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San Nicola. Chiesa e spazi per incontare l’uomo. Nasce il primo Cinema

L’edificio di San Nicola fu il primo avamposto nella Città nuova dopo la II guerra mondiale 

San Nicola. Chiesa e spazi per  incontare l’uomo. Nasce il primo Cinema
chiesa san nicola cosenza (1)

I lavori di costruzione della chiesa di San Nicola iniziarono il 10 settembre del 1956. L’esigenza nasceva a seguito dei devastanti bombardamenti che avevano reso inagibile la precedente chiesetta collocata lungo la strada principale, dove oggi sorge la canonica con sotto alcuni locali commerciali ad uso privato per una farmacia. Don Eugenio Magarò venne nominato parroco della chiesa di San Nicola in Cosenza direttamente dalla Santa Sede il 28 giugno 1945. Ordinato sacerdote il 29 giugno del 1942 all’età di 25 anni, il 12 agosto 1945 prende possesso della chiesa parrocchiale danneggiata dai bombardamenti nel secondo conflitto mondiale. Dopo una breve attesa all’inizio del 1946 vengono avviati i lavori di demolizione dei ruderi pericolanti della Casa Parrocchiale e delle macerie del dopoguerra. Il primo intervento di restauro interessa la sala del cinema Don Bosco per la cura pastorale della gioventù maschile la cappella della Madonna di Lourdes e due stanzette della suddetta cappella. Poi nel 1947 come annota lo stesso sacerdote nel suo prezioso diario, che ho ritrovato ed è stato la base di una mia pubblicazione sulla chiesa, si procedette al restauro della chiesa. È l’anno del congresso eucaristico regionale. Nel 1948 si rende necessario un intervento al tetto pericolante della piccola chiesa. Ed è lo stesso anno durante il quale viene acquistata la macchina di proiezione a passo ridotto per il cinema dei ragazzi nella cappella di Sant’Antonio in San Domenico. Contemporaneamente il sacerdote inoltra la domanda per l’acquisto del vicino distretto militare. Nel 1952 viene approvata la nuova legge per le chiese e il sacerdote avvia i contatti per acquistare un suolo. Nel 1956, il 10 settembre iniziano i lavori di sbancamento, e il 28 ottobre festa di Cristo Re viene posata la prima pietra benedetta dall’Arcivescovo monsignor Aniello Calcara. Dal 1957 vengono effettuati i lavori di fondazione poi le pilastrature nel sottosuolo il solaio piano chiesa. Il 29 novembre la grande gettata di cemento per il solaio del tetto e della chiesa. 
L’11 febbraio 1961 viene celebrata la prima messa solenne nella nuova chiesa che viene aperta al culto l’anno successivo. Il 19 marzo si tiene l’inaugurazione e il pavimento e della chiesa e il 16 dicembre la consacrazione dell’altare durante la Celebrazione Eucaristica, mentre la dedicazione sarà rimandata a lavori completati. L’inaugurazione solenne del cinema Parrocchiale San Nicola 18 febbraio 1967 e il primo film proiettato 2 giorni dopo fu “E venne un uomo” dedicato a papa Giovanni XXIII per la regia di Ermanno Olmi.
Il parroco Monsignor Eugenio Magarò non si accontentò di riedificare un luogo di culto, ma con spirito lungimirante riguarda alle strategie urbanistiche post belliche della città avviò un progetto più ambizioso, ipotizzando una chiesa che potesse essere un luogo per dialogare con i cittadini e offrire ad essi luoghi e spazi di aggregazione per una crescita umana e spirituale. Per far questo si affidò ad un tecnico di grande fama e che si era già distinto per le sue competenze nel campo dell’architettura. Don Eugenio coinvolse Vittorio Ballio Molpurgo, preside della Facoltà di Architettura di Roma. La scelta non fu casuale ma sottolineò l’urgenza di offrire alla città insieme agli strumenti pastorali, che in altre parti d’Italia erano ormai una realtà, spazi pastorali, canonica e il primo cinema parrocchiale. La chiesa è coerentemente rappresentativa dell’architettura sacra degli anni 50. Non più ancorata allo schema razionalista, che aveva fortemente caratterizzato l’architettura precedente, offrì al credente il linguaggio severo intriso delle conquiste della nuova tecnologia: i grandi pilastri di cemento, che si trasformano in alto nelle grandi travi di sostegno, sono marcatamente evidenziati dal colore grigio che si stacca dall’opera macchiato di rosa della pietra locale di Mendicino. I mattoncini sono lasciati al loro naturale apparire. Il percorso perimetrale è privo di intonaco e le strutture in cemento armato, sia pur intonacate sono dipinte di grigio, denunciando attraverso il colore la matrice materica di cui sono costituiti. La scelta dei marmi del pavimento e dei graniti evidenziano il percorso del popolo di Dio che anela verso l’incontro con Gesù eucarestia mentre la parete presbiterale riccamente decorata con il grande mosaico e la pala bronzea di Tommaso Gismondi portano il cuore del credente alla contemplazione del mistero attraverso modi e percorsi dell’anima che si regalano copiosi ad ogni Fedele. E la coerenza di una chiesa concepita prima del Concilio Vaticano II ma che in questo modo ne anticipa anche alcune note e saranno punti di forza di tutta la riforma voluta e sostenuta dai padri conciliari. “Nel promuovere e favorire un’autentica arte sacra, gli ordinari procuri no di ricercare Piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità... nella costruzione... degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente della loro idoneità a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione Attiva dei fedeli” (così leggiamo nella Costituzione sulla liturgia al n. 124). Realizzata 10 anni prima del Vaticano II porta in sé l’ansia e la proiezione di quella visione liturgica che accentuava la differenza dei ruoli tra il celebrante e i fedeli, ma anche nuovi tentativi di integrazione accentuati nell’adeguamento liturgico del 2000. Si è così passati dall’altare addossato alla parete del presbiterio con l’officiante, come primo, rivolto verso Dio alla visione di una comunità che si realizza con Cristo al suo centro. La stretta collaborazione dei fratelli Francesco Arabia e don Giampiero Arabia, e la consulenza dell’allora comunità sacerdotale guidata da don Fausto Cardamone, portò ad una profonda riflessione e a ridisegnare i singoli elementi liturgici concepiti nelle loro funzioni specifiche e relazioni tra le parti ruotando attorno alla centralità del mistero eucaristico. A questo punto si è reso necessario avanzare la posizione dell’altare rispetto all’assemblea per due ragioni: la prima per rendere più visibile la comunione tra sacerdote e popolo e nella seconda per ricavare tra altare e parete sulla quale domina la grande Pala di bronzo di Tommaso Gismondi la sede del presidente e dei concelebranti, precedentemente collocato lateralmente senza continuità di relazione con il popolo. La traslazione dell’ambone sui gradini ha reso più armonico il presbiterio. È stata inoltre inserita la credenza. Accanto alla sistemazione del presbiterio si è realizzata la cappella del Santissimo, precedentemente limitata al solo tabernacolo inserito nella Pala d’altare posto ai piedi del Crocifisso, ma quasi nascosto e poco evidente tra le molteplici scene di cui si compone l’opera di Gismondi. Oggi tante opere d’arte donate anche da benefattori (anche da Bilotti) ne arricchiscono la bellissima aula liturgica.

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