La consacrazione della Cattedrale di Cosenza del 25 giugno 1759
Distrutto l’antico duomo di Cosenza dal terremoto del 1184, e iniziata la ricostruzione del duomo nuovo sin dall’anno successivo, si dovette aspettare il 1222 perché l’edificio sacro venisse consacrato solennemente
Distrutto l’antico duomo di Cosenza dal terremoto del 1184, e iniziata la ricostruzione del duomo nuovo sin dall’anno successivo, si dovette aspettare il 1222 perché l’edificio sacro venisse consacrato solennemente. Il 30 gennaio di quell’anno, come noto, la cattedrale cosentina venne consacrata dal legato papale Niccolò Chiaramonte, alla presenza dell’imperatore Federico II di passaggio in città e di numerosi altri vescovi, con la dedicazione degli altari e della sistemazione al loro interno di molte reliquie.
Quella del 30 gennaio 1222 però non fu l’unica cerimonia di consacrazione che interessò la cattedrale di Cosenza. Dopo importanti lavori si procedette anche in altre occasioni alla consacrazione del duomo, mentre altre volte viene attestata la sola consacrazione dell’altare maggiore in seguito a spostamenti o rifacimenti. Per il suo carattere si tratta di una cerimonia molto rara, che riveste particolari significati e che ha lo scopo di riservare all’uso liturgico una chiesa, generalmente parrocchia o cattedrale. Per questo motivo veniva, e viene tuttora anche se il rito ha assunto il nome di “dedicazione”, celebrata in modo molto solenne, con la presenza del vescovo o comunque di esponenti di alto rango della gerarchia ecclesiale.
Nonostante la consacrazione più nota sia avvenuta il 30 gennaio, la solennità liturgica annuale della dedicazione della chiesa cattedrale di Cosenza viene fissata al 25 giugno. Come mai questo cambio di date? Il 25 giugno ricorda la seconda consacrazione del duomo cosentino, eseguita in questo giorno del 1759 dall’arcivescovo Michele Maria Capece Galeota dopo i lavori da questi fatti realizzare sull’intero edificio.
La data del 25 giugno è dunque particolarmente significativa perché, proprio in memoria della consacrazione del 1759, venne fissata come data in cui ricordare annualmente la solennità della dedicazione della chiesa cattedrale di Cosenza.
Come scriveva nell’Ottocento il canonico Saverio Giannuzzi Savelli, l’arcivescovo Capece Galeota “concepì bentosto e pose in esecuzione il magnanimo pensiero di restaurar la sua cattedrale, non già praticandovi parziali o poco durevoli riparazioni, come avean fatto i suoi predecessori, ma riedificandola dalle fondamenta e riducendola a forma più regolare, più elegante e più vasta, qual al presente si scorge”. E in effetti i lavori eseguiti da Capece Galeota furono consistenti e portarono il duomo cosentino a rivestirsi di un imponente apparato barocco, compresi diversi nuovi elementi in marmo opera di maestranze napoletane. Su tutti risaltavano l’altare maggiore e il trono vescovile (PdV 6-12/02/2020), ma anche elementi di minore “impatto visivo”, come le dodici croci di consacrazione poste lungo le colonne della chiesa. Queste ultime, individuate da chi scrive nelle croci in marmo che attualmente compongono il pavimento dell’ingresso al palazzo dell’ex collegio arcivescovile (PdV, 30/10/2014), ricoprirono un ruolo centrale proprio nella cerimonia di consacrazione. Era parte del rito, infatti, accendere dodici candele in corrispondenza di dodici croci poste sui pilastri o sulle mura laterali dell’edificio, croci che restavano anche dopo il termine della cerimonia.
La consacrazione del 1759 dovette risultare imponente, venne redattala bolla di consacrazione e per ricordare l’evento furono poste ben due iscrizioni all’interno del tempio. Una venne posta sul primo pilastro a destra di chi entra e l’altra sulla parete interna della controfacciata sopra l’arco della porta principale. Entrambe le iscrizioni non sono più in loco perché rimosse durante i restauri della prima metà del ‘900, quando la sovrastruttura barocca venne eliminata per dare luce alle strutture originarie del tempio. Una delle iscrizioni, dettata dal canonico Mazzocchi, però recitava:
“Basilicam hanc / Totius Provinciae Principem / Et antiquioribus Regni adnumerandam / Olim Honorio III P. M. / Ab Nicolao S. R. E. Card. Episc. Tuscul. / Sedis Apost. A Lat. Legato / Adstante Friderico II Rom. Imp. Utr. Sic. Rege / III Cal. febr. an. CIDCCXXII dedicatam / Invida Vetustate Ruinosam / Michael Maria Capycius Galeota / E Ducibus Reginae Patric. Neap. / Ex Cl. Reg. Miseratione Divina / Archiepisc / Aedificare Sion In Sanguinibus Nolens / A fundamentis restituit / Ara Maxima Et Pontificali Throno / Ex electo marmore adjectis / In Laxiorem Cultioremq. Formam / Redegit / Itemq. Absolutam Consecravit / VIII Cal. Quintiles MDCCLIX / Anniversario Officio / Ad VI Post Pentecoste Dominica Traslato / Aeternitati / P.”
Nel testo si metteva dunque in risalto l’opera di mons. Capece Galeota, citando esplicitamente la presenza dei nuovi elementi in marmo, ma si ricordava anche la prima consacrazione del 1222, un evento che probabilmente era ancora vivo nella memoria degli eruditi cosentini. Non è da escludere che una delle due iscrizioni fosse sormontata dal grande stemma in marmo che attualmente è posto sul portale d’accesso al palazzo della Curia. È un imponente stemma dell’arcivescovo Capece Galeota, sormontato dal galero e riproducente nello scudo le armi della famiglia Capece Galeota, in cui si inserisce lo stemma dell’ordine dei Teatini cui il vescovo apparteneva.
Rispetto agli interventi più recenti, dopo la sistemazione della facciata nel 1831, la cattedrale di Cosenza visse un altro periodo di trasformazioni tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Grazie a lavori di restauro durati circa cinquant’anni il duomo venne riportato al suo aspetto originario, cercando di far riemergere lo stile del XIII secolo che l’edificio sacro aveva ai tempi di Luca Campano e della visita di Federico II. I restauri sono ricordati dalla scritta intorno al rosone centrale che reca la data 1944, ma al termine dei lavori l’arcivescovo del tempo riconsacrò solennemente l’intero “nuovo” l’edificio. A ricordare questa terza e ultima consacrazione, voluta dall’arcivescovo Aniello Calcara e avvenuta il 20 maggio 1950, è ancora oggi presente l’iscrizione posta sulla parete di controfacciata. Un’ultima dedicazione del solo altare sul quale attualmente si celebra è avvenuta infine nel settembre del 2011, dopo i lavori di adeguamento del presbiterio seguiti agli scavi archeologici condotti sull’area. Come prevede il rito l’altare è stato unto col Crisma, sulla mensa è stato bruciato dell’incenso e al suo interno sono state collocate nuovamente, insieme a numerose altre reliquie, quelle delle sante martiri Urbicina e Secondina, presenti in cattedrale dal XVII secolo.
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