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La mia vocazione è sbocciata in famiglia

Don Vincenzo Carnevale, parroco di Fuscaldo, compie il 50° di sacerdozio

La mia vocazione è sbocciata in famiglia

Sono trascorsi cinquant’anni da quando, prostrato a terra nella chiesetta dove ha ricevuto il Sacramento del Santo Battesimo, don Vincenzo Carnevale ha invocato lo Spirito Santo affinché suscitasse in lui quell’entusiasmo e senso missionario che lo avrebbe portato ad annunciare le grandi opere di Dio. È con disponibilità e amorevolezza che don Vincenzo ha regalato di Parola di Vita il racconto e le emozioni dei suoi 50 anni di vita consacrata, riconoscente al Signore per questo immenso dono.
Don Vincenzo, quando è stato ordinato sacerdote e da chi?
Il primo agosto 1970 nella parrocchia del mio Battesimo, S. Maria della Stella, Scarcelli, Fuscaldo, dove da bambino aiutavo il Sagrestano a suonare le campane, per le mani del caro mons. Francesco Tortora, dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola.

don Vincenzo Carnevale copia

Ricorda le emozioni di quei momenti?
Prostrato a terra, quel giorno, primo agosto 1970, prima di essere unto e consacrato ‘Sacerdos in aeternum’, dal Sommo ed Eterno Sacerdote Cristo Signore, circondato dai miei familiari e dai miei confratelli, da tutta la comunità in festa, pieno di gioia e riconoscenza ho iniziato a cantare il Magnificat rileggendo il mistero della mia chiamata, dono immeritato e tremenda mia responsabilità. Ho rivisto in un attimo tutte le meraviglie che Dio aveva operato in me, umile fragile creatura. Undicesimo di una famiglia di quattordici figli, educati e felici di fare famiglia vera e unita, cristiana e, perciò, sempre serena, tutti, piccoli e grandi, avevamo il nostro compito, il nostro ruolo, la nostra missione in conformità alla nostra età. Tutti avevano progetti su di me: papà mi voleva medico o avvocato (le figure preminenti, allora, in paese), mamma mirava e voleva solo che io crescessi educato e rispettoso. Tra i miei fratelli e sorelle c’era dissenso. Personalmente, ricordo di non aver avuto progetti particolari se non quelli di concludere il ciclo scolastico con l’Avviamento e trovarmi una occupazione, magari restando nei miei campi e di formarmi una famiglia bella, povera ma felice come la mia! Anche di questo, ora, sono certo! La mia vocazione è sbocciata nella mia famiglia, il vero ‘seminario’ di ogni vocazione. In questa, ho ricevuto in dono la vita il 13 ottobre 1944. Una famiglia numerosa (quattordici figli!) bella, armoniosa, povera di mezzi economici, ma ricchissima di fede, di valori e dei frutti della terra, sempre generosa e ricca di frutti da condividere nella gioia di una fraternità, che era testimoniata dallo scambio sincero e disinteressato di prodotti di terra e di mare. Quel pomeriggio di fine settembre 1956, qualcuno ha cambiato tutto! Dopo tre giorni, via a Paola, nel ‘Collegium Minimorum’, tra lo stupore e lo sgomento dei miei che, conoscendomi bene, hanno sempre temuto di fare una brutta figura! Ma io ero felice perché mi sentivo libero di andare là dove mi sentivo chiamare, anche se non immaginavo nulla di quanto mi sarebbe accaduto.
Come reagirono i suoi genitori?
Ricordo lo smarrimento di mamma e papà, le lacrime dei miei fratelli e sorelle che non volevano lasciarmi andare! Ma io seguivo solo la voce che udivo nel mio cuore che mi rendeva libero e felice, come lo sono ancora di più ora! Non mi sono fatto religioso e sacerdote io! Qualcuno l’ha voluto, mi ha preso per mano (molte volte, anche per le orecchie e con una certa veemenza!), mi ha condotto e rialzato sempre con misericordia, e mi ha voluto e posto al servizio dei fratelli. Nella vera vocazione, non si sceglie, si viene scelti. Questo ho imparato e, oggi, sono pienamente felice di aver seguito quella chiamata indescrivibile, anche se continuo a chiedermi, ancora, perché Gesù ha chiamato proprio me. So per certo, però, che sono stato eletto, scelto e consacrato, non per i miei meriti o presunte mie qualità, ma per amore e solo per il Suo amore! Oggi, continuo il canto di lode e di ringraziamento, convinto più di prima, che non sono stato io né altri a scegliere! Qualcuno ha fatto tutto: mi ha eletto, mi ha scelto, mi ha amato da sempre, mi ha formato, mi ha consacrato e mandato a compiere una missione Sua nella Sua Chiesa, mi sostiene, mi guida, è la mia gioia e la mia pace! Com’è avvenuto? E chi mai può spiegarlo?

