Premio Anassilaos “Civitas Europae” al giudice costituzionale Giulio Prosperetti
Ripensiamo lo Stato Sociale: perché non finanziare il lavoro invece che assistere sterilmente la disoccupazione?
La Fondazione “A. Guarasci” informa in una nota che il presidente, prof. avv. Francesco Saverio Sesti, componente del Comitato Scientifico del Premio Anassilaos, venerdì 18 prossimo, alle 17,30, al Teatro “Cilea” di Reggio Calabria, in occasione della 34a edizione del Premio stesso consegnerà il riconoscimento speciale, “Civitas Europae” per il Diritto, al prof. avv. Giulio Prosperetti, già ordinario titolare della I cattedra di Diritto del Lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tor Vergata , vicepresidente vicario della Commissione di Garanzia sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e, dal 21 dicembre 2015, giudice della Corte Costituzionale.
Oltre 40 anni di esperienza forense, il prof. Prosperetti, autore di trattati e monografie in diritto del lavoro, previdenza sociale e relazioni industriali, nel 2019 ha edito un testo, “Ripensiamo lo Stato Sociale” (Wolters Kluwer, Milano), di indubitabile attualità nel dibattito istituzionale e mediatico – e, finanche elettoralistico - in corso proprio in questi mesi in cui fa stato dell’ineludibile crisi del welfare, muovendo dalle acclarate asperità di percorso nel soddisfare i princìpi costituzionali con le forme in vigore di Stato sociale.
“Ripensare”, nell’esegesi del Prosperetti, significa che «la crisi economico-sociale non sia obiettiva, ma in gran parte determinata dalla vetustà degli strumenti giuridici che regolano la società, tutti sorti in un contesto di società industriale avanzata e la cui utilizzazione, nell’attuale diverso scenario, finisce con l’accentuare i problemi, anziché risolverli». Si deve avere il coraggio, intellettuale, accademico ed istituzionale, di porsi l’obiettivo di una ridistribuzione del reddito nel suo diretto relazionarsi col tema del lavoro, vieppiù nella prassi odierna, compiutamente integrabile col Terzo Settore (volontariato e servizio civile), partendo dalla “provocazione” quanto mai feconda di sviluppi sol che si voglia esplorarli: «perché non finanziare il lavoro invece che assistere sterilmente la disoccupazione?». Per dare cogenza pratica – partendo da un robusto retroterra teorico-accademico di ricerca ed analisi – si dovrà attuare un meccanismo di finanziamento del lavoro e non del posto clientelarmente elargito e della disoccupazione in saecula seculorum, preliminarmente reagendo al deleterio dumping sociale; garantendo quindi al lavoratore un reddito integrato dalla fiscalità generale, per far fronte, nei limiti del possibile e praticabile, al dilagante fenomeno occidentale dei “working poors” nonché, con altrettanto robuste “iniezioni” di investimenti in ricerca, cultura, educazione e formazione professionale, al parallelo fenomeno dei “neet” .
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