Originario di Sartano, ha mosso i suoi primi passi accanto al suo parroco don Elio
Che grande dono sto ricevendo
Il giovane Rodolfo Antonio Bruschi si racconta in vista dell’ordinazione sacerdotale
«Questo è il momento in cui devo essere annunciatore del Vangelo – che ho accolto e studiato
per anni – e testimone delle Sacre Scritture. Quando penso al significato del sacerdozio dico:
“Signore, che grande dono mi stai dando”. Avvicinandomi al giorno in cui verrò ordinato, penso
che Gesù mi ha dato l’unica cosa che ho, cioè la vita. Adesso voglio riconsegnarla a lui». Rodolfo
Bruschi non è ancora ufficialmente un “don”, ma parla già da sacerdote innamorato di Cristo. Sarà
ordinato il 19 giugno, alle ore 18:30, nella cattedrale di Cosenza, in una cerimonia che sarà il
culmine di un percorso vocazionale dalle radici profonde. «Il mio cammino – spiega Rodolfo – è
cominciato quando avevo 6 anni e mezzo, precisamente il 4 agosto del 2001, nel giorno della
festa patronale di Sartano. A pochi minuti dall’inizio della messa ero seduto nei banchi con mia
nonna, quando si è avvicinato il mio parroco, don Elio Perrone e mi ha chiesto se volessi fare il
ministrante. Ho risposto di sì per curiosità e non ho più smesso». E continua, ricordando con
emozione gli albori di quel cammino che lo porterà, tra qualche giorno, a dire il suo sì a Dio: «Ho
iniziato ad andare a messa non più soltanto di domenica, ma tutte le sere. Ero sempre più
affascinato dalla figura sacerdotale e ho cominciato a capire che il Signore stava tessendo
qualcosa in me e nel mio cuore. Già dalla terza elementare avevo le idee chiare. Quando
qualcuno mi chiedeva cosa volessi fare da grande, rispondevo a tutti che volevo essere un
sacerdote». Nonostante una consapevolezza sempre più granitica, Rodolfo ha aspettato prima di
annunciare la bella notizia alla sua comunità. «Inizialmente – racconta – avevo quasi timore a
confessare a don Elio il mio desiderio di seguire Gesù. Ci sono riuscito soltanto durante il primo
anno di scuola media. Don Elio non mi ha mai forzato: come un agricoltore, ha lasciato che la
piantina della mia vocazione crescesse con pazienza». E prosegue: «Ho cominciato a frequentare
i weekend vocazionali al Seminario di Cosenza, poi sono entrato nel seminario minore di San
Marco, perché avevo il desiderio di sperimentare la vita di comunità». Anni di formazione che,
per Rodolfo, sono stati particolarmente significativi: «Conservo questi ricordi – spiega – con tanto
piacere. Sento di essermi formato sia grazie agli amici del seminario che a quelli della scuola
superiore, nella quale continuavo ad andare. In quel periodo ho vissuto anche le prime
esperienze. Non mi piace chiamarle tentazioni, ma, grazie a questi momenti, ho capito ancora di
più quanto fosse forte il mio desiderio di voler seguire il Signore. Non nascondo che, qualche
volta, ho pensato a una vita fuori dal seminario. Eppure, anche nel dubbio sentivo il richiamo del
sacerdozio». Altrettanto importante è stato il periodo trascorso nel seminario maggiore, il
Redemptoris Custos di Cosenza. «In quegli anni – aggiunge – sono cresciuto a livello spirituale,
culturale e relazionale. Da seminarista, la mia giornata tipo si basava su tre colonne
fondamentali: la preghiera, lo studio e le relazioni intese come comunione. Se penso a quei
momenti non posso nascondere la mia commozione. Ogni giorno sentivo di incontrare il Signore,
affinché poi fossi pronto ad annunciarne la venuta». Non che il cammino di Rodolfo sia stato
privo di tentennamenti: «Al secondo anno del seminario maggiore – racconta – ho avuto una
forte crisi. Ogni giorno mi chiedevo se il Signore volesse davvero che io intraprendessi questa
strada. Le mie domande spirituali albergavano soprattutto nel cuore, non nella testa. Chiedevo a
Gesù di darmi un segno, lui mi ha risposto con le belle parole dei miei formatori e dei miei
compagni di viaggio. Allora ho capitò che mi voleva veramente e che io volevo veramente
seguirlo».
Quando gli si chiede a quali Santi si ispirerà per portare avanti la sua missione di servitore di Cristo,
Rodolfo non ha dubbi: «Sono affascinato soprattutto da due figure: quella di San Domenico,
fondatore dell’Ordine dei Predicatori e patrono e protettore di Sartano, e quella di Sant’Antonio,
un santo giovane, popolare, al quale la gente si rivolge con purezza e che ha predicato il
messaggio di Cristo soprattutto in Italia, nonostante fosse spagnolo. A Sant’Antonio chiedo
spesso di farmi essere semplice non come vuole il mondo, ma come insegna il Vangelo e come lo
è stato lui. Povero e umile, è stato portavoce del messaggio del Signore, ma la sua povertà era
quella evangelica, quella che ci permette di essere grandi e ricchi nel regno dei Cieli». Umiltà e
comunione con le persone saranno anche i caposaldi del suo sacerdozio: «Non voglio essere –
spiega – un prete che aspetta, ma voglio riuscire a creare relazioni belle e mature con i miei
parrocchiani. D’altronde, il Signore non si incontra soltanto in sagrestia o nella chiesa, ma
soprattutto tra i fratelli. E in quei fratelli voglio sentire la presenza di Dio, perché mi sento scelto
dal popolo e per il popolo». Poi continua: «Da sacerdote spero anche di sapermi nutrire ogni
giorno dell’incontro con Gesù, tramite il binomio preghiera-pastorale. Proprio la pastorale è una
materia che mi ha sempre affascinato fin da quando frequentavo il seminario, perché mi ha
insegnato a vivere con la gente». Di quanto intenso possa essere l’incontro tra un parroco e la sua
comunità, Rodolfo ne ha avuto un assaggio nei suoi mesi in parrocchia a Mendicino. «Con don
Enzo e don Gino – racconta – ho sperimentato la fraternità sacerdotale. Al mio arrivo ho trovato
una comunità armoniosa nella quale è stato facile inserirsi. Della vita parrocchiale mi piace il
dinamismo: ogni giorno è possibile esercitare il ministero in varie situazioni: dando conforto ai
malati e interfacciandosi con i giovani, le persone adulte e le famiglie. E prosegue: «Insieme a
don Enzo mi sono anche occupato di seguire il gruppo ministranti della parrocchia, quello che
per me è “il seminario parrocchiale” di una comunità. Nonostante l’emergenza coronavirus
abbiamo continuato a tenerci in contatto grazie ai nuovi mezzi di comunicazione come Skype. Lo
stretto legame tra ministrante e parroco può trasformarsi in un vivaio di vocazioni». Per Rodolfo
la missione del sacerdote è un’esperienza talmente totalizzante che anche nel tempo libero cerca
il contatto con Gesù. «Come hobby – conclude – mi piace ascoltare musica, soprattutto le
canzoni dei Rondò Veneziano, anche quando devo scrivere o studiare. E poi, durante il lockdown,
ho interiorizzato ancora di più la regola benedettina “ora et labora”: ho piantato i semi di un
piccolo orticello che adesso sta dando i primi frutti».
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