Pettegolezzi, fuori dalla Chiesa!
Il pettegolezzo è uno dei peccati più diffusi, alberga facilmente nella Chiesa, forse perché è l'espressione della tentazione più brutta, dell'odio e della gelosia che satana fa serpeggiare tra le mura delle chiese, delle curie e dei luoghi per sbriciolarli. È come il veleno dello scorpione o come la pietra scagliata contro l'inerme
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Se parli male del tuo fratello uccidi il fratello", sei un omicida. Non ci sono "sfumature"nell'interpretazione di questo versetto. Così scrive monsignor Dario Viganò commentando uno dei concetti cari a papa Francesco. Il pettegolezzo è uno dei peccati più diffusi, alberga facilmente nella Chiesa, forse perché è l'espressione della tentazione più brutta, dell'odio e della gelosia che satana fa serpeggiare tra le mura delle chiese, delle curie e dei luoghi per sbriciolarli. È come il veleno dello scorpione o come la pietra scagliata contro l'inerme. "Quante volte persone che hanno dato la loro vita o che sono morte continuano ad essere lapidate con le pietra più dura che esista al mondo: la lingua". Continua così la sua riflessione Viganò che ci stimola a domandarci: perché accade questo? Il pettegolezzo è il figlio primogenito di un altro demone, il demone dell'invidia, che cresce e si alimenta proprio così. L'inconsistenza umana porta l'uomo a vedere solo il male nell'altro. La tristezza e l'insoddisfazione, la poca passione portano l'uomo ad accogliere il punto nero e non il foglio bianco, il mezzo bicchiere vuoto rispetto al mezzo pieno. Il destinatario di tali e effluvi velenosi è sempre chi tenta di volare alto, chi si espone come la bandiera a venti più forti. Nella Chiesa il pettegolezzo è un cancro che genera menzogna. È il tentativo di rendere tutti identici per massi care e fare emergere (solo per pochi istanti) il chiacchierone cattivo o il calunniatore di turno. L'animale, simbolo di questa categoria, indicato anche da mons. Viganò, è il serpente: ambiguo, viscido, tentatore, capace di lusinghe e di e effluvi di parole sinuose. Il pettegolezzo e la chiacchiera trasformano il popolo di Dio e la famiglia ecclesiale in una folla triste, anonima e di perdenti, gente ripiegata su se stessa, chiusa nel rancore no al punto di non riuscire a sopportare un pizzico di bene, di gioia e la passione dell'altro. L'altro diventa il proprio inferno. Scacciamo fuori dalla nostra casa questo demone, facendo attenzione, poiché esso è sempre pronto a tornare dai sepolcri dove si rifugia. Se torna e trova la casa spazzata va a chiamare altri demoni per tentare ancora di devastarla. Una sola è la ricetta: amare Dio e il prossimo, ogni tanto mordersi la lingua e non sentirsi mai arrivati.
*direttore del Settimanale diocesano Parola di Vita
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