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A cinquant’anni da quel giorno cosa si sente di raccontarci della sua esperienza di vita sacerdotale e parrocchiale?
Non ho scelto mai in quale parrocchia andare, e dove sono stato mandato, sono andato nel nome di Gesù, buon e solerte Pastore, e ho cercato di servire con amore e perseveranza e fondando tutto sull’ascolto della Parola e sull’Eucaristia quotidiana. Mai un giorno senza Eucaristia! Nessun privilegio e nessuna preferenza: tutto ciò che non ho potuto fare a tutti, non l’ho fato per alcuno! È stato questo il principio che ha guidato la nostra vita pastorale e comunitaria. Massima attenzione e premura per gli ‘emarginati’ di ogni tipologia, ammalati, vecchi e bambini, avendo per certo che questo non è privilegio ma amore e dovere prioritario. La catechesi ai bimbi, fanciulli, ragazzi, adolescenti e giovani, come la preparazione alla celebrazione dei Battesimi, Cresima e Matrimonio è stata fondata sulla Parola e sulla bellezza della vitalità della liturgia ben curata e celebrata. Non ho mai avanzato richieste e non ho mai pensato di arrivare ad un mio traguardo: nel vero ministero non si accampano pretese, diritti, cariche onorifiche, riconoscimenti pubblici, passerelle di visibilità non si inseguono sogni di gloria o posti di onore e di potere! Non avevo miei progetti, né mie prospettive: cerco sempre di sapere cosa vuole Dio da me, cosa mi impone il Vangelo che ho scelto come unica regola della mia vita: non ho miei progetti, neanche oggi: ascolto e cerco quello che Dio vuole da me.
Ad un giovane sacerdote o a chi si sta preparando alla chiamata di Cristo quale consiglio si sente di dare?
Nulla da insegnare, ma offro loro la grazia di quanto ho imparato dal dono di questi anni, intensi e sereni, anche nella sofferenza e nelle inevitabili prove e crisi della vita. Vivete di Eucaristia, Parola di verità e Pane di vita eterna! Nutritevi e lasciatevi assimilare quotidianamente dall’Eucaristia per essere illuminati dalla Parola e nutriti dal Pane della vita, per illuminare e nutrire quanti Dio vi ha affidato! Nessun’altra ragione o ‘impegno pastorale’ deve distogliervi da questo compito prioritario ed essenziale, quello della Parola da annunciare e del Pane da spezzare ogni giorno! Il Sacerdote-Pastore, infatti, prima di scendere tra il gregge, deve salire degnamente l’Altare, fare comunione con Cristo prima di pretendere di farla con i fratelli. Non fate preferenze di persone! La preferenza deve essere per gli ultimi, gli emarginati, gli esclusi e i poveri, nella consapevolezza che questa non è privilegio ma dovere e amore. Siate liberi e distaccati dal denaro e mai usate il Sacro per profitto. Tutto fate per amore, perché tutto ci è stato donato gratuitamente e tutto deve essere da noi donato con gratuità! Ricordate che il Sacerdote non è stato consacrato e mandato ad accontentare le voglie dei fedeli per avere e procurarsi consensi e benevolenze capziose! È mandato a illuminare e guidare il Popolo di Dio secondo la Sua Parola! Egli deve essere fedele al Signore, al Suo Vangelo e al Ministero affidatogli! Deve essere se stesso, credibile nell’annunciare perché crede e vive ciò che annuncia e propone. Siate liberi da tutti e da tutto ciò che vi impedisce di essere di tutti e a servizio di tutti. Non legate il vostro ministero al successo personale, al consenso pubblico, agli applausi interessati e a fini economici! Tutto abbia origine e tutto sia orientato solo alla Gloria di Dio e al bene della porzione del Suo popolo a voi affidato in dono e responsabilità.

Qual è il ricordo (o i ricordi) più bello/i che le ha regalato questo cinquantesimo di sacerdozio e che custodisce gelosamente nel cuore? 

Uno più bello dell’altro! Anche i momenti più difficili, di prova e di crisi, sono stati trasfigurati e trasformati dall’Eucaristia quotidiana, in momenti di grazia e mi hanno fatto crescere e maturare nel donarmi a tutti senza condizioni o preferenze. Tutto il bello e il buono, tutto e tanto mi è stato donato, e tutto ancora mi resta da dare e da donarmi, fino al compimento di questa splendida corsa verso la meta, nel quotidiano combattimento della battaglia della fede e della vita da spendere per amore dei fratelli. Da questo mio traguardo raggiunto, dono esclusivo della grazia della misericordia della Trinità Santissima, io voglio ripartire, con più fede e più speranza, impegnandomi a voler vivere serenamente il tempo, che Dio vuole ancora concedermi, come Kairòs, imparando nella Preghiera assidua e nell’Ascolto quotidiano della Parola a saper ‘contare’ e vivere questi altri miei giorni ‘perché possa giungere alla sapienza del cuore’ (Sal 90,12) e dare, ancora, ‘frutti vigorosi e rigogliosi’ (Sal 92,15). Per tutto il resto dei miei giorni, Ringrazio e lodo il Signore per il dono del mistero della mia Vocazione e della responsabilità della Missione a me consegnata, al servizio e per il bene delle diverse e arricchenti Comunità, a me donate e affidate e che mi hanno fatto crescere nella fede, rafforzare nella speranza e maturare nell’amore oblativo. Tutto è, davvero, solo Grazia e Misericordia. Perciò questo mio cinquantesimo di MESSA, è atto di amore e riconoscenza a Dio che mi ha voluto, affidare nella Sua infinita misericordia, questo Servizio, in dono e responsabilità, e a quanti, compagni inseparabili nel combattimento della fede nella carità, hanno reso feconda e bella questa preziosa avventura dell sequela di Cristo a servizio dei fratelli, con dedizione e fedeltà, sorretto dalla grazia e dal Suo amore. Senza nostalgia, dunque, né prigioniero del passato, vivo la Grazia del presente, proteso verso il futuro, e vivo nella sua pienezza il dono delle mia vecchiaia, che è ‘la corona dei giusti’ (Pr 10,27) e la stagione dei frutti più gustosi e, nella attesa della festa del raccolto, continuo a combattere ‘la buona battaglia per conservare la fede’, nella viva speranza, di poter portare a compimento la mia corsa verso la Meta: Cristo Signore (Fil 3,13-14; Tm 4,7-8).

“Un atto di amore e di riconoscenza a Dio”: è così che si può riassumere il cinquantesimo di sacerdozio di don Carnevale. Mezzo secolo ricco di momenti intensi e sereni, come lo stesso don Vincenzo li ha definiti, anni di grazia vissu

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