia entra sempre nel male per trasformarlo, ci incoraggia a guardare il presente e avere fiducia in ciò che di sano e di buono è nascosto in ogni cuore”.
“Piangere per l’ingiustizia, piangere per il degrado, piangere per l’oppressione”. È il triplice imperativo del Papa, che nell’omelia della messa a Ciudad Juárez, momento di congedo dal Messico, ha preso spunto dalle letture per ricordare che “Giona aiutò a vedere, aiuta a prendere coscienza: subito dopo, la sua chiamata trova uomini e donne capaci di pentirsi, capaci di piangere”. “Sono le lacrime che possono aprire la strada alla trasformazione”, le parole di Francesco: “Sono le lacrime che possono ammorbidire il cuore, sono le lacrime che possono purificare lo sguardo e aiutare a vedere la spirale di peccato in cui molte volte si sta immersi. Sono le lacrime che riescono a sensibilizzare lo sguardo e l’atteggiamento indurito e specialmente addormentato davanti alla sofferenza degli altri. Sono le lacrime che possono generare una rottura capace di aprirci alla conversione”. ” In questo anno della misericordia, voglio con voi, in questo luogo implorare la misericordia divina, voglio chiedere con voi il dono delle lacrime, il dono della conversione”, il desiderio del Papa.
“Qui a Ciudad Juárez, come in altre zone di frontiera, si concentrano migliaia di migranti dell’America Centrale e di altri Paesi, senza dimenticare tanti messicani che pure cercano di passare dall’altra parte. Un passaggio, un cammino carico di terribili ingiustizie: schiavizzati, sequestrati, soggetti ad estorsione, molti nostri fratelli sono oggetto di commercio del transito umano”. Nell’omelia della messa celebrata sul palco che si trova a 80 metri dalla frontiera tra il Messico e gli Stati uniti, accanto alla rete metallica che divide Ciudad Juárez da El Paso, il Papa ha fotografato con queste parole “la crisi umanitaria che negli ultimi anni ha significato la migrazione di migliaia di persone, sia in treno, sia in autostrada, sia anche a piedi attraversando centinaia di chilometri per montagne, deserti, strade inospitali”. “Questa tragedia umana che la migrazione forzata rappresenta, al giorno d’oggi è un fenomeno globale”, ha ammonito. “Questa crisi, che si può misurare in cifre, noi vogliamo misurarla con nomi, storie, famiglie”, ha assicurato: “Sono fratelli e sorelle che partono spinti dalla povertà e dalla violenza, dal narcotraffico e dal crimine organizzato”. “A fronte di tanti vuoti legali, si tende una rete che cattura e distrugge sempre i più poveri”, la denuncia di Francesco: “Non solo soffrono la povertà bensì soprattutto queste forme di violenza. Ingiustizia che si radicalizza nei giovani: loro, come carne da macello, sono perseguitati e minacciati quando tentano di uscire dalla spirale della violenza e dall’inferno delle droghe”. “E che dire delle tante donne alle quali è stata tolta ingiustamente la vita!”, ha esclamato il Papa a braccio dalla città messicana che vanta il record di femminicidi.
“In questo momento, desidero anche salutare da qui i nostri fratelli e sorelle che ci accompagnano, in questo momento, dall’altro lato della frontiera, soprattutto quelle riunite nello stadio di El Paso”. È il saluto finale dell’omelia del Papa a Ciudad Juárez, dedicata alle migliaia di persone assiepate oltre la rete metallica, situata a 80 metri dal palco dove si è svolta la celebrazione, che hanno partecipato al rito insieme alle 400mila persone presenti nell’area della fiera. È la prima volta che la messa di un Papa viene seguita contemporaneamente in due Stati diversi. “Grazie all’aiuto della tecnologia – ha proseguito Francesco leggendo un’aggiunta al testo scritto – posiamo cantare e celebrare insieme l’amore misericordioso che questo Dio ci dà e che nessuna frontiera ci può vietare di condividere”. “Grazie, fratelli e sorelle di El Paso, per averci fatto sentire un’unica famiglia umana!”, il tributo finale di Francesco, che prima di iniziare la messa con cui si è congedato dal Messico ha benedetto la croce eretta sulla sommità del palco in memoria di tutti coloro che sono morti nel tentativo di passare dall’altra parte della rete. Ai suoi piedi, il Rio Bravo che scorre lungo il confine con il Texas.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento