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Le famiglie della diocesi si incontrano e si guardano "con occhi diversi"

Ad agosto il campo famiglie a Tropea. Per prepararci, ecco alcune testimonianze...

Le famiglie della diocesi si incontrano e si guardano "con occhi diversi"

“Con occhi diversi” è lo slogan che accompagnerà la prossima vacanza-studio, promossa dall’Ufficio diocesano di Pastorale Familiare. Dal 6 all’8 settembre, a Tropea, presso il B&B “Laudato sii”, adulti e coppie di sposi si confronteranno sulla bellezza che nasce dall’incontro tra diverse generazioni e culture. Tre giorni per promuovere lo scambio tra differenti tradizioni e il dialogo su idee poco esplorate; per stimolare l’uscita da sé ed essere capaci di guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Come in ogni evento promosso dall’UPF, particolare attenzione sarà data ai più piccoli: i figli vivranno, infatti, a loro misura, un’esperienza formativa sull’accoglienza e il dialogo interculturale, curata da “Animatema di Famiglia”.

Presente per l’intera durata della vacanza-studio, il vescovo, mons. Giovanni Checchinato, che accompagnerà i partecipanti insieme a Cristina Marino, pedagogista, operatrice di prevenzione del disagio giovanile e formatrice nei percorsi “GEG: Genitori ed Educatori Generativi” ideati dall’impresa sociale “l’Aratro e la Stella”. A impreziosire questo incontro sarà la famiglia di Ilaria e Maurizio Vannozzi, da anni collaboratori del programma Refugees Welcome e parte di una comunità di famiglie, “Il Mandorlo”.

Li abbiamo intervistati.

Quali sono le parole-chiave per accogliere e accompagnare l’incontro tra diverse culture?

Crediamo che la parola più importante per spiegare il nostro desiderio di aprirci all’accoglienza sia "bene". Sappiamo che quando la usiamo, tutti pensano al bene che possiamo fare aprendo la nostra porta agli altri, siano essi vicini o provenienti dall'altra parte del mondo, simili a noi o molto diversi. Tuttavia, non è questo il "bene" che ci ha spinto e ci continua a spingere a vivere l’accoglienza; ciò che ci motiva è, in realtà, il nostro egoismo. Attraverso l’accoglienza, abbiamo imparato a parlare sinceramente tra di noi. Quando eravamo una giovane coppia alle prese con i pannolini e le notti insonni dovute ai figli piccoli, l’accoglienza di una ragazza adolescente ci ha obbligato a trovare il tempo per confrontarci con problemi che allora non avremmo mai immaginato.

Accogliere l’altro è come esplorare nuovi mondi. Cosa avete scoperto condividendo altre culture?

Nell’accoglienza, abbiamo imparato a "fare spazio" e, così facendo, abbiamo scoperto, noi e i nostri figli, che abbiamo bisogno di molte meno cose di quelle che pensavamo e di quelle che abbiamo ma soprattutto a condividere il nostro tempo ed energie per stare con l’altro.

Come l’accoglienza aiuta i genitori nel loro compito educativo?

L’accoglienza è un fantastico strumento educativo: condividere la propria vita con ragazzi che hanno affrontato grandi difficoltà, che sono stati nelle carceri libiche o che hanno attraversato un continente per aiutare la loro famiglia o migliorare la propria vita, rende molto semplice spiegare il valore della vita, delle cose e degli affetti, senza bisogno di molte parole. Basta sedersi a tavola e ascoltare i racconti che queste persone ci regalano.

Accogliere è credere di esser parte di una famiglia più grande. È testimoniare soprattutto cosa?

L’accoglienza ci permette di dire all’Italia e all’Europa, che si stanno chiudendo sempre di più, e a un mondo che costruisce muri invece di ponti, che noi, come famiglia, non siamo d’accordo. Oltre che con il voto, l’accoglienza è la nostra forma di resistenza. L’accoglienza ci permette di vincere i nostri preconcetti e le nostre paure. La prima volta che abbiamo accolto un ragazzo musulmano nella nostra casa, Issah dal Gambia, c’era stato da poco l’attentato al Bataclan e c’era tanta paura nei confronti del terrorismo di matrice islamica. Scoprire un ragazzo docile, mite, assolutamente non violento e che durante il Ramadan neanche uccideva le zanzare, perché “la vita appartiene ad Allah e non all’uomo”, ha smontato rapidamente le nostre paure e i nostri preconcetti.

Il dono più grande che viene dall’accogliere?

L’accoglienza ci permette di viaggiare per il mondo, di conoscere attraverso i racconti delle persone paesi che forse non visiteremo mai: l’Ungheria, il Gambia, l’Algeria, l’Ucraina, la Somalia… Alla nostra tavola assaggiamo sapori, ascoltiamo canzoni e racconti, scopriamo mondi nuovi. Ecco quindi perché accogliamo, perché accogliendo la nostra vita diventa più piena, più ricca e più consumata e se questo accade anche alle persone che per un periodo condividono con la nostra casa e entrano a far parte della nostra famiglia, è un piacevole effetto collaterale.

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