Vedere Gerusalemme e parlare agli europei
Nel Messaggio finale dell'assemblea dei vescovi europei, svoltasi in Terra Santa, emergono le sfide dell'oggi per le comunità cristiane del Continente chiamate a uno slancio di solidarietà sia nei confronti dei fratelli cristiani che vivono nelle terre martoriate, sia nei confronti di chi fugge dalle guerre e dalle violenze. In un impeto che dev'essere sempre missionario.
Pace, dialogo, rispetto reciproco pur nella “diversità” (nazionale, culturale). Famiglia (e Sinodo), libertà religiosa, libertà di educazione. E poi migrazioni, crisi economica e lavorativa, secolarizzazione (in atto nei Paesi europei, che “tende a confinare la religione nella sfera privata e ai confini della società”). Quindi Medio Oriente e Terra Santa. Sono tra le parole risuonate più volte nel corso dell’assemblea plenaria del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa), che per l’edizione 2015 ha assunto i connotati di un vero e proprio pellegrinaggio “sulle orme di Gesù”, apertosi a Korazim l’11 settembre per poi chiudersi il 16 settembre a Gerusalemme.
Al termine dei lavori è stato diffuso un “Messaggio”, i cui contenuti appaiono rivolti tanto alle Chiese in Europa quanto a quelle della stessa Terra Santa, assieme alle comunità credenti e alla realtà civili e politiche di Israele e Palestina. “Con questo pellegrinaggio, i vescovi europei – vi si legge nelle prime righe - hanno desiderato anche incoraggiare i pellegrinaggi nella terra di Gesù per rinnovare la fede e sostenere i cristiani di questi luoghi”.
“Venendo qui, i presuli europei hanno voluto rinnovare il loro radicamento in Cristo in un momento in cui l’Europa chiede alla Chiesa, anche se non sempre consapevolmente, che annunzi senza paure e con gioia la novità della vita in Cristo che è l’Evangelo”. Gli insegnamenti e gli scritti di Papa Francesco vengono richiamati nel documento, così come più e più volte i vescovi europei vi hanno fatto riferimento durante le discussioni assembleari.
Ampio il capitolo sulle migrazioni: “Guardando le gioie, le sofferenze e le sfide della Chiesa nei diversi Paesi, è emerso il grande movimento dei popoli: profughi, rifugiati, immigrati. La disperazione non ha confini. La complessità di questo esodo, con le sue inevitabili differenziazioni, richiede da parte dei singoli Stati, le cui situazioni sono radicalmente diverse, molta attenzione al fine di rispondere tempestivamente alle necessità di aiuto immediato e di accoglienza di persone disperate a causa di guerra, persecuzione, miseria”. Varie le sfumature e le sottolineature su questo tema, forse a rappresentare un dibattito che ha mostrato una pluralità di posizioni. “Gli Stati, attraverso le istituzioni necessarie, devono mantenere l’ordine pubblico, garantire la giustizia per tutti e offrire una generosa disponibilità per chi ha veramente bisogno, nella prospettiva anche di una integrazione rispettosa e collaborativa”. Viene ricordato “l’impegno delle Chiese d’Europa” sul versante dell’accoglienza. Ma, “data la complessità delle situazioni e l’ampiezza delle tragedie umanitarie, auspichiamo che anche l’Onu prenda in decisa considerazione” quanto sta tragicamente avvenendo, “e giunga ad efficaci soluzioni non solo rispetto alla prima accoglienza ma anche ai Paesi di provenienza dei migranti, adottando misure adeguate per fermare la violenza e costruire la pace e lo sviluppo di tutti i popoli”.
Medio Oriente, Nord Africa, Ucraina vengono espressamente citati invocando la pace. In specie il Medio Oriente “soffre conflitti, divisioni e guerre”, e “ha bisogno di giustizia e di stabilità nelle diverse regioni e popoli”. “Garantendo l’uguaglianza dei cittadini, i Paesi e le società mediorientali, ricchi dei propri patrimoni culturali e religiosi, potrebbero essere un esempio di convivenza per la comunità internazionale”. D’altro canto in Terra Santa “la comunità cristiana contribuisce in modo del tutto speciale a costruire la pace, l’intesa e la cultura del perdono, senza le quali non esiste coesione sociale”.
Fra i temi presi in considerazione nel Messaggio figurano il rispetto della libertà di religione e di educazione. Si parla ovviamente di famiglia, soprattutto in relazione al prossimo Sinodo. “La Chiesa crede fermamente nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna: essa è la cellula basilare della società e della stessa comunità cristiana”. E arriva l’affondo dei vescovi: “Non si vede perché realtà diverse di convivenza debbano essere trattate nello stesso modo”. “Particolare preoccupazione” desta il tentativo di applicare la “teoria del gender”: “è un progetto del pensiero unico che tende a colonizzare anche l’Europa e di cui ha parlato spesso Papa Francesco. La Chiesa non accetta – affermano i vescovi – la teoria del gender perché essa è espressione di una antropologia contraria alla vera e autentica valorizzazione della persona umana”.
Infine: “In vista dell’Anno della Misericordia, i pastori hanno rinnovato il loro impegno per la felicità vera e il destino dell’uomo. Per questo, come i primi apostoli, si rivolgono all’uomo europeo e agli Stati con la parola del Vangelo, consapevoli che solamente in Gesù Cristo trovano risposta le domande profonde del cuore e si compie in pieno l’umanesimo europeo”.
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