Il Testamento Spirituale di S.E. Mons. Serafino Sprovieri
Arcivescovo emerito di Benevento
San Pietro in Guarano 18 maggio 1930 - Cosenza 2 gennaio 2018
Signore Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è giusto e doveroso renderti grazie davanti all’intera Corte Celeste, ai Tuoi piedi con la Beatissima Vergine Maria, che hai voluto darmi come Madre, perché i miei 80 anni sono stati un tessuto di doni! Ogni frammento della mia esistenza porta incastonata una Tua grazia, fin da quando appena nato mi hai segnato come Tuo “figlio” col Battesimo. Tanti hanno pregato per me; così i tormentati anni della adolescenza sono stati avvolti dalle fasce della Tua misericordia.
Nonostante tanti marosi, non è venuta meno la vocazione, ma anzi è cresciuta, sfociando in un mistero intenso, in cui col Tuo aiuto ho cercato di fare un po’ di bene. Grazie anche alla mediazione di tanti bravi Sacerdoti, a cominciare dal mio Parroco D. Domenico Cassano e poi tutti i Superiori del piccolo Seminario prima e di quello Teologico dopo, in modo particolare P. Pezza, P. Peluso, P. De Tommaso, P. Carusone, P. Godino, e poi tanti professori, tra cui il prof. Sergi, il prof. Scopelliti, il prof. Perrone, il prof. Santoro, il prof Tenuta, ecc. Confesso, o Signore, di non aver valorizzato i Tuoi talenti, sciupandoli con entusiasmi fatui, come quello per i fumetti e poi anche per la musica. Non ho seguito una seria disciplina nello studio così mi trovo oggi in tutto (teologia, filosofia, scienze, letteratura, musica) a mezza strada. Comunque ho cercato sempre di regalare agli altri il meglio di me, e questo è stato un incentivo continuo. Mi hai voluto, nonostante la mia indegnità, Tuo Sacerdote e poi persino Tuo Vescovo. È stato per me una prova terribile, perché mi sentivo indegnissimo, mentre tutti affermavano che davvero era una “scelta dello Spirito Santo”!
Quando fui ordinato Sacerdote da Mons. Aniello Calcara, che stravedeva per me, piansi di vergogna; ma egli mi volle suo Segretario e mi affidò tanti impegni (Parola di Vita, Premio Cosenza) gravosi. Quando poi Mons. Selis mi comunicò la nomina a Vescovo di Temisonio ed Ausiliare di Mons. Fares, mi sentii inabissato nella confusione. Un sentimento così profondo che alla fine dell’ordinazione episcopale non volli dire una sola parola! Mi sentivo come un intruso: sapevo fare – così mi pareva – così bene il rettore; perché buttarmi nell’arena difficile di Pastore, in un tempo di totale cambiamento? Il mio ministero episcopale è stato una continua improvvisazione, cercando di fare discernimento nelle varie realtà ecclesiali (Catanzaro, Rossano, Benevento) e potenziandovi il bene in tutti i modi. Riconosco che questo è stato un bene.
Non bisogna imbrigliare la Chiesa dentro un paradigma pastorale, frutto delle idee personali. Bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito. In fondo ho sempre cercato questo, tenendo presente l’esempio dell’unico vescovo sperimentato bene: Mons. Calcara. Ma il nucleo calcariano è stato arricchito dalla umiltà di Mons. Picchinenna e dall’umanità squisita di Mons. Enea Selis. Grazie, Signore, del bene che hai operato anche attraverso di me! Ma ora, fuori del fiume delle responsabilità ecclesiali, mi rendo conto delle cose mal fatte e soprattutto dall’aver avuto quasi sempre me stesso come fine secondario delle azioni: ho agito per la Tua gloria, ma purtroppo senza dimenticare la mia! Che peccato! Azioni ibridate da poca rettitudine! Se Dio è Amore, e l’uomo deve farsi amare, il vuoto nella mia vita deriva tutto dalla carenza nell’amore. Invece di scegliere Dio solo, con Lui ho cercato altra cianfrusaglia! Perdonami, Signore, tutto il male fatto e tutto il bene difettoso. Ascolta per questo il gemito ininterrotto del mio cuore, sia di giorno che di notte, rivolto a Te tramite la Vergine Santissima, con i centomila Santi Rosari, l’unica preghiera mia, imparata a casa, dalla Mamma Francesca e dal coro compatto dei miei familiari.
Signore, mi sono messo nelle Tue mani per il tramonto della mia esistenza. Dopo la lettera di dimissioni del 18 maggio 2005, ho lasciato il timone solo nelle Tue mani. Grazie, perché mi ha fatto sperimentare gli scogli... e così mi sono persuaso che non era oro ciò che luccicava.
Proprio le sofferenze mi hanno aperto i ripostigli segreti, dove si annidava l’orgoglio! Ma nella Tua bontà mi hai aperto una cordiale accoglienza presso la Chiesa Madre: mi hai dato qui una casa dignitosa. Il mio ex alunno, mons. Fausto Cardamone, con la sua gratitudine mi ha ferito il cuore. Sei di una Tenerezza infinita: non avevo pensato ad una casa mia; ci hai pensato Tu, nel modo più generoso immaginabile. Accolgo fin da adesso “sorella morte” in qualsiasi modo Tu vorrai presentarmela nella consapevolezza che la resurrezione deve incarnarsi dentro di me con un processo che inizia con la grazia santificante, matura con l’amore e si manifesta col perdono (che cambia la vita altrui se la mia è stata trasformata da Cristo).
Amen.
Esercizi spirituali
Cetraro 21-25 novembre 2010
† Serafino Sprovieri
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