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Un excursus storico sulla vita e le vicende del Santo calabrese

Sant'Umile da Bisignano. Il Santo dell'umiltà

Nel frate bisignanese i fedeli vedono il desiderio del perdono, dell’impegno e della carità cristiana, con un cuore ricco di gioia e colmo di speranza verso il prossimo

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Sant'Umile da Bisignano. Il Santo dell'umiltà

Un semplice allievo di Dio, un cristiano della nostra Calabria, un fratello della Chiesa e devoto di San Francesco D’Assisi: Sant’Umile da Bisignano è tutto questo. La Chiesa ha riconosciuto la santità dell’umile frate cratense cresciuto nell’ubbidienza, apparentemente piccolo ma grande nella sua vocazione. Un Santo della gente, che ha vissuto in maniera semplice, da illetterato e da gran profeta, consigliando i papi Gregorio XV e Urbano VIII e tornando, infine, nella sua terra. Sant’Umile è l’orgoglio di una città ma anche di una regione: l’ennesimo esempio di una Calabria definibile come terra dei santi, devota e disposta al perdono più limpido e assoluto, tra mari e monti ricchi di valori e gloriosi di storia. Sant’Umile, in una Calabria divisa da contee e principati, ha lanciato una speranza per un popolo alla ricerca di una libertà: i suoi insegnamenti, l’umiltà, l’obbedienza e la devozione sono ancora un esempio per tutti i cristiani. Nel frate bisignanese i fedeli vedono il desiderio del perdono, dell’impegno e della carità cristiana, con un cuore ricco di gioia e colmo di speranza verso il prossimo.

PROFILO BIOGRAFICO – L’UMILTA’ DI UN UMILE SANTO

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La storia di quello che è definito come il secondo Santo di Calabria incomincia da Bisignano, centro della media Valle del Crati, il 26 agosto 1582. Nacque Lucantonio Pirozzo figlio di Giovanni e di Ginevra Giardino, e già da bambino vennero quelle straordinarie qualità che lo contraddistinsero nel corso della sua vita umana. Lucantonio, già in tenera età, si è avvicinato a uno straordinario percorso di fede ed è conosciuto come una persona pura e semplice, e ben voluta da tutti. Un esempio già da bambino, ricordato per aver presentato l’altra guancia a chi pubblicamente gli diede un sonoro ceffone. La sua guida spirituale nel corso della sua infanzia fu Don Marcantonio Solima, morto anch’egli in odore di santità e che intuì la particolare devozione di Lucantonio. A diciotto anni il nostro Umile riuscì a sentire in maniera sempre più netta e sempre più forte il richiamo di Dio, ma per la realizzazione della chiamata religiosa si dovrà attendere ancora nove anni. A ventisette anni così è entrato tra i Frati Minori nel noviziato di Mesoraca (Crotone), formato dal maestro Padre Antonio da Rossano e da Padre Cosimo da Bisignano come superiore del convento, e dopo non poche emise la professione il 4 settembre 1610.

Le manifestazioni della presenza di Dio nella figura di Lucantonio Pirozzo arrivarono con le continue estasi, ovvero il massimo grado cattolico dell’esaltazione mistica. Queste continue e ripetute esperienze portarono così Lucantonio ad annullare le normali capacità percettive in virtù di un contatto, sia pure temporaneo, con il mondo del divino e tutto questo lo portò alla definizione di “frate estasico”. Le manifestazioni diventarono pubbliche nel 1613, con i frati superiori che spesso eccedevano nelle verifiche e nei controlli, sottoponendo il povero frate ad umiliazioni e circostanze spesso evitabili e fuori dal comune: queste verifiche, più che delegittimare il nostro Santo, servivano invece a rinforzargli la fede in Dio. In particolare è Gianmaria da Genova, nunzio apostolico che visitava la provincia, a diffidare delle sue qualità, che a Cosenza lo sottopose a numerose prove ed umiliazioni.

Cresceva la sua fama di religioso dedito alla preghiera e all’umanità, e pur da analfabeta riusciva a stupire tutti, dando risposte sorprendenti sulla Sacra Scrittura e qualunque punto della dottrina cattolica per lui non era più segreto. Il frate manifestava i doni singolari della profezia, dei miracoli e della scienza infusa, pur vivendo nella sua solita quotidianità, quella che lo rendeva particolarmente speciale e amato dai suoi numerosi fedeli. Il frate svolgeva una vita tranquilla con tipiche mansioni come la questua, il servizio alla mensa della comunità e la cura del suo orticello, ed è proprio il legame con la terra a legarlo a Dio e alla fede: da bambino la passione verso il Signore si manifestava soprattutto nel momento del duro lavoro nei campi.

