L'Ultima Cena di Saracena è di Giacomo Bissanti
Lavorò a Saracena su commissione del parroco del tempo Leonardo Mastromarchi, che presumibilmente gli fornì l’immagine stampata dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, di cui egli orgogliosamente portava il nome.
Saracena è un antico borgo calabrese, distante settantacinque chilometri da Cosenza, situato sul versante meridionale del monte Pollino, nell’alta valle del Garga che si versa nel fiume Crati. C’è chi sostiene che l’abitato sia sorto nel sito della città enotria di Sestion, menzionata da Stefano Bizantino. La chiesa matrice, dedicata a San Leone, vescovo di Catania, fu consacrata nel 1224, dal vescovo di Bisignano Guglielmo, che due anni prima (30 gennaio 1222) era intervenuto, con il cardinale Chiaromonte ed altri presuli, al rito di consacrazione della cattedrale di Cosenza, residente in essa il cistercense Luca Campano e presente alla cerimonia l’imperatore svevo, come attesta la «Historia diplomatica Friderici II». La suddetta chiesa madre di Saracena, a tre navate, con quattro cappelle gentilizie, fu più volte rimaneggiata. Ospita statue e dipinti di pregevole fattura, fra cui quello di Sant’Anna e la Vergine Maria, opera di Bissanti da Manfredonia (sec. XIX). Di fondazione medioevale sono anche la chiesa della Madonna delle Armi (dal greco armon, grotta), con affreschi e sculture risalenti al Quattrocento e al Cinquecento, e la chiesa di Santa Maria del Gamio, col significato del divino Amore, dove si rilevano un polittico del secolo XVI e le tele, assegnate al pittore Giacomo Bissanti, di San Leonardo, della Madonna del Carmine e di San Gaetano, di cui Armando Valentino Vacca scrive testualmente: «Nella chiesa parrocchiale di S. Maria del Gamio si lascia ammirare una tela di Giacomo Bissanti, recante la seguente didascalia: «San Gaetano con giglio», il dipinto si trova nella navata sinistra della chiesa». Giacomo Bissanti (1822-1879), morto all’età di 57 anni, lavorò a Saracena su commissione del parroco del tempo Leonardo Mastromarchi, che presumibilmente gli fornì l’immagine stampata dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, di cui egli orgogliosamente portava il nome. Il pittore Giacomo Bissanti, su incarico dei Cappuccini, riprodusse, nel refettorio del convento di Saracena, riacquistato dai Cappuccini nel 1854, l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci con paziente amoroso lavoro e vi appose con il carboncino la data 1859. Il convento di Saracena, che «fu pigliato seu fondato a 23 giugno 1588 con commissione dell’Ill.mo Rev.mo Monsignore Carafa Vescovo di Cassano», come attesta il documento riportato dal Padre cappuccino Giocondo Leone, chiuso nel 1915 per mancanza di frati, restò vuoto due anni e, dato in fitto al regio Commissario per rinchiudervi i prigionieri di guerra, austriaci e tedeschi. Ridotto a un rudere, è raggiungibile solo a piedi. Giacomo Bissanti, nel ricalcare la monumentale composizione vinciana dell’Ultima Cena (Milano, refettorio di Santa Maria delle Grazie), non si smarrì sotto il peso del genio multiforme di Leonardo, che Vasari, nelle «Vite», chiama «mirabile e celeste». I volti, il linguaggio dei gesti, la fervorosa concitazione, lo sconcerto, la discussione dei dodici apostoli, divisi in quattro gruppi di tre persone ciascuno, intorno al Maestro, figura centrale soffusa di serenità e di consapevolezza della missione che sta per compiersi, con i lunghi capelli e le mani poggiate sul lino della mensa, la compenetrazione di spazio reale e spazio figurato, concretano la copia quasi identica (e perciò non firmata da Giacomo Bissanti ma soltanto datata) all’originale leonardesco, che è di eccezionale valore. Il dipinto di Giacomo Bissanti, raffigurante l’Ultima Cena nel refettorio del convento di San Francesco d’Assisi a Saracena (dove è anche un meraviglioso dipinto dell’Assisiate), è una raffigurazione mai stanca e inespressiva, calibrata dal risultato artistico non irrilevante, nonostante il deterioramento dell’opera prodotto da umidità e abbandono. C’è da osservare che per custodire una «magnifica copia» dell’Ultima Cena di Artista sconosciuto, risalente al 1506-7 e grande quasi come l’originale, fu costruito appositamente un piccolo museo nell’abbazia di Tongerlo in Belgio, visitato da parecchie migliaia di turisti.
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