Gillo Dorfles, un maestro fuori dal tempo
Uno studioso a tutto campo e spesso controcorrente, che è stato sempre alla ricerca dell’autenticità nei profondi e inestricabili legami tra l’uomo, la cultura dominante e la società.
“Ebbene, ritengo che sia molto importante che l’impulso che porta l’uomo ad agire nel settore della letteratura, della poesia, delle arti visive, del cinema, conservi una sua autonomia e non diventi schiavo di modelli generalizzati, di tendenze prese a prestito da altri popoli, di sistemi in contrasto con la propria tradizione (nel senso più elevato e meno sciovinista del termine)”.
Già da queste parole, che risalgono proprio a dieci anni fa, si comprende l’importanza dell’apporto di Gillo Dorfles, scomparso ieri all’età di 107 anni, alla storia della cultura e della società. Poco prima della grande crisi che ha travagliato il pianeta a partire dal crollo della Lehman Brothers, prima ancora dei dubbi dei timidi che non volevano passare per nazionalisti retrogradi o sciovinisti, il grande critico metteva in guarda contro una globalizzazione senza cuore e senza identità.
Laureato in Medicina, poi specializzato in Neuropsichiatria, Dorfles si interessò di gran parte della creatività e della cultura: lui stesso pittore, fu studioso d’arte, di architettura e di letteratura, di religione, sociologia e di filosofia e molto altro. Prima ancora di Bauman e della sua società liquida, aveva capito che la nostra era divenuta una realtà in cui le opinioni e i gesti estetici non erano più opera di una ristretta aristocrazia di eletti ma provenivano dal basso, tendendo a trasformare però una democrazia estetica in un impero del consumo imposto con l’apparente consenso di tutti ma in realtà con il peso persuasivo dei media. Non solo, ma Dorfles poneva la grande questione del tempo:
egli teorizzò un profetico “pendolarismo mediatico” che aboliva gli intervalli temporali di cui l’essere umano ha bisogno per orientarsi e valutare i percorsi da intraprendere.
Una comunicazione superveloce rischia, secondo lo studioso scomparso, di distruggere i contenuti profondi e di negare la conoscenza stessa. La rivendicazione della possibilità, resa autorevole dal riferimento biblico da parte dello stesso Dorfles, di trasformare fisicamente “un grumo di terra” in “un’opera d’arte” è stato uno dei suoi cavalli di battaglia degli ultimi anni. Anni in cui egli metteva in guardia dal “rumore” di una overdose di stimoli mediatici che saturano le capacità creative del singolo e lo fanno diventare dipendente da quei “rumori” che gli impediscono di ascoltare se stesso. Anche la manipolazione genetica era vista da Dorfles come una minaccia in quanto la ricerca della perfezione nascondeva a suo avviso la ricerca del “biondo ariano” di nazista memoria.
Come si vede uno studioso a tutto campo e spesso controcorrente, che è stato sempre alla ricerca dell’autenticità nei profondi e inestricabili legami tra l’uomo, la cultura dominante e la società.
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