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Frate Umile era sempre più stimato e ben voluto dagli ambienti ecclesiastici: Padre Benigno da Genova, generale del suo ordine, lo condusse in sua compagnia per la visita canonica ai Frati Minori della Calabria e della Sicilia. Godeva anche dell’ammirazione dei Sommi Pontefici: prima Gregorio XV e poi Urbano VIII lo chiamarono a Roma, dove intrattennero con il frate un lungo e sentito cammino religioso, fatto di preghiere e consigli spirituali. Risiedeva nel convento di San Francesco a Ripa e anche in quello di Sant’Isidoro, con il soggiorno romano che dura per qualche anno.

Nel 1628 fece domanda per potersi recare come missionario nei tanti paesi dove risiedono gli infedeli, ma i superiori religiosi rifiutarono la proposta. Non si perse d’animo e continuò il suo progetto, illustrando la sua incrollabile fede in Dio e la sua santità in varie tappe italiane. Obbediente, grande oratore e soprattutto cultore dell’umiltà (il suo punto di forza), non faceva altro che umiliarsi dinanzi a Dio, ritenendosi un gran peccatore e a papa Gregorio XV disse «tutte le creature lodano e benedicano Iddio, io solo il solo che lo offendo», a dimostrazione delle sue innumerevoli virtù spirituali.

Negli ultimi tempi visse nella sua Bisignano, lasciando la vita terrena il 26 novembre 1637, morendo all’età di 55 anni. I tremila bisignanesi dell’epoca (le proporzioni numeriche della città cratense erano all’epoca di 1/3 rispetto alle attuali) piansero per giorni il suo frate e già pregavano per il giusto riconoscimento ecclesiastico. I processi canonici non iniziarono subito e l’attesa fu di ben cinquantuno anni, precisamente nel 1684. Padre Dionisio ne aveva scritto la vita dieci anni prima di morire, con testimonianze dello stesso Santo, così come Padre Giacomo che raccolse il percorso terriero di Umile anche grazie alle ricerche e alle testimonianze oculari. Le sue virtù furono riconosciute da Pio VI, che le definì eroiche nel 1780. Il 29 gennaio 1882 (con Breve del 1°ottobre 1881) fu nominato Beato da papa Leone XIII. Il processo completo di canonizzazione fu completato da papa Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002, con la santificazione che andrà a riconoscere i giusti meriti al sempre più amato Santo di Calabria.

I LUOGHI VISITATI DA SANT’UMILE: BISIGNANO ANDATA E … RITORNO

Sant’Umile nel corso della sua vita terrena riuscì a dare un’impronta precisa delle sue virtù religiose, attraversando varie mete dell’Italia meridionale, toccando varie regioni. Cresciuto a Bisignano, nel 1609 si stabilì nel convento di Dipignano, dove vestì per la prima volta l’abito francescano, prendendo il nome di Frate Umile.

Dopo poco tempo fu trasferito a Mesoraca, nel crotonese, dove seppur con difficoltà, realizza l’anno di noviziato. Dal 1610 al 1621 incominciò, per lui, un particolare giro dei vari conventi nella provincia monastica, secondo quanto dispone l’obbedienza dei superiori. Lo si ritrova, oltre che a Bisignano, anche a: Dipignano, Cosenza, San Lorenzo del Vallo, Figline Vigliaturo, Pietrafitta, Catanzaro, Rossano e San Marco Argentano. Con il Visitatore Apostolico, è prima a Reggio Calabria e poi a Messina, mentre, al ritorno, visiterà i conventi di Tropea, Santa Severina e Cirò, dimorando per qualche giorno in entrambe le strutture.

Una delle tappe più importanti fu quella di Petilia Policastro, dove tra il 1613 e il 1621 si manifestarono le estasi e gli altri doni, quali la profezia e la scienza infusa. A Petilia arrivano le prove più dure, con il maligno e i superiori a metterlo in difficoltà, notevolmente scettici e dubbiosi sulle qualità di Sant’Umile.

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Arriverà, poi, anche a Roma, dove intrattenne ottimi rapporti con papa Gregorio XV, e alla sua morte nel 1623, Sant’Umile chiese di poter ritornare in Calabria: durante il tragitto di ritorno si fermò per poche settimane anche a Napoli. Sant’Umile non ritornerà, almeno per come previsto, in Calabria. Da Napoli fu raggiunto da un messaggio sicuramente piacevole: il successore di papa Gregorio XV, ovvero Urbano VIII, lo volle a Roma come suo consigliere. Un onore non da poco, con il nostro Santo che soggiornò anche a Frascati, nella provincia romana. Tornato a Bisignano negli anni 1624 e 1625 ma sempre per poco tempo, mentre si stabilirà poi a Napoli, dall’aprile 1626 a metà del 1627, dimorando nel convento partenopeo della Croce.

