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Un Corpo unito che sa condividere

In città la processione nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Mons. Checchinato: “che bello quando le nostre comunità sono esperienza di relazioni nuove”

Un Corpo unito che sa condividere

“Il mistero dell’Eucaristia è il centro della nostra fede, quasi come se il testo sacro volesse sottolinearci l’importanza della dimensione del cibo”. Lo ha detto mons. Giovanni Checchinato, arcivescovo di Cosenza - Bisignano, nell’omelia della Messa in Cattedrale nella solennità del Corpus Domini. “Come cristiani abbiamo bisogno di fare memoria, non dimenticare, perché tutto quello che noi abbiamo e siamo è dono del Signore. Egli - ha proseguito mons. Checchinato - è in grado di nutrirci anche nel deserto”. Per mons. Checchinato, “anche quando facciamo l’esperienza dell’abbandono e della solitudine, il Signore ci nutre sempre”. Per questo l’esperienza dell’Eucaristia è quella di chi “sperimenta la consolazione e la presenza di Dio”. Camminando per le vie della nostra città, “vogliamo dire che il cibo dell’Eucaristia è quello che ci permette di camminare nella nostra storia con forza, coraggio e desiderio di testimoniare la vita nuova che è Gesù”.

La processione di Gesù Sacramentato per le strade della città è stata particolarmente frequentata. Migliaia i fedeli che hanno percorso il tragitto dalla Cattedrale fino alla parrocchia di Santa Teresa per il tradizionale momento di adorazione nella solennità del Corpus Domini. Il sacro rito è stato presieduto dall’arcivescovo metropolita, mons. Giovanni Checchinato. A Santa Teresa l’omelia e la benedizione eucaristica. “Sono una persona che divide o una persona che condivide? Condividere è lo stile che ci mostra l’Eucarestia”. La domanda del Pastore bruzio ha echeggiato nella chiesa stracolma. Condivisione, il termine maggiormente utilizzato da mons. Checchinato durante la sua riflessione. “Condividere - ha detto il presule - è volersi prendere cura degli altri, una dimensione materna ma presente in chiunque sappia accogliere”. Sull’esempio di Cristo, che nel cenacolo ha dato “un cibo come dono gratuito, segno del dono infinitamente più grande che è la stessa vita del maestro”. Difatti, ha ricordato il vescovo Giovanni, “chi mangia il pane eucaristico mangia Cristo, lui solo rappresenta la risposta alla nostra fame più profonda”, per cui siamo chiamati a “riconoscere che lui è il suo Vangelo possono dare un senso alla nostra vita di cristiani” e che “solo il Signore è capace di dare risposta più adeguata ai nostri bisogni profondi”. Amore, condivisione, pace, perdono, attenzione costante al fratello, le parole additate dall’arcivescovo. “Che tristezza quando le nostre comunità cristiane sono divise, segno di una Eucarestia tradita”, quando “siamo più preoccupati di salvare noi stessi, le nostre appartenenze parziali, il nostro pensiero, relegando progressivamente il vangelo di Gesù sullo sfondo, quasi a decorazione del proscenio abitato da noi. Che tristezza il pettegolezzo nelle nostre comunità”. Ma “che bello quando le nostre comunità sono esperienza qui sulla terra di relazioni nuove, capaci di generare empatia e accoglienza, in cui il giudizio negativo nei confronti degli altri è bandito per sempre e ognuno gareggia nello stimare gli altri”. L’Eucarestia, allora, è una “parola capace di superare vendetta, odio e rancore” e “ci permette di diventare davvero sale che dona sapore e luce che illumina i cuori”.

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