Tornerà in Calabria e la sua presenza è documentata in due città di mare. Prima transita a Scalea, dove fu ospite del principe Spinelli, proseguendo il suo viaggio, poi, anche a Paola, e nel 1630 lascia definitivamente Roma.

Tra il 1630 e il 1634 dimora nei conventi di Napoli, Cosenza e San Fili, mentre tornerà in Campania, e precisamente a Pozzuoli destinazione cure termali per migliorare le sue condizioni di salute. Torna definitivamente in Calabria nel 1635, passando per il convento di Cosenza, e stabilendosi, infine, in quello della Riforma di Bisignano. Nella cittadina cratense morirà nel 1637.

IL DIFFICILE PERCORSO DELLA CANONIZZAZIONE, 120 LUNGHISSIMI ANNI

Tanti, forse troppi, gli anni di attesa per i fedeli che hanno invocato la canonizzazione di Sant’Umile. Un iter religioso-burocratico lungo e tortuoso, che trova il suo epicentro nella guarigione miracolosa di Francesco Mauro, ragazzo quindicenne affetto da “cachessia palustre” e da un’escrescenza tumorale a una delle due narici, poi toccate dal bastone del Santo.

Andiamo con ordine partendo dal 1780 con papa Pio VI che, con solenne decreto, dichiarava eroiche le virtù di Frate Umile. Dopo un secolo, nel 1875 Pio XI approva i due miracoli proposti per la beatificazione. Sei anni dopo e precisamente il 1° ottobre 1881 Leone XIII con breve apostolico ha dichiarato Beato il nostro Umile da Bisignano, con il rito della beatificazione che ufficialmente avvenne il 29 gennaio 1882 nell’aula Superiore del Porticato delitario della Basilica del Vaticano.

È il 2 aprile 1885 a segnare un capolinea definitivo al processo verso la santità. Nella sua città natale, e precisamente in località “Boscarelli” si trovava Francesco Mauro, ragazzo affetto da “cachessia palustre” e da un’infezione malarica che portava a un’escrescenza tumorale alla narice sinistra. Il ragazzo vide all’improvviso il Beato Umile, invocato proprio dal contadino, che gli toccava con il bastone la narice infetta: Mauro guarisce completamente.

Il miracolo è accaduto, ma le tappe per stabilirlo sono lunghe. Tra il 1889 e 1892 si svolgeva il processo apostolico sulla guarigione miracolosa, presso la Curia ecclesiastica di Bisignano. Dieci i testimoni, che confermarono tutta la versione dei fatti data dal ragazzo, così come il medico Nicola D’Aiello, il quale non può scientificamente spiegare l’improvvisa guarigione del suo paziente. Sempre nel 1892, gli atti del processo apostolico sono stati trasmessi alla Congregazione dei Riti, che resteranno sigillati, come prassi dell’epoca.

Altro salto secolare e andiamo al 1988. Con un suo decreto, la Congregazione delle Cause dei Santi dichiarava la validità del processo apostolico, e in vista dell’esame del miracolo, la postulazione della causa predispone il “summarium” delle prove raccolte. Il tutto avvenne un mese, tra l’11 novembre e il 10 dicembre 1988.

Arrivano anche giudizi totalmente opposti sul caso, che portano a diverse opinioni e innumerevoli discussioni, fin quando la Consulta si esprimerà con voto favorevole sulle modalità della guarigione di Francesco Mauro, e sarà definita, finalmente, come inspiegabile in base a conoscenze scientifiche.

Il cammino ora è quasi in discesa, e il 15 maggio 2001 si celebrava in Vaticano la Congregazione ordinaria dei Padri cardinali e dei vescovi sulla guarigione miracolosa di Francesco Mauro e il 7 luglio dello stesso anno avviene l’ultimo passo girato “dietro le quinte”. Nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, la Congregazione delle cause dei Santi, alla presenza di papa Giovanni Paolo II, comunicava così il decreto ad attestare la guarigione di Francesco Mauro. È un miracolo, attribuito all’opera provvidenziale del Beato Umile da Bisignano e ora necessario per la sua definitiva canonizzazione.

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Il 19 maggio 2002 ecco la canonizzazione di Frate Umile. A presiedere Giovanni Paolo II che, davanti a quindicimila fedeli del secondo santo di Calabria, celebrava il giusto riconoscimento al frate dell’umiltà. A Bisignano il maxi schermo, inserito all’interno della Riforma, è circondato da tutti i fedeli, accorsi in un numero mai visto. È impossibile vederne solo una parte dell’evento, tanto è il flusso di persone, ma i megafoni, inseriti in ogni angolo del convento, annunciano la Santità. Per tutti, uno sguardo al cielo e una lacrima che scende dagli occhi, soprattutto dalle persone più anziane, che in quella giornata sfogliavano il loro album di ricordi, fatto d’innumerevoli processioni e preghiere nei momenti più difficili. E a distanza di anni, ancora si fatica a credere alla canonizzazione: in città è spesso facile definirlo “Beato Umile “, tra le labbra e il cuore dei fedeli.  

LE PREGHIERE DI SANT’UMILE

Ancora oggi, a distanza di tanti anni, i fedeli invocano Sant’Umile, anche grazie ad alcune preghiere lasciate dal frate bisignanese, che si appellava al Signore con immenso spirito di devozione. Riportiamo le più caratteristiche preghiere invocate alla Santissima Trinità, a Maria, agli angeli e a tutti i Santi. Particolare è la preghiera rivolta davanti al Tabernacolo, dove Frate Umile mostra la presenza eucaristica e la possibilità di condividere qualità umane e morali con il Signore.

Preghiera alla SS. Trinità

O Padre, o Figliuolo, o Spirito Santo, o Padre eterno, o Figliuolo sapienza del padre, o Spirito Santo amor, e fuoco divino, affogatemi in questo mare d'amore, e sommergetemi in questo Pelago, ed abissatemi in questo abisso d'amore, e della Santa Perfettione. O Santissima Trinità abruggiatemi, e consumatemi in quest'ardentissima fornace del vostro amore. O Santissima Humanità del mio Giesù pregate per me, come huomo, e datemi come Dio mio Creator, e Redentor questo Santo Amore.

Preghiera a Maria

O Maria Madre di Dio, ed Avvocata di tutti gli peccatori, ed in particolare di me povarello, più di tutti i peccatori vilissimo, à Voi ricorro Maria Vergine, Concetta senza alcuna macchia, o neo di peccato, Voi chiamo in aiuto, a Voi mi raccomando o Santa Maria, impetrami questo Amore, ottenemi questa perfettione.

Preghiera agli Angeli

O Angeli, o Arch'Angeli, o Dominationi Principati, o Potestà, o Virtù, o Cherubini, o Serafini aiutatemi a pregare per me, ed impetratemi colle vostre Sante preghiere questo Santo Amore. O Michaele, o Gabriele, o Rafaele, o Angiolo mio benedetto custode non mi abbandonate, ottenetemi questa Santa Perfettione, e questo S. Amore.

Preghiera a tutti i Santi

O Celesti, e benedetti Spiriti, con tutti li Santi, e Sante, e Corte tutta del Paradiso, io vi prego, e scongiuro per li meriti di Maria sempre Vergine, Regina vostra. Per le viscere di Giesù Rè vostro, e vostro Dio, per le sue Santissime piaghe, per il suo pretiosissimo Sangue, deh di gratia aiutatemi Spiriti Celesti, e Beati, ascoltate le mie voci, mirate il mio bisogno, guardate la miseria, e la mia bassezza, o Ministri, o Paggi, o Secretarij del mio Dio chiedeteli per me il Santo, e benedetto Amore, questa Santa Perfettione.

Preghiera davanti al Tabernacolo

Colà anima mia, stà il Divino, e celeste Dio, sposo tuo, quello, che scende dal Cielo per visitarti: Colà vi è il tuo tesoro infinito: Colà stà tutto il Buono, tutto il vago, e tutto il bello del Paradiso; Colà stà la tua buona, e santa ventura. Il tuo honore, il tuo contento, la tua vita, e la tua Gloria eterna; miracolo ben mio, guardarlo gioia mia, amalo cuor mio, e ricevilo Anima mia; Qui t'inebriarai nella cella vinaria del tuo Giesù Amabilissimo; qui arderai, ed abbruciarai d'Amore verso Dio, ed il tuo prossimo; qui cominciaranno a morire le tue passioni in te; che più? qui cominciarai a morire, e trasmutati tutta, e ti trovarai tutta involta nelle Santissime Piaghe delli Piedi, e delle Mani, e nella caverna del Petto di Giesù tuo dolcissimo sposo; e legata non solo colle viscere, e racchiuse nel Chore istesso del tuo Giesù, come Iddio incarnato, nato, appassionato, morto, e resuscitato; tramandati ancora unita in unione ineffabile in fin coll'Anima del tuo Amante sposo nel più ascosto secreto della sua camera: Ma ti trovarai, (o gran cosa) tutta persa, tutta smarrita nell'immensissimo abisso delle Divina Essenza, e tutta unita dell'unione ineffabile con il tuo immensissimo, ed amabilissimo Iddio, tuo creatore, et eterno Glorificatore.

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